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Sfida educativa: emergenza e nuova alleanza. Evangelo e Costituzione. L’amore ("charitas") non è lo zimbello del tempo e dei mercanti ("caritas") atei e devoti ...

IL DIO DEI MAFIOSI NON E’ CRISTIANO, MA CATTOLICO-ROMANO - ’MEDITERRANEO’. Il sociologo Augusto Cavadi ne parla con Alessandra Turrisi. E don Mario Torcivia parla del "martire" don Puglisi - a cura di Federico La Sala

L’antropologia come la teologia della "sacra famiglia" della gerarchia vaticana è zoppa e cieca: è quella del ’Figlio’ che prende - accanto alla Madre - il posto del padre "Giuseppe" e dello stesso "Padre Nostro"... e fa il "Padrino"!!!
lunedì 21 settembre 2009 di Federico La Sala
[...] «Il cristianesimo è stato declinato, nella storia, in maniere differenti. I mafiosi di Cosa nostra, ’ndrangheta, camorra, Sacra corona unita e stidda conoscono solo la versione che io chiamo ’mediterranea’. A questo universo simbolico attingono per autolegittimarsi: vi cercano un’anima, un’identità culturale, che li giustifichi agli occhi della propria coscienza e dell’opinione pubblica. Non è un caso che tra i riti di iniziazione per un ’uomo d’onore’ vi sia la cosiddetta punciuta, (...)

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> IL DIO DEI MAFIOSI NON E’ CRISTIANO, MA CATTOLICO-ROMANO - ’MEDITERRANEO’. ---DOPO ANNI DI DELIRIO MAMMONICO ("CARITAS) E BERLUSCONICO ("Forza Italia"), ARRIVA (come se Dio non esistesse) "LA SFIDA EDUCATIVA" DELLA CEI, DI BAGNASCO E DI RUINI (DI sERGIO bELARDINELLI)

venerdì 18 settembre 2009

EMERGENZA

-  La «sfida educativa»
-  Serve nuova alleanza

-  di Sergio Belardinelli(Avvenire, 17 Settembre 2009)

Da anni, come è noto, la Chiesa richiama l’attenzione sull’"emergenza educativa", come una delle sfide antropologiche più impegnative del nostro tempo. In questo contesto va collocato il «Rapporto-proposta sull’educazione» elaborato dal Comitato per il Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, presieduto dal cardinale Camillo Ruini, e pubblicato da Laterza con un titolo significativo: La sfida educativa.

«Consideriamo l’educazione - scrive nella prefazione il cardinale Camillo Ruini - un processo umano globale e primordiale, nel quale entrano in gioco e sono determinanti soprattutto le strutture portanti - potremmo dire i fondamentali - dell’esistenza dell’uomo e della donna: quindi la relazionalità e specialmente il bisogno d’amore, la conoscenza, con l’attitudine a capire e a valutare, la libertà, che richiede anch’essa di essere fatta crescere ed educata, in un rapporto costante con la credibilità e l’autorevolezza di coloro che hanno il compito di educare».

Il semplice fatto di nascere uomini implica dunque che abbiamo bisogno d’educazione. È solo grazie all’educazione che diamo un senso alla nostra vita, trovando buone ragioni per amarla e per soddisfare veramente i nostri desideri di libertà e di felicità. Di qui la riflessione affascinante e nel contempo decisiva che, con questo «Rapporto-proposta sull’educazione», il Comitato per il Progetto culturale dei vescovi italiani offre all’attenzione dell’opinione pubblica del nostro Paese. Lo fa con la consapevolezza di chi ha alle spalle una pratica educativa secolare, ma anche con grande apertura, ben sapendo che il fine dell’educazione non è quello di creare buoni cittadini, o buoni cattolici, o altro ancora, ma uomini veri, uomini che sappiano intraprendere la propria strada in un mondo che altri ci hanno lasciato, che possiamo anche voler cambiare, ma nel quale dobbiamo sentirci in primo luogo a casa. Sentirci a casa nel mondo, appassionarci alla vita: questo è in ultimo il fine dell’educazione.

Una certa pedagogia dominante in questi ultimi quarant’anni ha ridotto progressivamente l’educazione a mera socializzazione, nonché a trasmissione tecnica di saperi e di particolari "abilità". In questo modo ci siamo come dimenticati della vera posta che è in gioco nell’educazione: un ideale di umanità, un ideale antropologico, tutta una tradizione, una storia, che ci interpellano e di cui dobbiamo farci carico, ognuno con la nostra libertà. Anziché puntare su un percorso formativo della persona, ci siamo come affidati a una pedagogia che ha prodotto soltanto metodologismo, neutralità delle nozioni e dei valori insegnati, disinteresse psicologico e relativismo ideologico, ma nessuna vera formazione.

Forse non è casuale che in questo processo siano andati in crisi sia il significato della tradizione, sia la figura del "maestro" chiamato ad attualizzarla con intelligenza, partecipazione e passione. Quanto ai nostri figli, essi non solo non sanno più nulla di storia, ma non conoscono più nemmeno il passato delle loro famiglie, il nome dei loro nonni. È venuto meno insomma il senso di appartenenza a una catena generazionale e, con esso, il carattere "generativo" dell’educazione, che rappresenta un po’ la chiave di volta del presente "Rapporto-proposta".

Solo l’esperienza suscita esperienze, ci rende cioè capaci di fare esperienza per nostro conto. Sta qui la libertà, il legame strettissimo che sussiste tra educazione e libertà. Contrariamente a quanto pensano i fautori del "pensiero debole", la libertà è l’esito di un paziente, faticoso percorso di scoprimento di sé, del proprio bene, che non ha nulla a che fare con le chiacchiere sulla spontaneità di fare ciò che ci piace e cose simili. Per essere liberi, occorre soprattutto sapere perché vogliamo fare una determinata cosa. E l’educazione è la strada maestra attraverso la quale impariamo questa libertà. Con le parole di Benedetto XVI, potremmo anche dire che «il rapporto educativo è anzitutto l’incontro di due libertà e l’educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà».

Questo nesso tra educazione e libertà schiude un’altra importante dimensione del "Rapporto-proposta" che qui presentiamo: la dimensione "pubblica" dell’educazione. Nelle pagine introduttive viene detto che l’educazione rappresenta «il bene pubblico per eccellenza», il luogo privilegiato «dove si gioca il destino dell’intera comunità nazionale». Altro che dibattiti tra scuola "statale" e scuola "privata", spesso senza sapere nemmeno di che cosa veramente si parla. L’educazione è sempre "pubblica", poiché è implicata e tocca l’umanità di tutte le relazioni sociali. In essa, lo ripeto, ne va di ciò che ci costituisce come uomini: il senso che attribuiamo alla nostra vita e alla nostra libertà, i legami con coloro che ci hanno generato biologicamente e quelli con coloro che ci hanno generato culturalmente, i legami con la nostra famiglia e quelli con la nostra comunità, con coloro che sono venuti prima e con coloro che verranno dopo.

Una società che non si cura dell’educazione è una società che non ha a cuore l’umanità delle sue relazioni e, in quanto tale, è destinata prima o poi a dissolversi anche come società. Per questo trovo assai importane l’esortazione che viene da questo "Rapporto-proposta", affinché la nostra comunità si impegni in quella che viene definita «una sorta di alleanza per l’educazione», che sappia coinvolgere «il maggior numero possibile di interlocutori, nei diversi luoghi in cui sappiamo che l’istanza educativa è cruciale». «Ci muove - dicono i membri del Comitato per il Progetto culturale dei vescovi italiani - la speranza di suscitare un dibattito, che abbia il punto di vista dei cattolici come uno dei suoi riferimenti e che sappia incontrare l’interesse di un pubblico il più ampio possibile». Vista la posta in gioco, c’è da augurarsi davvero che questa speranza diventi la speranza di tutta la società civile del nostro Paese.


IL LIBRO

Stimolo alla riflessione, prefazione di Ruini

Sarà disponibile da oggi nelle librerie «La sfida educativa» il volume curato dal Comitato per il Progetto culturale della Cei (Editori Laterza, pp. 224, 14 euro), con la prefazione del cardinale Camillo Ruini. Il rapporto vuole sollecitare una riflessione sullo stato dell’educazione e, più in generale, sulla realtà esistenziale e socioculturale d’oggi, alla luce dell’antropologia e dell’esperienza cristiane.

L’obiettivo è quello di promuovere una consapevolezza che possa dar luogo a un’alleanza per l’educazione in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati, dalla famiglia alla scuola, al mondo del lavoro, a quello dei media. Il Progetto culturale, dal 1997, è la modalità che la Chiesa italiana ha individuato per far emergere il contenuto culturale della fede cristiana. All’interno della segreteria generale della Cei è costituito un Servizio nazionale con compiti di promozione e di raccordo tra diocesi, centri culturali cattolici, associazioni e movimenti, ordini religiosi, Facoltà teologiche, riviste e intellettuali di matrice cattolica. Dal 2008 opera anche un Comitato per il progetto culturale, istituito dal Consiglio episcopale permanente.

Sergio Belardinelli


-  Avvenire, 17 Settembre 2009

-  Il coraggio di educare
-  Obiettivi per tornare dall’esilio

Cresce ogni giorno di più il consenso diffuso, sia in ambito ecclesiale che in quello civile, circa la rilevanza dell’attuale emergenza educativa, che appena pochi giorni fa, nel corso della sua visita pastorale a Viterbo, Benedetto XVI definiva ineludibile e prioritaria, «grande sfida per ogni comunità cristiana e per l’intera società». Se però si alzano numerose le voci che denunciano la crisi che attanaglia la riflessione e l’opera educativa, non è frequente che si giunga anche a individuarne le cause e a prospettare delle linee di intervento per una inversione di rotta.

Il rapporto-proposta del Comitato per il progetto culturale "La sfida educativa", da oggi nelle librerie di tutt’Italia, ha il pregio di non limitarsi alla segnalazione della debolezza educativa che caratterizza la società odierna, comprese molte comunità cristiane, ma si spinge ad additarne le cause principali e suggerisce gli obiettivi da perseguire per tornare dall’esilio educativo in cui sembra essersi confinata la civiltà occidentale.

Davanti a un certo smarrimento delle motivazioni fondamentali dell’educazione, il Comitato per il progetto culturale evidenzia la necessità di ritrovare il "baricentro" dell’esperienza formativa, ossia una vera sapienza antropologica e una visione non riduttiva del fatto educativo. «Con il termine educazione - rammenta Benedetto XVI nella Caritas in veritate - non ci si riferisce solo all’istruzione o alla formazione al lavoro, entrambe cause importanti di sviluppo, ma alla formazione completa della persona». A questo proposito, prosegue il Papa, «va sottolineato un aspetto problematico: per educare bisogna sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura. L’affermarsi di una visione relativistica di tale natura pone seri problemi all’educazione, soprattutto all’educazione morale, pregiudicandone l’estensione a livello universale». Tra le povertà del nostro tempo, va annoverata anche la dimenticanza dell’irriducibilità della persona umana, quotidianamente attraversata dalla questione del senso del vivere e del morire, e del suo costitutivo essere relazione con il mondo, con gli altri, con l’infinito.

Educare, dunque, è accompagnare ciascun individuo, lungo tutta la sua esistenza, nel cammino che lo porta a diventare persona e ad assumere quella "forma" per cui l’uomo è autenticamente uomo. Tornando alle parole di Benedetto XVI a Viterbo, l’educazione «è proprio un processo di Effatà, di aprire gli orecchi, il nodo della lingua e anche gli occhi». Ciò non potrà avvenire, però, senza l’opera paziente e qualificata di educatori credibili e autorevoli, capaci di "generare" in un contesto di fiducia, di libertà e di verità. Non ha torto chi sottolinea come l’attuale crisi educativa riguardi primariamente la generazione adulta, cui spetta mostrare con la vita ciò che realmente vale e trasmettere un’eredità viva, da scoprire e rinnovare con responsabilità. Ugualmente essenziale, infatti, è da considerare il legame con la tradizione in cui siamo innestati, che lungi dal ridursi a mera conservazione del passato e dall’imprigionare le risorse più nuove e originali, rende possibile indirizzare proficuamente l’aspirazione di ogni uomo a una pienezza di vita e di felicità. Come attesta con chiarezza la rivelazione cristiana, essere uomo equivale ad essere figlio.

È una proposta umanizzante quella che affiora dalle pagine de "La sfida educativa", i cui capitoli spaziano dalla vita familiare al senso delle istituzioni scolastiche, senza tralasciare il compito educativo della Chiesa e i numerosi fattori in gioco: l’inarrestabile flusso comunicativo, i bisogni e i desideri espressi nel lavoro e nel consumo, i nuovi luoghi in cui si costruisce la persona. Con la stesura del rapporto-proposta sull’educazione, il progetto culturale della Chiesa italiana si conferma attento alle dinamiche vive della società italiana ed essenziale sia per una maturazione culturale della fede, sia per quell’allargamento degli orizzonti della razionalità che Benedetto XVI non cessa di invocare.

«Solo dall’educazione viene la bussola per potersi orientare dentro il pluralismo parossistico della società», ha osservato nel suo intervento al Convegno ecclesiale di Verona il professor Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica. Occorre perciò - ci ricorda oggi il rapporto-proposta del progetto culturale - il coraggio di tornare a educare l’intelligenza e il desiderio verso il bene, il vero, il bello.

Angelo Bagnasco


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