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Sfida educativa: emergenza e nuova alleanza. Evangelo e Costituzione. L’amore ("charitas") non è lo zimbello del tempo e dei mercanti ("caritas") atei e devoti ...

IL DIO DEI MAFIOSI NON E’ CRISTIANO, MA CATTOLICO-ROMANO - ’MEDITERRANEO’. Il sociologo Augusto Cavadi ne parla con Alessandra Turrisi. E don Mario Torcivia parla del "martire" don Puglisi - a cura di Federico La Sala

L’antropologia come la teologia della "sacra famiglia" della gerarchia vaticana è zoppa e cieca: è quella del ’Figlio’ che prende - accanto alla Madre - il posto del padre "Giuseppe" e dello stesso "Padre Nostro"... e fa il "Padrino"!!!
lunedì 21 settembre 2009 di Federico La Sala
[...] «Il cristianesimo è stato declinato, nella storia, in maniere differenti. I mafiosi di Cosa nostra, ’ndrangheta, camorra, Sacra corona unita e stidda conoscono solo la versione che io chiamo ’mediterranea’. A questo universo simbolico attingono per autolegittimarsi: vi cercano un’anima, un’identità culturale, che li giustifichi agli occhi della propria coscienza e dell’opinione pubblica. Non è un caso che tra i riti di iniziazione per un ’uomo d’onore’ vi sia la cosiddetta punciuta, (...)

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> IL DIO DEI MAFIOSI NON E’ CRISTIANO, MA CATTOLICO-ROMANO - --- I segreti della mente di Cosa Nostra. Dalla «famiglia» al training dell’affiliato: le relazioni in un mondo di potere e di paura (di Angelo De’ Micheli - interv. a Girolamo Lo Verso).

domenica 25 ottobre 2009


-  Criminalità

-  Il libro di uno psicoterapeuta svela la logica mafiosa

-  I segreti della mente di Cosa Nostra

-  Dalla «famiglia» al training dell’affiliato: le relazioni in un mondo di potere e di paura

-  Le vere priorità
-  La psicologia della mafia tende soprattutto alla conquista del comando.
-  Il guadagno è secondario

di Angelo de’ Micheli (Corriere della Sera/Salute, 25.10.2009)

Nei giorni scorsi si è molto parlato di mafia, di ’papelli’, di patti e di pretese, di ipote­si di trattative di non bellige­ranza tra mafia e Stato. Tutto ciò ha riportato l’attenzione sul complesso fenomeno ma­fioso e sulla logica che sostie­ne e regola i comportamenti mafiosi. E non deve stupire che si possa parlare di ’logi­ca’ e anche di psicologia del­la mafia. Ne parliamo con il professor Girolamo Lo Ver­so, ordinario di psicoterapia all’Università di Palermo, che da 16 anni studia il fenome­no mafioso e che sul tema ha pubblicato quattro libri, il più recente dei quali si intito­la ’Territori in controluce, ri­cerche psicologiche sul feno­meno mafioso’, edito da Franco Angeli.

«La psicologia in ambito mafioso - spiega Lo Verso - studia non solo l’identità del mafioso, ma anche il suo sistema emotivo e relaziona­le. Lo fa, per esempio, condu­cendo colloqui con persone mafiose o che con queste hanno avuto contatti, come giudici, per esempio, o come amministratori e commer­cianti » . «Ad usare la psicologia per capire la mafia fu per primo il giudice Giovanni Falcone; si potrebbe dire che Falcone abbia inventato un metodo ’psicologico-clinico’, perché cercava di comprendere il fe­nomeno cogliendolo dall’in­terno, dal punto di vista dei suoi protagonisti - prose­gue l’esperto -. Lo stesso ab­biamo fatto noi, intervistan­do collaboratori di giustizia, giudici antimafia, avvocati, poliziotti, psicoterapeuti sici­liani, calabresi e napoletani che hanno seguito nel tempo componenti di famiglie ma­fiose o casi di persone in odo­re di mafia. E abbiamo appro­fondito il tema analizzando il testo dei colloqui fatti da per­sone mafiose e le perizie psi­chiatriche condotte su di lo­ro, nonché in momenti di ela­borazione dei problemi con gruppi di cittadini di comuni ad alta densità mafiosa, con lo scopo di attivare degli in­terventi psico sociali.

«La nostra ricerca ci ha por­tato, così, ad alcune conclu­sioni. Per esempio, che Cosa Nostra, tramite l’idea di ’fa­miglia’ in senso allargato, che si prende cura dei suoi af­filiati, costruisce dalla nasci­ta i suoi adepti, sia uomini che future mogli di mafiosi. Lo fa con una forte trasmis­sione di ’valori’, arrivando a quello che si potrebbe defini­re un concepimento fonda­mentalista del bambino co­me futuro mafioso, sottopo­nendolo via via a un training che comincia dalla prima ado­lescenza e che si sviluppa in lunghe fasi di ’carriera’. Una carriera che comprende gli omicidi. Tutto ciò, serve per costruire un perfetto kil­ler- robot agli ordini dell’orga­nizzazione » .

«Cosa Nostra - aggiunge Lo Verso - ha altresì stru­mentalizzato vecchi codici si­ciliani, quali la famiglia e l’onore, al fine di costruire una perfetta azienda crimina­le. Cosa Nostra è la famiglia e così, infatti, si definisce. Nel­la n’drangheta, invece, fami­glia d’origine e mafiosa coin­cidono » . C’è, quindi, una realtà pseudofamiliare che sostitui­sce quella sociale?

«Molto di più - dice l’esperto -. Dalle nostre ricerche emerge che la mafia ha come unico vero obiettivo il potere - ’cum­manari è megghiu di futtiri’, comandare è meglio che fare sesso, è il detto -, e solo se­condariamente il denaro. Per la relazione affettiva e la ses­sualità c’è, invece, totale di­sinteresse. In sostanza, si trat­ta di un mondo che vive di paura, e che comanda attra­verso la paura, prima ancora che con la violenza. Basti pen­sare all’approccio per intimi­dire i commercianti a cui chiedere il pizzo. Cosa Nostra non è solo un’organizzazione criminale, è una sorta di ’sta­to’ che impone il suo control­lo, le sue leggi. E che tratta con pezzi dello Stato e con po­teri politici».

Chi ha fatto parte di questa realtà può modificare la sua prospettiva di vita?

«E’ molto difficile. Non è possibile, per esempio, fare una psicotera­pia approfondita ed analitica in un mondo addestrato al­l’omertà, con individui che non riescono a realizzare un’introspezione vera nem­meno quando entrano in cri­si. Noi abbiamo lavorato so­prattutto come supporto psi­coterapeutico ai familiari di collaboratori di giustizia, ai familiari di latitanti, e con persone nelle cui famiglie era­no presenti elementi non ma­fiosi » .

Che cosa dobbiamo aspet­tarci?

«E’ importante render­si conto che la mafia è ormai un problema di tutti, a livello nazionale e internazionale- conclude Lo Verso -. E’ co­me avere a che fare con una grande ragnatela, costruita per di più con una trama con­solidata da anni. Una trama ancorata nell’assenza di una struttura sociale organizzata e improntata alla illegalità. Questi vuoti hanno permes­so di creare nel corso di nu­merosi decenni una gerar­chia di valori e di relazioni al­ternative tutt’ora forti e, per­ciò, ancora oggi difficili da sradicare».


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