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AFRICA, CRISTIANESIMO, E "DIO" DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. Una gerarchia senza Grazie (in greco, Χάριτες - Charites) e un papa che scambia la Grazia ("Charis") di Dio ("Charitas") con il "caro-prezzo" del Dio Mammona (Benedetto XVI, "Deus caritas est") aprono i lavori ...

SINODO VESCOVI AFRICANI. IN SAN PIETRO ARRIVANO LE "CHARITES" NERE, LE SORELLE DI "ATENA NERA" E DELLA "REGINA DI SABA", MA IL PAPA TEOLOGO NON LE RICONOSCE E CONTINUA A PARLARE DI "AMORE" COME "CARITAS" ("AFFARE"). Una nota sull’evento - a cura di Federico La Sala

Due "pericolose patologie" stanno intaccando l’Africa: il materialismo dell’Occidente, colpevole di un "colonialismo mai del tutto terminato", e il fondamentalismo religioso.
sabato 3 ottobre 2009 di Federico La Sala
[...] Una parte della Chiesa africana, i 244 vescovi che partecipano al Sinodo e un gran numero di religiosi e religiose che li accompagnano, ha riempito oggi la Basilica di San Pietro. Una platea di cattolici giovani, pieni di fervore, che hanno riempito le immense navate di musica, lingue, colori, accenni di danza. Una vitalità che, lo si è visto anche durante il viaggio in Camerun e Angola nel marzo scorso, strappa gioiosi sorrisi al pontefice, e dimostra, senza alcun dubbio, che (...)

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> LE "CHARITES" NERE, LE SORELLE DI "ATENA NERA" E DELLA "REGINA DI SABA" ---- Martin Bernal, una scossa al mito del «miracolo greco» (di Luciano Canfora)

martedì 2 luglio 2013

Martin Bernal, una scossa al mito del «miracolo greco»

di Luciano Canfora (Corriere della Sera, 02.07.2013)

In una celebre scena del film The Train (1964) l’ufficiale nazista (Paul Scofield), proteso a portarsi via opere d’arte francesi, mentre la Wehrmacht è in rotta precipitosa, si rivolge al ferroviere francese Labiche (Burt Lancaster), abilissimo nel sabotaggio, e gli ingiunge: «Allarga i tuoi orizzonti, Labiche!». Allargare gli orizzonti molto spesso non piace: soprattutto quando sussiste una forte tradizione che è difesa da studiosi non inclini a modificare le loro categorie mentali, ed è sorretta dal «senso comune» e dalle conseguenti, robustissime, vulgate.

È il caso delle reazioni all’importante libro di Martin Bernal, Black Athena (Londra, 1987), tradotto opportunamente da Pratiche Editrice (Parma) nel 1991. Bernal ebbe il merito di dire con chiarezza e sorreggere con seria documentazione quello che alla cultura antica, da Erodoto a Diodoro Siculo, era ben noto: che cioè il cosiddetto «miracolo greco», lungi dall’essere un «miracolo», era in realtà un rilevante e originale tassello di un grande flusso di civiltà, sorto in Oriente e fervidamente operante sin dal III millennio in aree cruciali del mondo antico quali la Mesopotamia e l’Egitto.

Nel secondo libro delle Storie, Erodoto spiega distesamente la dipendenza del pantheon ellenico da quello egizio, e chiama in causa i semi-mitici Pelasgi come punto di partenza e intermediari di grandi fenomeni di trasmigrazione culturale. E ricorda anche l’imbarazzo del greco Ecateo di fronte all’antichissima realtà statale-religiosa dell’Egitto. Diodoro di Sicilia è molto più dettagliato e forse anche più divertente. Né si dimenticheranno il Crizia ed il Timeo di Platone. Attraverso la celebre metafora del «viaggio in Egitto» del legislatore ateniese Solone, Platone getta un ponte tra i Greci «fanciulli» ed il loro antefatto culturale: lì sono gli «antichissimi Egizi» ad aiutare i Greci a riscoprire un loro passato remoto e sepolto.

Come ogni «miracolo», anche il «miracolo» greco era una invenzione. Era una invenzione della cultura «ariana» sviluppatasi nell’Europa moderna del tardo XVIII secolo e affermatasi in modo sempre più fastidioso - e alla fine minaccioso - nei due secoli seguenti.

Quando apparve in italiano il bel libro di Bernal, un coltissimo outsider quale fu Beniamino Placido ne scrisse nella rivista «Quaderni di storia» (1992). E osservò efficacemente - andando al cuore del libro di Bernal - che il «modello ariano» è stato messo a punto nel momento in cui l’Europa bianca si preparava a colonizzare l’Africa nera. «E l’America anglosassone si preparava a dire "fatti più in là", con le buone o con le cattive, ai suoi indigeni dalla pelle rossa. Faceva comodo pensare che noi - noi bianchi, noi greci - siamo radicalmente diversi e definitivamente migliori».

Bernal (1937-2013), nato a Londra, aveva conseguito all’Università di Pechino nel 1960 un diploma di lingua cinese. A Cambridge, nel 1966, un PhD in «Oriental Studies». Poi era passato negli Stati Uniti alla Cornell University. Suo nonno era stato un notevole egittologo. Quando il suo libro fece scandalo e lo si tacciò di essere anti-europeo, replicò: «My enemy is not Europe, it’s purity»!


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