La seconda rivoluzione di Galileo? Comunicare le scoperte scientifiche
Quando Galileo decise di pubblicare in poche settimane un resoconto di quello che aveva scoperto guardando il cielo, nacque la comunicazione scientifica. Pietro Greco ha dedicato a questa «idea» un volume.
di Cristiana Pulcinelli (l’Unità, 09.12.2010)
Un’idea nuova, straordinaria, pericolosa passa per la testa di Galileo Galilei tra la fine del 1609 e l’inizio del 1610. Qual è questa idea? Forse l’intuizione di puntare verso il cielo il suo cannocchiale? Non proprio, perché quest’idea non è un suo merito esclusivo: in quegli stessi anni ci stavano pensando anche altri scienziati francesi, inglesi, tedeschi. È l’idea che la Luna fosse imperfetta? Ma di questo già parlavano Eraclito e Plutarco. Allora forse è l’idea di osservare «con gli occhi del cervello» alcune «cose mai viste» prima? Sicuramente questa è un’idea nuova, manonèlasolaeforsenonèlapiù importante. L’idea nuova, straordinaria e pericolosa di Galileo è quella di pubblicare in poche settimane un resoconto di quello che ha scoperto puntando il cannocchiale verso il cielo e osservando con gli occhi del cervello. Osservando la notte per scrivere di giorno.
«ALLO SGUARDO DI OGNUNO» Comunicare, dunque. Questa è la vera rivoluzione, l’idea che segnerà tutta la scienza da quel momento in poi: mostrare i risultati del proprio lavoro «allo sguardo d’ognuno» oltre che «in special modo di filosofi e astronomi». Su questa tesi si basa il nuovo libro di Pietro Greco (L’idea pericolosa di Galileo. Storia della comunicazione della scienza nel Seicento, pagine 237, euro 21,50, Utet). Una tesi che viene avvalorata dal racconto che si snoda lungo i sei capitoli che compongono il libro.
Nel corso del Seicento si producono moltissime nuove conoscenze e il libro parte da una breve rassegna di quello che avviene nei vari campi della scienza: la fisica, la matematica, la chimica, la biologia, la biologia, la medicina. Ma la rivoluzione scientifica avviene soprattutto abbattendo il paradigma della segretezza. Bisogna ricordare che la cultura prevalente in quel periodo è quella ermetica. Nella cultura europea dal Medioevo al Rinascimento il valore è il segreto: il sapere deve essere per i soli iniziati e il linguaggio di chi sa è pieno di «oscuri rimandi» e di ambiguità. Nella Nuova Scienza le cose cambiano, il rigore della matematica si oppone alle «segrete logiche dell’ermetismo». Non che la matematica sia facile, ma in linea di principio chiunque può impossessarsene e leggere così «il libro della natura». Questa è una vera rivoluzione. Galileo se ne fa interprete scrivendo il Sidereus Nuncius con una prosa rapida, incisiva, agile e corredandola non con i diagrammi geometrici per soli matematici, ma con immagini immediatamente comprensibili a tutti, perfino ai profani: i disegni della Luna così come l’ha vista con il cannocchiale.
Da allora la comunicazione della scienza al grande pubblico sarà sempre più importante. Grazie a nuovi strumenti come il libro, le immagini, le riviste, i musei, ma anche l’arte, la comunicazione della scienza non riguarda più solo una cerchia di esperti, ma tutta la società. Fino ad arrivare ai giorni nostri nei quali i rapporti tra mondo scientifico e società sono fitti e complessi. Cosicché studiare la comunicazione della scienza nel momento della sua nascita può essere utile anche per comprendere quello che avviene intorno a noi.