In difesa della storia anche a costo della vita
“Oro dentro” racconta l’impegno di Fabio Maniscalco, archeologo morto a causa di un tumore provocato dall’uranio impoverito durante le missioni nei Balcani
di Tomaso Montanari (la Repubblica, 27.09.2015)
Un libro che bisognava scrivere e Laura Sudiro e Giovanni Rispoli lo hanno fatto nel migliore dei modi. L’oro dentro del titolo è quello, metaforico, di chi ha il cuore abbastanza grande da spendere la propria vita per salvare un bene comune (in questo caso il patrimonio culturale, e cioè la memoria e il futuro, di paesi in guerra). Ma è anche quello, purtroppo letterale, che l’uranio impoverito delle bombe Nato esplose in Kosovo ha fatto penetrare, insieme ad altri metalli, nel corpo in cui batteva quel cuore: fino a ucciderlo. Sono queste le due terribili facce della breve, ma meravigliosa, vita di Fabio Maniscalco (19652008).
È raro che un libro riesca a storicizzare la figura di un contemporaneo senza affogarla nella retorica, o senza ridursi ad un’inchiesta o ad una denuncia. Oro dentro , invece, ci riesce. Si chiude il libro commossi e turbati: ma soprattutto pieni di una fiducia rinnovata nelle possibilità di ognuno di noi. La vita di Fabio Maniscalco dimostra che un singolo individuo può fare la differenza. Anche di fronte a sistemi corrotti e impermeabili (la nostra povera università), o ben decisi a non farsi cambiare (l’esercito): e perfino nel fuoco di conflitti terribili, giocati così in alto sopra le nostre teste.
Fabio cresce a Napoli, dove la progressiva distruzione del patrimonio artistico pare - come molte altre cose - fatale e irreversibile. La sua voglia di riscatto lo spinge, dopo una laurea in archeologia alla Federico II, ad andare a difendere il patrimonio dove le condizioni sono ancora più estreme: ufficiale a Sarajevo, e poi nel Kosovo. Da solo riesce a fare quello che nessuno Stato sovrano sembra interessato a praticare: attuare l’articolo 7 della Convenzione Internazionale dell’Aja del 1954, che prevede che ogni esercito abbia un nucleo specializzato nella tutela del patrimonio culturale.
Fa impressione ricordarlo oggi, di fronte alle devastazioni dello Stato Islamico, ma anche gli stati europei hanno contribuito, direttamente o indirettamente, alla distruzione di un’enorme fetta del patrimonio culturale del Kosovo. Maniscalco lo sapeva, e per anni ha combattuto con tutte le sue forze: andando sul campo, documentando, fotografando, studiando, fondando osservatori, scrivendo ai governi, mobilitando la pubblica opinione.
Dietro tutto questo c’era una convinzione profonda: lottare per il patrimonio, significa lottare per i diritti fondamentali, per la salute psichica e fisica delle persone. Come in un mito antico e crudele, Fabio ha sperimentato questa intima unione sulla propria pelle, fino a morirne: non basta essergli grati, bisogna proseguire il suo lavoro.