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Dossier

UNA SCONVOLGENTE VERITA’ DIETRO L’URANIO IMPOVERITO. E’ in atto una contaminazione planetaria prodotta da nanoparticelle inquinate. La relazione (2006) della dr.ssa Antonietta Gatti - selezione a cura del prof. Federico La Sala

martedì 16 ottobre 2007 di Emiliano Morrone
Le nanopolveri prodotte dalla guerra e dai poligoni di tiro entrano nei tessuti di soldati e i civili coinvolti, senza più uscirne
E’ in atto una contaminazione planetaria prodotta da nanoparticelle inquinate. Ingerite anche mangiando un alimento contenente nanopolveri, passano irreversibilmente nei tessuti. Entrano nel sangue e nello sperma. Vengono trasmesse al partner tramite l’atto sessuale. Analizzati casi di sperma con bismuto, calcio, titanio, ferro, titanio, cobalto, cromo, (...)

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sabato 27 gennaio 2007

Rischio uranio in Libano? Militari in allerta

di Davide Madeddu *

La paura si chiama uranio impoverito e fa rima con Beirut. Una paura che accompagna i militari impiegati nella missione in Libano cui seguono le preoccupazioni delle associazioni che aiutano i militari malati ma anche le rassicurazioni «fino a prova contraria» del ministero della Difesa.

La vicenda parte tutta dal reportage inchiesta “Polveri di guerra uranio a Beirut” di Rainews24 realizzata da Maurizio Torrealta, Angelo Saso e Flaviano Masella,( la stessa squadra che realizzò un’inchiesta shock denunciando la presenza di uranio nella città di Khiam, nel sud del Libano). Secondo questa inchiesta infatti «potrebbe esserci uranio arricchito tra le macerie di Beirut». Una paura che sarebbe confermata, secondo il reportage, dalle analisi condotte da due diversi laboratori inglesi (tra i quali l’Harwell, utilizzato anche dal ministero della Difesa), che avrebbero rilevato presenza di uranio arricchito, molto più radioattivo e dagli effetti più devastanti rispetto a quello impoverito, anche nel filtro del carburatore di un’ambulanza che ha operato per 14 giorni, sotto i bombardamenti israeliani dell’estate scorsa, nel sud della capitale libanese.

Nel video, qualcuno ipotizza che Israele abbia realizzato "un’arma speciale", qualcun altro che gli ordigni contenessero anche uranio naturale, per innalzare il generale livello radioattivo in modo da non consentire l’isolamento dell’uranio arricchito. Dopo l’inchiesta ora arrivare la presa di posizione di Falco Accade, presidente dell’ associazione Anafav che si occupa di dare assistenza e supporto ai familiari dei militari che hanno avuto problemi per cause di servizio.

«In Libano - dice Accame - deve valere il principio di precauzione per i nostri militari. È assurdo aspettare che la diplomazia israeliana ci dia le mappe delle bombe che ha disseminato in Libano per prendere provvedimenti. Intanto noi siamo sul posto e nessuno può escludere con certezza che non siamo esposti a rischi». Non è tutto. «Fino a qualche mese fa -prosegue Accame- gli israeliani hanno negato di aver utilizzato armi non convenzionali, poi è saltata fuori la notizia delle tracce di radioattività riscontrate in due siti nel sud del paese arabo».

Per questo motivo il rappresentante che ogni giorno si occupa di dare assistenza ai militari che hanno avuto problemi di salute e ai loro familiari si appella al ministero della Difesa. «È necessario che il ministero della Difesa faccia chiarezza sulla vicenda per non ritrovarci tra qualche anno a dover fare la conta di casi sospetti di malati e morti, come sta accadendo oggi con le missioni degli anni scorsi». A breve giro di posta, arriva qualche risposta ministeriale. «Prima di inviare i militari sono stati effettuati i controlli sulle aree, compresi quelli sull’eventuale presenza di sostanze radioattive - spiega Lorenzo Forcieri, sottosegretario alla Difesa- e tutte le verifiche hanno escluso la presenza di materiale radioattivo». «In ogni caso - aggiunge Forcieri - continua da parte nostra la vigilanza e il controllo nelle aree e sulla salute dei militari».

* l’Unità, Pubblicato il: 27.01.07, Modificato il: 27.01.07 alle ore 11.36


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