Natoli
Il filosofo: «La Chiesa punti sulle cose ultime»
«Oggi occorre riproporre la specificità cristiana: insistere sul tema della caritas e sui novissimi, nucleo centrale del cristianesimo»
DI EDOARDO CASTAGNA (Avvenire, 12.12.2009)
L’ha notato il cardinale Angelo Bagnasco, giovedì aprendo i lavori. Lo conferma il filosofo Salvatore Natoli, che ieri è intervenuto con Bruno Forte, Ernesto Galli della Loggia e Francesco D’Agostino al dibattito ’Dio, la storia, la politica’: «È vero: la moda dell’occultismo, del misterico, è un segnale concreto: la dimensione di fondo che si percepisce è quella di un’esperienza, di un contatto con ciò che chiamiamo divino, anche se non passa più soltanto attraverso le grandi istituzioni religiose».
Per questo oggi si può tornare a parlare di mettere Dio al centro del dibattito?
«Se ne può parlare, perché si può parlare di un sentimento del sacro diffuso, che si esprime nelle forme più varie - anche attraverso sincretismi religiosi. Sperimentiamo spesso l’emergere di un riferimento magari non al trascendente, ma almeno al mistero, al grande enigma dell’esistenza. Concretamente assistiamo a una ripresa contaminata delle tradizioni religiose: credenti senza Chiesa, sinergie autogestite, mescolanze tra religione e filosofia. È un movimento diffuso nella società contemporanea; si tratta di vedere quanto questo sia un fenomeno sperimentale, aleatorio, e quanto invece esprima incertezza ».
Che ruolo assume la Chiesa in questo processo?
«Rispondo da non credente, nel senso di non aderente alle religioni positive. La Chiesa deve fare quello che in gran parte già fa: riproporre la specificità cristiana, insistere sul tema della caritas, che credo che sia l’elemento più significativo del cristianesimo. L’ultima enciclica del papa è un forte segnale proprio in questa direzione. Naturalmente, una caritas che faccia sempre riferimento alla trascendenza: per dirla con Bonhoeffer, giocare sulla dialettica penultimo-ultimo. Insistere, insomma, più sui novissimi, nucleo centrale del cristianesimo, che sui temi etico-comportamentali, con posizioni che ritengo condivisibili anche solo secondo buon senso, ma che non sono l’unico cuore della fede».
Il cristianesimo è anche la grande religione del Dio nella storia...
«Certamente il cristianesimo, ma direi più in generale l’evento dei monoteismi, ha segnato in modo significativo la storia dell’Occidente. Si è trattato di cellule germinali della storia, sia in accezione positiva - perché ha avviato il tempo della responsabilità e della libertà -, sia in accezione negativa - perché quella stessa libertà che il cristianesimo ha immesso nella storia è stata poi limitata da elementi coercitivi, in quell’oscillazione di fondo tra tradizione e tradimento che ha caratterizzato il grande messaggio cristiano nella sua storia».
Anche in quella contemporanea?
«Oggi la Chiesa nel suo complesso mostra grandi esperienze di libertà religiosa, di sentimento e passione per gli altri, di capacità di discussione: fermenti, dialettica tra ispirazione e istituzione ».
Che rapporto si crea, allora, con i non credenti nel dibattito pubblico?
«Certo non mancano elementi di affinità: valga per tutti il tema della giustizia e della carità, che ha caratterizzato tutti i grandi pontificati dal Giovanni XXIII della Pacem in terris e della Mater et magistra in poi. L’incontro, cioè, può avvenire sul terreno che tende al riscatto dell’umanità e alla giustizia distributiva».