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SVOLTA IN FRANCIA. DALLA CARITÀ ("CHARITE’") DI PASCAL ALLA CARITA’ DI PAPA RAZTINGER ("DEUS CARITAS EST", 2006), DALLA CHIAREZZA DI CARTESIO ALLA "CONFUSIO-NE" ("COMMUNIO") DI J.-L. MARION ....

IL PRESIDENTE SARKOZY E IL FILOSOFO J.-L. MARION: DALL’ACCOGLIENZA DELLA DIVERSITÀ ALLA DIFESA DELL’IDENTITÀ, ’NAZIONALE’ E ’CATTOLICA’. Sul tema, un articolo di Philippe Bernard ("Le Monde"), di Marcel Neusch ("La Croix") e un’intervista di Isabelle de Gaulmyn a Marion ("La Croix") - a cura di Federico La Sala

Il messaggio subliminale dell’ “identità nazionale” - quello dell’ostilità verso le persone di origine straniera - si ritiene più rassicurante per l’elettore
martedì 26 gennaio 2010
[...] Le incertezze politiche e la crisi economica hanno probabilmente avuto ragione delle convinzioni
del capo dello Stato. Con una disoccupazione galoppante e delle elezioni regionali difficili in
prospettiva, non era più il caso di sostenere un discorso suscettibile di essere percepito come
favorevole alla promozione, anche sul lavoro, di persone provenienti dall’immigrazione.
Il messaggio subliminale dell’ “identità nazionale” - quello dell’ostilità verso le persone di (...)

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> IL PRESIDENTE SARKOZY E IL FILOSOFO J.-L. MARION --- Giovanna d’Arco & C., la politica arruola i fantasmi. Sarkozy strappa la Pulzella a Le Pen e divide la Francia (di Massimiliano Panarari)

domenica 8 gennaio 2012


-  Giovanna d’Arco & C. la politica arruola i fantasmi

-  Sarkozy strappa la Pulzella a Le Pen e divide la Francia
-  Ma il Medioevo “addomesticato” dilaga in molti Paesi
-  In Italia i leghisti si sono appropriati di Alberto da Giussano sulla cui epopea non mancano i dubbi

-  di Massimiliano Panarari (La Stampa, 08.01.2012)

Non c’è mai pace per la povera Giovanna d’Arco. In questi giorni la Francia sta celebrando il sesto centenario della nascita della patrona nazionale (avvenuta il 6 gennaio del 1412), e le polemiche esplodono con una durezza che non si ricordava da tempo. La ragione, naturalmente, risiede nel clima elettorale fattosi ormai incandescente e in un Nicolas Sarkozy che, divenuto timoroso riguardo le proprie chances di rielezione, non si fa scappare nessuna occasione promozionale. A tre mesi e mezzo dal voto, la visita di Sarkò alla casa natale di Giovanna a Donrémy, nei Vosgi, ha così dato fuoco alle polveri, con la sinistra che, sentendo stavolta il vento in poppa, non ci sta a farla trasformare in un santino elettorale a uso e consumo dell’Ump. E anche questo è un fatto nuovo, perché, da sempre, la Pulzella d’Orléans rappresenta innanzitutto un’icona della destra dura e pura, la quale riserverebbe (metaforicamente) al Presidente in carica una fine simile a quella che gli inglesi inflissero alla santa combattente, bruciata sul rogo come eretica (un’«imputazione» che la Chiesa cattolica cancellerà prontamente).

Ecco, allora, che dal Partito socialista, da sempre assai tiepido nei confronti della mistica condottiera (con l’eccezione di Ségolène Royal), si è levata più di una voce per ricordarne la valenza di simbolo di unità e concordia, da non strumentalizzare per la battaglia elettorale. E, dunque, Sarkò giù le mani da Giovanna d’Arco: parola di Harlem Désir (il vecchio leader di Sos Racisme, oggi numero 2 del Ps di Martine Aubry) e di Vincent Peillon (l’eurodeputato attualmente uomo chiave della campagna di François Hollande). Mentre, da altri lidi della variegata sinistra transalpina, Eva Joly (l’ex magistrato candidata dello schieramento ecologista) rimprovera al capo dello Stato di inseguire l’estremismo di destra esaltando un «simbolo ultranazionalista», quando il problema vero consisterebbe, invece, nel rilanciare la solidarietà tra europei di fronte alla crisi drammatica che stiamo vivendo.

E, naturalmente, fuoco e fiamme contro Sarkozy vengono da Marine Le Pen (anch’essa temutissima candidata alle presidenziali), che lo accusa di scippo, rivendicando la maternità della memoria dell’eroina che «ha buttato gli inglesi fuori dalla Francia», recuperata a metà degli anni Ottanta dal Front national di suo papà per venire riconvertita nella testimonial di una serie di dure campagne anti-immigrati e a difesa della «purezza della stirpe» francese.

Peraltro con le sue innegabili (ancorché discutibili) buone ragioni, perché se la Pulzella è stata spesso invocata anche dai laici governanti della Terza Repubblica, il top della popolarità l’ha sempre raggiunto in seno all’arcipelago della destra estrema, dall’Action française protagonista, a inizio secolo scorso, di una violenta diatriba con un famoso professore di liceo, Amédée Thalamas, «reo» di avere sollevato alcuni dubbi storiografici sulla vulgata che circondava l’eroina al regime collaborazionista di Vichy, dai monarchici ai cattolici tradizionalisti.

La storia, si sa, è terreno di scontro ideologico da sempre, ma l’«affaire Giovanna d’Arco» di questi giorni sembra confermare una tendenza peculiare di questa nostra temperie postmoderna, ovvero la predilezione della politica a dividersi su personaggi ed eventi del Medioevo. In diversi (da ultimo il bel libro di Tommaso di Carpegna Falconieri, Medioevo militante, edito da Einaudi) ci hanno spiegato come l’Evo di mezzo sia massicciamente entrato nell’immaginario collettivo degli ultimi decenni, senza risparmiare quella dimensione dell’identità che una parte della politica, vedova (consolabilissima) di sistemi di pensiero e idee forti, ha pensato bene di proiettare su una galleria di figure eroiche collocate in epoche assai lontane e con il vantaggio di essere spesso circonfuse di una sorta di aura leggendaria. Un fenomeno che spiega molto bene il ritorno prepotente dei nomi e dei simboli di cavalieri e condottieri medievali sui tremendi campi di battaglia delle guerre etniche dell’ex Jugoslavia, per nobilitare la rinnovata volontà di potenza della Russia di Vladimir Putin o per puntellare il governo nazionalista e xenofobo nella triste Ungheria di Viktor Orbán. Altrettante reinvenzioni della tradizione per scopo politico.

Come quella, per rimanere nei prati di casa nostra, che la Lega Nord ha operato a proposito di Alberto da Giussano, il mitico condottiero del XII secolo grazie al quale i Comuni italiani sbaragliarono le armate imperiali di Federico Barbarossa (tanto da meritarsi, secoli dopo, un costoso kolossal cinematografico sotto l’ultimo governo Berlusconi). Mitico o, forse, assai più verosimilmente «mitologico», come ritiene la gran parte della comunità storiografica internazionale, per la quale dell’esistenza del comandante militare della Lega Lombarda non esistono nei documenti tracce attendibili (da leggere, per rendersene conto, il libro del medievista Paolo Grillo, Legnano 1176, Laterza). Insomma, un falso pluricentenario.


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