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ITALIA: GIUSTIZIA E COSTITUZIONE. EMERGENZA NAZIONALE...

APERTURA ANNO GIUDIZIARIO: I MAGISTRATI ABBANDONANO LE AULE. La protesta città per città.

Circa una cinquantina di magistrati, con indosso la toga e stringendo tra le mani un foglio con su scritto ’Costituzione italiana’, hanno lasciato l’Aula Europa della Corte d’appello di Roma, dove è in corso la cerimonia d’inaugurazione.
sabato 30 gennaio 2010 di Federico La Sala
La protesta delle toghe
apre l’anno giudiziario *
L’inaugurazione sta diventando la cerimonia del dissenso. Dopo gli allarmi giunti ieri dall’apertura dell’anno giudiziario in Cassazione, questa mattina nelle 26 Corti di Appello protagonista sarà la protesta annunciata dell’associazione nazionale magistrati per manifestare il "disagio" di fronte a iniziative giudiziarie di governo e maggioranza "distruttive" della giustizia, mentre "mancano interventi per assicurare che il sistema funzioni (...)

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> APERTURA ANNO GIUDIZIARIO --- in molte delle 26 città sedi di Corte d’appello, i magistrati, Costituzione alla mano, hanno abbandonato in massa le rispettive aule, nel momento in cui prendeva la parola il rappresentante del governo. Una protesta riuscita, come sottolinea l’Anm.

sabato 30 gennaio 2010


-  Inaugurazione nelle 26 corti d’appello, in quasi tutte le sedi le toghe
-  lasciano l’aula. L’Anm: "Uniti e compatti". Alfano: "Tante defezioni"

-  Anno giudiziario al via
-  con la protesta dei magistrati
*

ROMA - Lo avevano annunciato, hanno mantenuto la promessa: all’inaugurazione dell’anno giudiziario, in molte delle 26 città sedi di Corte d’appello, i magistrati, Costituzione alla mano, hanno abbandonato in massa le rispettive aule, nel momento in cui prendeva la parola il rappresentante del governo. Una protesta riuscita, come sottolinea l’Anm; mentre secondo il ministro della Giustizia Angelino Alfano l’iniziativa ha avuto "tante defezioni".

La protesta. In molte parti d’Italia, i magistrati escono in massa, in silenzio, toga nera sulle spalle e Carta fondamentale in in mano. Rivendicano di essere "uniti e compatti" nella protesta, di "parlare con una voce da Milano a Palermo" per esprimere tutto il loro "disagio" per la politica del governo: la giustizia non funziona, non si stancano di denunciare, eppure nessuna riforma "vera" viene messa in campo, solo riforme "distruttive", come quella del ’processo breve’, "devastante"; niente risorse per uffici giudiziari "al collasso", vicini alla "paralisi". Il tutto accompagnato da "attacchi e aggressioni" continue, a cominciare da quelli del presidente del Consiglio.

L’Anm. "Oggi per la magistratura italiana è una giornata importante. Abbiamo dimostrato di essere uniti e compatti, non importa quanti hanno manifestato il pacato dissenso anche una sola persona basta": questo il commento del presidente dell’associazione, Luca Palamara. "In molte città come Roma, Milano, Torino, Napoli e Palermo, abbiamo registrato una massiccia e composta adesione ad una iniziativa che non è rivolta contro una persona ma contro una politica. In questo modo non si può andare avanti senza riforme della giustizia e con insulti: i magistrati italiani oggi dicono basta".

Il Guardasigilli. Diverso il punto di vista di Alfano, che a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario all’Aquila sulla protesta dice: "Mi pare che abbia registrato numerose defezioni. E’ la prima volta che si verificano tutte queste defezioni in riferimento ad una protesta ed esse sono il termine di misura della irragionevolezza della protesta che ha come unica esigenza quella di avviare la campagna elettorale per il rinnovo del Csm". Il ministro aggiunge che le riforne saranno fatte anche senza dialogare con l’Anm, perchè è più utile "confrontarsi con i magistrati che operano sul campo", ascoltare dalla voce dei capi degli uffici le proposte per "abbattere" le migliaia di processi che si sono accumulati.

Mancino sul processo breve. Da Firenze, il vicepresidente del Csm auspica "uno sforzo straordinario" per dotare la macchina della giustizia di risorse adeguate. Le riforme a suo giudizio vanno fatte in maniera condivisa e senza fretta, altrimenti si rischia "l’instabilità". A cominciare proprio dal processo breve, un ddl sul quale il Parlamento, "che è sovrano", deve però ascoltare "le opinioni": "Se vogliamo la ragionevolezza e la giustezza, si può dire che non necessariamente un processo deve andare a tre gradi di giudizio ma guai se si ferma perché è finito il tempo".

* la Repubblica, 30 gennaio 2010


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