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"ADDIO ALLA VERITA’" DELL’ECONOMIA E BUONA-NOTIZIA, PER LA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA E DELLA TEOLOGIA CATTOLICO-"MAMMONICA" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)

CORAGGIOSO LATOUCHE!!! "ACRESCITA" COME "ATEISMO": UN PASSO AL DI LA’ DEL DIO "VALORE" ("CARITAS") DELLA RELIGIONE DELL’ECONOMIA, PER IL PARADIGMA DEL DONO DELLA GRAZIA ("CHARIS") E DELLA SOLIDARIETA’ D’AMORE("CHARITAS"). Una nota di Federico Rampini - a cura di Federico La Sala

sabato 6 febbraio 2010 di Federico La Sala
[...] La critica di Latouche va al cuore della scienza economica, che smonta e demistifica assegnandole una parabola storica ben precisa: è da Aristotele a Adam Smith che la visione economica si codifica e conquista un ruolo centrale, dominante, infine totalitario, nella civiltà occidentale (poi conquista via via tutte quelle altre zone del mondo che si sono modernizzate emulando i modelli dell’Occidente). Il marxismo in questo senso è una finta alternativa, un rovesciamento fallito, la (...)

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> CORAGGIOSO LATOUCHE!!! "ACRESCITA" COME "ATEISMO": UN PASSO AL DI LA’ DEL DIO "VALORE" --- Al fondamento delle società umane. Per Maurice Godelier «in ogni gruppo sociale ’sacro’ è il nesso politico-religioso, ciò che viene trasmesso di generazione in generazione e fonda il vivere comunitario dei gruppi umani» ((di Edoardo Castagna - intervista)

mercoledì 10 febbraio 2010

intervista

Parla Maurice Godelier: «La pretesa di spiegare l’origine delle società attraverso le strutture economiche o sociali si è rivelata fallace: il vero fondamento è il sacro»

«È ora di rottamare Marx e Lévi-Strauss»

Per l’antropologo francese «in ogni gruppo sociale ’sacro’ è il nesso politico-religioso, ciò che viene trasmesso di generazione in generazione e fonda il vivere comunitario dei gruppi umani»

DA MILANO EDOARDO CASTAGNA (Avvenire, 09.02.2010)

Archiviamo Marx e Lévi-Strauss: per capire la società non ci servo­no teorie economiche o strutture parentali, ma il senso del sacro. È questo l’approdo della riflessione dell’antropolo­go francese Maurice Godelier - anni di osservazione sul campo in mezzo mon­do, con particolare predilezione per la Nuova Guinea, medaglia d’oro del Cnr francese, direttore della Scuola di alti stu­di in Scienze sociali di Parigi -, che sta­mattina alle 10.30 alla Bicocca di Milano parteciperà con Enzo Mingione e Mari­nella Carosso all’incontro «Dalla ’moneta di sale’ all’’enigma del dono’. Esperien­ze di antropologia economica».

Di Gode­lier Jaca Book, che sta per pubblicare an­che Comunità, società, cultura (pagine 80, euro 8,00), ha appena dato alle stampe Al fondamento delle società umane (pagine 240, euro 28,00): dove l’antropologo teo­rizza che tale fondamento sia appunto il sacro.

Ma in che senso dobbiamo in­tenderlo, questo ’sacro’, pro­fessor Godelier?

«Certo non si riduce al religio­so. In Europa dicendo ’sacro’ pensiamo immediatamente al Dio monoteista, alla trascen­denza, ma non è solo questo: il sacro fonda la società perché è il suo supporto profondo tra­smesso di generazione in ge­nerazione, è quel che va al di là della vita degli individui, è ciò che consente agli individui di vivere insieme».

Concretamente?

«Nelle società occidentali di oggi oggetti sacri sono le Co­stituzioni. Non sono beni, non possono acquistare ma solo trasmettere. Il politico non può essere separato dal sa­cro, anzi ne fa parte; concetto difficile da comprendere per noi europei, che a par­tire dai Lumi e dalla Rivoluzione francese ci siamo abituati a vedere Stato e politica separati dalla religione. Questa spaccatu­ra ci ha fatto dimenticare che in realtà il sacro non sta solo nella religione: anche la politica è un qualcosa di sacro, per gli individui e per i gruppi sociali. Quello che mi interessa, naturalmente, non è il lega­me sociale, ma la creazione concreta di una società».

Eppure i due filoni tradizionali delle scienze sociali mettono il sacro tra pa­rentesi, e cercano altrove l’origine della società: Marx nei rapporti economici, Lévi-Strauss in quelli di parentela...

«Infatti sono critico contro questo doppio feticismo. Forse che i rapporti di produ­zione capitalisti descritti dal marxismo possono spiegare in qualche modo una religione come il cristianesimo? Certo che no. L’economia è importante, va capita, ma non spiega. Allo stesso modo, la fami­glia è importante per l’individuo, che si costituisce attraverso di essa, ma questo non basta a farne la base della società».

Dov’è l’errore, quindi?

«Il punto strategico dei rapporti sociali sta nel concetto di sovranità, un concetto più proficuo di quelli economici o strut­turalisti. La questione è: perché e come i gruppi umani stabiliscono una sovranità su un territorio? Io rispondo: con il politi­co- religioso, cioè con il sacro. Politico, nel senso di sistemi istituzionali di governo; religioso, nel senso di rapporto con ciò che va al di là dell’umano».

Eppure in Europa è forte la tendenza a mettere Dio tra parentesi, e a insistere al contrario sulla laicità dello Stato...

«Un conto è la laicità dello Stato, cioè la separazione tra questo e la religione; un altro è il concetto di sacro. All’interno del­l’Occidente, poi, è tangibile la differenza tra Europa e Stati Uniti: oltreoceano si giura sulla Bibbia, non sulla Costituzio­ne... Anche là lo Stato non è religioso, nel senso che non c’è una Chiesa ufficiale, però la religione pervade l’intera società. La tradizione americana è impostata sul minor intervento statale possibile nella vita individuale, nell’economia, eccetera. Compassione per i poveri, sì; sistema sa­nitario per tutti, no - e si vede quanto fa­tichi Obama a introdurlo. In Europa al contrario lo Stato, a partire dal secondo dopoguerra, ha assunto un ruolo provvi­denziale, facendosi carico della protezio­ne sociale di tutti i cittadini. In America il rapporto tra lo Stato e la società sono di­versi, così come quelli tra la società e la religione: ma ci sono casi ancora più di­vergenti, su come il sacro possa fondare una società: l’islam, per esempio».

La categoria di sacro come base del poli­tico- religioso aiuta a capire l’ascesa del fondamentalismo?

«Nell’islam la sovranità non appartiene al popolo, ma a Dio; la legge civile posa sul­la legge divina, la shari’a ; la supremazia va al religioso, non al politico, e le perso­ne non si riconoscono come cittadini, ma come credenti. In passato il problema del mondo islamico era un problema euro­peo, perché europei erano i Paesi colonizzatori dell’area musulmana. Oggi questo ’do­mino’ è passato agli Stati Uniti, mentre i Paesi islamici non hanno ancora elaborato il trau­ma della colonizzazione - trau­ma alla base, tra l’altro, anche della difficoltà di questi Paesi a liberarsi dai loro regimi dittato­riali. Tutto è pieno di paradossi: l’Iran degli ayatollah è una re­pubblica, con elezioni e oppo­sizione, ma con un fondamen­to religioso; anche l’Arabia ha un fondamento religioso, ma è una monarchia assoluta, senza elezioni e senza opposizioni... Eppure re­pubblica, monarchia non sono categorie proprie della tradizione islamica, sono fi­glie anch’esse della colonizzazione occi­dentale. E il risentimento cova, ovunque. In Afghanistan, dove occorre assoluta­mente trovare una soluzione politica. In Iraq, dove il grave errore è stato distrug­gere interamente lo Stato di Saddam - neppure in Germania, dopo la Seconda guerra mondiale, lo Stato è stato distrutto - anziché modficarlo. E soprattutto in Pa­lestina, vera ulcera aperta nel mondo i­slamico ».


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