Per uno sciopero della liturgia
di Enzo Mazzi (il manifesto, 12 febbraio 2010)
Grida la propria ininfluenza in campo ecclesiale il silenzio del cattolicesimo progressista sugli attuali scandali vaticani. Vescovi, teologi, preti e laici del cosiddetto «disagio» (guai a parlar di dissenso) sono muti e immobili. Nessuno che invochi o convochi un qualche incontro sinodale per socializzare, per trovare un varco di speranza. Ognuno è chiuso nel suo sgomento e s’affida ai sussurri.
Si parla di alta teologia come è successo a Firenze sabato scorso nell’incontro Il vangelo ci libera e non la legge, dimenticando il Vangelo annunciato lì a due passi dalla Comunità delle Piagge e da don Alessandro Santoro colpiti dalla legge canonica.
Qui ci vorrebbe uno sciopero generale della liturgia e della pastorale. Fermarsi tutti e discutere dell’assetto istituzionale ecclesiastico che dimostra di non reggere più di fronte alle sfide della secolarizzazione. La monarchia assoluta, questo è il papato, residuo medioevale di una teocrazia radicale e fondamentalista, non è più in grado di tenere di fronte ai nuovi poteri che s’impongo con una forza che annulla le «armi» di infallibilità, scomunica e giudizio divino con le quali finora il papa imponeva il suo potere.
Scienza, danaro, informazione, democrazia hanno consentito al potere ecclesiastico di sopravvivere delegando al papa e ai preti la realtà considerata residuale dell’etica e dei valori. Faceva comodo la sponda papale. Ma era evidente che piano piano questa delega veniva erosa e svuotata. L’arroccamento sulla difesa della vita dal suo concepimento alla morte non regge più di fronte a una scienza che sposta e assottiglia continuamente il confine fra la morte e la vita.
L’anima immortale, il peccato originale, l’inferno, il paradiso, l’onnipotenza di dio, l’indissolubilità del matrimonio, l’alterità sacrale del sacerdozio e i mille fondamenti dell’etica cattolica sono dogmi ormai svuotati.
È la prima volta che un papa si difende con gli strumenti della democrazia: il comunicato stampa. Non poteva farne a meno. Ma così ha mostrato al mondo la sua debolezza. Perché il comunicato si presta a interpretazioni capaci perfino di ribaltarne il significato e di affermare e confermare ciò che il papa nega. Il comunicato consente di scavare a fondo e già si annunciano altri scandali che sembrano investire addirittura la persona del papa (cf. E. Carnevali su Adista 12 settembre 2009).
La curia vaticana e le curie vescovili sono da sempre covi si vipere. Finora la blindatura era quasi totale. La cosa nuova è che per i moderni poteri dell’informazione non ci sono più segreti sacri e non esistono ostacoli canonici.
Non che la modernità sia tutta rose e fiori, anzi. I nuovi poteri hanno aspetti positivi ma hanno in sé anche una potenza distruttiva pari a quelli antichi. Oggi attraverso una martellante insinuazione e propaganda masmediatica passa una cultura omologata ed omologante secondo la quale non è la disobbedienza civile, umana, religiosa a offrire spazi creativi per far crescere la coscienza collettiva ed operare per la fraternità e la giustizia ma è unicamente il piegare il capo che può limitare i conflitti e preservare una permanenza negli spazi del sacro e del potere.
«L’obbedienza non è più una virtù» fu per noi e per molti, persone e movimenti, una conquista pagata a caro prezzo. Poi venne l’omologazione. Ma questi orridi scandali vaticani, questa debolezza del potere ecclesiastico, queste immense contraddizioni che si aprono impongono di ripartire da quella scelta che fu sconsideratamente chiamata «dissenso» e che invece era e forse è ancora coerenza evangelica di una fede che finalmente si libera dalla religione di chiesa.