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COME SE AUSCHWITZ NON FOSSE MAI AVVENUTO, PER LA CHIESA DI PAPA RATZINGER. Si continuano a "concedere a Hitler delle vittorie postume" (Emil L. Fackenheim: "Tiqqun. Riparare il mondo")!!!

PAPA RATZINGER, ANNO SACERDOTALE E PEDOFILIA. I PASTORI SI MANGIANO LE PECORE? E’ "UN FENOMENO RIDOTTO"!!! Il ’rassicurante’ bilancio di Monsignor Charles J. Scicluna, il «promotore di giustizia» del Vaticano. Un’intervista di Gianni Cardinale - a cura di Federico La Sala

"I casi di preti accusati di pedofilia vera e propria sono quindi circa trecento in nove anni. Si tratta sempre di troppi casi - per carità! - ma bisogna riconoscere che il fenomeno non è così esteso come si vorrebbe far credere".
martedì 16 marzo 2010 di Federico La Sala
[...] Può essere che in passato, forse anche per un malinteso senso di difesa del buon nome dell’istituzione, alcuni vescovi, nella prassi, siano stati troppo indulgenti verso questi tristissimi fenomeni. Nella prassi dico, perché sul piano dei principi la condanna per questa tipologia di delitti è stata sempre ferma e inequivocabile. Per rimanere al secolo scorso basta ricordare l’ormai celebre istruzione Crimen Sollicitationis del 1922... [...]
SULLA PEDOFILIA, L’ALLARME DELLA RIVISTA (...)

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> PAPA RATZINGER, ANNO SACERDOTALE E PEDOFILIA. --- MONSIGNOR Charles Scicluna. “Mahony a Roma? Se la veda con la sua coscienza” (di Paolo Rodari).

mercoledì 20 febbraio 2013

-  Scicluna, il monsignore che dava la caccia ai preti pedofili

-  Monsignor Charles Scicluna, per dieci anni è stato promotore di giustizia del Sant’Uffizio occupandosi a fondo della lotta ai preti pedofili

“Mahony a Roma? Se la veda con la sua coscienza”

-  Non mettetelo in croce per i suoi errori, la Chiesa è misericordiosa

di Paolo Rodari (la Repubblica, 20.02.2013)

      • NESSUNO meglio di monsignor Charles Scicluna conosce i dossier segreti del Vaticano sui cosiddetti “delicta graviora”. Si tratta di crimini contro l’eucaristia, la santità del sacramento della penitenza, contro il sesto comandamento e cioè “gli atti impuri” commessi da un prete con un minore.

MONSIGNOR Charles Scicluna, negli ultimi dieci anni e fino a poche settimane fa, è stato pubblico ministero del tribunale della Dottrina della fede. Nessuno meglio di lui può dire se hanno ragione coloro che chiedono al cardinale arcivescovo emerito di Los Angeles Roger Mahony di non partecipare al Conclave per le accuse di non aver denunciato in passato diversi casi di pedofilia nel clero, oppure no.

Nel suo studio all’interno del palazzo dell’ex Sant’Uffizio - scaffali antichi che trasudano carte e faldoni - per anni Scicluna ha vagliato plichi a più livelli esplosivi, non solo i casi di pedofilia nelle diocesi americane ma anche la doppia vita di Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, fino alle personalità borderline di padre Lawrence Murphy, mo-lestatore in un istituto di bambini sordi a Milwaukee, e tanti altri.

Monsignor Scicluna, chi è Mahony?

«Un cardinale molto umile che non è riuscito ad arginare i casi di pedofilia nella sua diocesi come sarebbe stato giusto».

L’ha mai incontrato?

«Diverse volte, in via riservata, nel mio ufficio, sia negli anni del prefetto Joseph Ratzinger che in quelle di William Joseph Levada. Veniva a chiedere aiuto, consigli su come agire».

Di cosa parlavate?

«Era dopo il 2002, l’anno in cui i vescovi americani riuniti a Dallas decisero per la prima volta di inaugurare la linea della “tolleranza zero” sulla pedofilia. Mahony, come tutti i vescovi, cercava di capire come comportarsi dopo anni in cui la Chiesa non aveva agito correttamente».

Sta dicendo che prima del 2002 i vescovi americani coprivano i pedofili?

«Non c’erano linee chiare, soprattutto a livello diocesano. Ognuno agiva come poteva, e purtroppo in alcuni casi Mahony ha sbagliato. Il suo errore non è stato soltanto quello di non aver saputo estirpare alla radice il problema della pedofilia. Ma anche che quando si è reso conto che in diocesi il fenomeno era deflagrato, ha pubblicato i nomi di tutti i preti accusati».

Non ha fatto bene?

«No, perché un conto è comunicare i nomi dei colpevoli, un altro quello di coloro che sono sospettati di esserlo. Fra gli accusati ha messo anche se stesso perché due monsignori del Vaticano avevano sospettato di lui. Mi è sembrato francamente troppo».

Entrerà in Conclave?

«Credo di sì, ma in ogni caso deciderà in coscienza cosa fare. Non è una situazione facile per lui. Nelle scorse settimane ha avuto un battibecco col suo predecessore, José Gomez, che ha spinto per destituirlo da ogni incarico, al quale Mahony ha ricordato di aver sempre accettato in passato il suo modo di agire. Non è stato un bell’esempio e credo che queste polemiche abbiano contribuito ad agitarlo».

Ratzinger è sempre stato informato su Mahony e i casi di pedofilia?

«Sempre, certo. E ha lottato per fare pulizia, per agire per il bene delle vittime. Non si tratta però soltanto dei delitti contro il sesto comandamento, ma anche dell’arroganza e della mancanza di umiltà e povertà che a volte caratterizza il modo di fare dei ministri di Dio».

Ratzinger sapeva anche di padre Maciel?

«Nel 2004 Maciel festeggiò nella basilica di San Paolo Fuori le Mura i sessant’anni di sacerdozio. Andò tutta la curia romana, vescovi e cardinali compresi. L’unico che rimase a casa fu Ratzinger, allora prefetto della Dottrina della fede. Sapeva bene, infatti, chi aveva davanti tanto che un mese dopo diede ufficialmente l’abbrivio all’investigazione vaticana nei suoi confronti. Fu una sofferenza enorme per lui perché era ben consapevole di quanta considerazione Maciel godesse nella curia romana. Eppure agì andando contro corrente per amore della verità. Però vorrei dire un’altra cosa».

Prego.

«La politica di Ratzinger è stata quella di pulire la Chiesa dalla sporcizia ma anche di usare misericordia. Ha sempre avuto la consapevolezza, come san Paolo, che gli uomini di Dio custodiscono un tesoro in vasi di argilla. L’immagine più forte alla quale ha cercato di riferirsi è la visione che ebbe santa Ildegarda di Bingen, la mistica e naturalista tedesca vissuta nel XII secolo. Vide una donna bellissima il cui vestito, però, era strappato, lacerato per colpa dei sacerdoti, dei loro peccati. Quella donna è la Chiesa cattolica, infangata dai peccati dei preti, eppure nonostante tutto bella, desiderabile, un luogo dove chiunque sbaglia può sempre ricominciare, un luogo di misericordia».

In molti in Vaticano ritengono che sulla pedofilia la Chiesa sia sotto attacco. Condivide?

«In Vaticano tutti vogliono fare pulizia. Ma il ripetersi degli scandali sui media fiacca energie ed entusiasmi. Secondo me l’attenzione verso la Chiesa è esagerata ma in fondo anche legittima perché significa che verso la figura del sacerdote, l’ideale di vita che egli incarna, c’è grande attesa e aspettativa».

Il Papa si è dimesso, oltre che per la vecchiaia, anche per gli scandali?

«Non credo. Anche il problema della pedofilia lo preoccupa e lo fa soffrire, certamente. Ma sa bene che nessuno deve permettersi di scagliare la prima pietra. Nel senso che nessuno è senza peccato».


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