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ECONOMIA, E POLITICA ...

Tragedia greca sui mercati mondiali. Grecia e deficit Usa: le Borse vanno a picco. Una nota di Sara Bennewitz - a cura di Federico La Sala

domenica 9 maggio 2010 di Federico La Sala
Mercati
Grecia e deficit Usa
le Borse vanno a picco
Alle incertezze sul piano di aiuti si è aggiunto il ribasso di Wall Street e il downgrading del Portogallo da parte di Standard & Poor’s. Crolli dal 5 al 6% per Atene e Lisbona, oltre il 3 Parigi e Milano, poco meno le altre europee
di SARA BENNEWITZ *
MILANO - Tragedia greca sui mercati mondiali. Il quadro delle Borse europee è precipitato a metà pomeriggio sui timori per la situazione di Atene e dopo le parole del ministro delle finanze (...)

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> Tragedia greca sui mercati mondiali. Grecia e deficit Usa: le Borse vanno a picco. ---- Dagli Usa un aiuto interessato (di Alberto Bisin).

giovedì 13 maggio 2010

Dagli Usa un aiuto interessato

di ALBERTO BISIN (La Stampa, 13/5/2010)

Fino all’altro giorno l’Europa stava per crollare sotto l’assedio della speculazione. Ma poi i capi di Stato e i ministri finanziari dell’Europa, per una volta unita, la Banca Centrale Europea, e il Fondo Monetario Internazionale, con un aiutino del presidente Obama e del suo ministro del Tesoro Geithner, sono intervenuti con grande successo in salvataggio dell’euro. Meno male che l’Europa c’è. E meno male che gli Stati Uniti arrivano in suo aiuto quando non c’è.

Questa sembra essere la narrazione dei fatti che la politica e molti osservatori vorrebbero risuonasse nelle menti dei cittadini europei. Purtroppo non è così. La politica ha semplicemente rattoppato in fretta i danni che essa stessa ha prodotto all’economia europea. E l’aiuto degli Stati Uniti, naturalmente, è interessato.

Innanzitutto, occorre ricordare quali siano le cause di questa crisi dell’euro. L’Europa, specie quella mediterranea, ha da decenni intrapreso un percorso di finanza pubblica difficilmente sostenibile. Chi più chi meno ha finanziato, emettendo debito pubblico, una settore pubblico ipertrofico, un sistema previdenziale assurdamente generoso, una evasione fiscale rampante.

Molti Paesi europei, inoltre, hanno accolto la recente crisi economica e la recessione come un’ottima scusa per eccedere ancor più nella spesa pubblica, giustificando questa scelta con teorie economiche screditate da decenni. Il risultato è stato che quei Paesi che hanno raggiunto in questi anni di crisi deficit dell’ordine del 10% e più del Prodotto interno lordo, come la Grecia, la Spagna, il Portogallo, hanno avuto gravi difficoltà a piazzare nuove emissioni di debito ai mercati, se non al costo di un sostanziale premio al rischio. Altri Paesi, tra cui l’Italia, evitando saggiamente inutili interventi di spesa, hanno potuto invece navigare la crisi, senza immediati rischi.

La responsabilità della crisi dell’euro di questi giorni è quindi tutta delle politiche fiscali irresponsabili, dei deficit di bilancio di oggi e dei debiti accumulati nel passato. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il loro interesse in una zona euro stabile è ovviamente dovuto principalmente alla globalizzazione dei mercati finanziari che rende ogni crisi finanziaria, anche locale, in prospettiva una crisi mondiale. Una ristrutturazione del debito della Grecia sarebbe dannosa per le banche, soprattutto tedesche e francesi, che tale debito detengono; e una crisi bancaria in Europa avrebbe immediate ripercussioni sulle ancora deboli banche americane.

Ma non è solo per questo che l’amministrazione Obama ha marcato stretto la cancelliera Merkel e il presidente Sarkozy durante la crisi dell’euro. I maggiori giornali americani e molti osservatori si sono chiesti e si chiedono quanto i problemi di finanza pubblica dell’Europa oggi non presagiscano il futuro dell’economia statunitense nel medio periodo. L’amministrazione Obama, infatti, ha intrapreso un programma di grande espansione del settore pubblico, e di conseguenza dell’indebitamento. Pochi credono alle promesse di riduzione del deficit nel prossimo futuro che l’amministrazione produce in continuazione. E la Cina, il cui risparmio ha fino ad ora sostenuto una gran parte dei debiti pubblici e privati americani, non potrà continuare a lungo a produrre senza consumare. Con le elezioni del Congresso a novembre, il presidente Obama e i democratici non possono rischiare che una crisi dell’area euro apra una discussione sul modello di spesa pubblica di stampo «europeo» sui cui binari essi stanno mettendo gli Stati Uniti. Anche all’amministrazione americana conviene quindi sostenere di aver sventato una crisi dell’euro, dovuta agli arbitrari attacchi speculativi dei mercati.

Ma i problemi veri, purtroppo, non hanno mai soluzioni finte. La crisi dell’Europa è una crisi di finanza pubblica e l’unica sua possibile soluzione sta nell’affrontare onestamente e drasticamente la questione della spesa pubblica. Ma per affrontare la questione della spesa pubblica occorre coraggio politico, merce tradizionalmente scarsa in Europa, specie nel Sud-Europa.

Gli stessi Stati Uniti farebbero bene a sollevare la testa dalla sabbia e a ripensare alla sostenibilità dei propri programmi di spesa pubblica. Essi hanno però un vantaggio rispetto all’Europa: mentre l’Europa non ha essenzialmente alcuna possibilità di manovra sul lato delle entrate, che sono già a livelli di soffocazione, gli Stati Uniti in linea di principio possono rientrare aumentando le tasse. Nulla succederà sino alle elezioni, ma con ogni probabilità gli americani troveranno sotto l’albero di Natale una bella tassa sul valore aggiunto.


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