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LA LEGGE SULLE INTERCETTAZIONI E L’ OCCUPAZIONE DEFINITIVA DELLA LEGGE E DELLA LINGUA. LA PRIMA PAROLA DELLA COSTITUZIONE "ITALIA" E’ SOTTO "COPYRIGHT" DEL PARTITO DEL CAVALIERE DAL 1994. E SOTTO "COPYRIGHT" E’ ANCHE IL "POPOLO DELLA LIBERTA’"!!! "L’ITALIA SONO IO": AVANTI TUTTA, "FORZA ITALIA"!!! A futura memoria ...

L’ITALIA E LA LEGGE "BAVAGLIO": LA SOLUZIONE FINALE, "I PAPI", E I NIPOTI DI "PILATO" EICHMANN. Sulla "fretta del regime", una nota di Ilvo Diamanti - a cura di Federico La Sala

La legge sulle intercettazioni. Serve a impedire che si spezzi la magia della "Storia italiana". L’unica biografia del paese veramente autorizzata.
mercoledì 28 luglio 2010 di Federico La Sala
[...] Può sorprendere la determinazione con cui il governo spinge per approvare il disegno di legge sulle intercettazioni - in fretta, anzi subito, e con poche modifiche. Senza badare al parere dei magistrati, dell’opposizione, di molti giornalisti. Notoriamente "ostili". Senza curarsi neppure del dissenso espresso da esponenti del governo Usa e dalla maggioranza degli italiani [...]
LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE.
HEIDEGGER, KANT, E LA MISERIA DELLA FILOSOFIA - OGGI (...)

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> L’ITALIA COL BAVAGLIO --- Una legge impensabile persino in Iran. Intervista a Milena Gabanelli (di Massimo Solani) - L’art. 21 (di Vittorio Emiliani).

martedì 25 maggio 2010


-  Intervista a Milena Gabanelli

-  «Il passo successivo è l’olio di ricino»

-  «Silenzio sugli scandali. Una legge impensabile persino in Iran»

-  La conduttrice di Report chiama alla protesta «Vogliono soltanto sopprimere il cane da guardia»

-  di Massimo Solani (l’Unità, 25.05.2010)

Domenica sera l’ha detto chiaramente agli spettatori di Report. «Se non siete d’accordo con questo provvedimento, fatevi sentire perché presto sarà legge». Una legge che metterà il bavaglio alla stampa e spegnerà le poche voci del giornalismo di inchiesta. Per questo Milena Gabanelli ha chiamato alla mobilitazione il pubblico. Perché «il passo successivo è l’olio di ricino». Intercettazioni ma non solo. Lei ha puntato il dito anche contro la norma che vieta la messa in onda di riprese non autorizzate. Materiale fondamentale per chi fa videoinchieste.

«Per quel che riguarda le riprese non autorizzate, non sarà più possibile per buona parte di noi documentare quelle situazioni che si alterano completamente quando ti ufficializzi. E sono migliaia. Inoltre non sarà più possibile trasmettere documenti filmati da testimoni occasionali con il telefonino o una videocamera, e parliamo di tutti quei contributi che arricchiscono soprattutto le testate web. È curioso che nessuna proposta di regolamentazione sia comparsa per i filmati di atti di bullismo che finiscono su Youtube».

Tornando al materiale giudiziario, è esagerato dire che calerà il silenzio su buona parte degli scandali italiani?

«Direi di no, basti pensare che solo oggi si verrebbe a conoscenza dei dossier Telecom e solo nel 2007 avremmo saputo delle vicende Parmalat. E ancora: nulla sapremmo sui grandi appalti, mentre nel caso di qualche omicidio eccellente sapremmo che tizio è stato ucciso. Punto. Nemmeno in Iran sarebbe tollerabile una legge del genere».

Limitazioni ancora più pesanti ricadrebbero po sulle spalle dei giornalisti non iscritti all’albo dei professionisti. Che cosa prevedono?

«In nessuna parte del mondo esiste questa distinzione fra professionisti e pubblicisti. All’associazione dei giornalisti si accede per meriti, e non attraverso un esame. Ad uno scrittore che pubblica saggi studiati nelle scuole non è richiesto il tesserino rosso, vale la sua capacità, la sua autorevolezza e competenza. Qui si è deciso che il pubblicista che documenta la prova di un’evasione per esempio, rischia 4 anni di carcere. Tutto questo non c’entra nulla con la necessità di regolamentare la pubblicazione di intercettazioni, che secondo me sarebbe giusta, ma dimostra solo l’intenzione di sopprimere il cane da guardia. Il passo successivo è l’olio di ricino».


-  L’articolo ventuno
-  Un diritto davvero per tutti

-  di Vittorio Emiliani (l’Unità, 25.05.2010)

L ’attacco portato alle intercettazioni è, chiaramente, sferrato contro la libera manifestazione del pensiero garantita dall’articolo 21 della Costituzione. Spesso però, nei servizi ad esso dedicati, si sottolinea che tale diritto è garantito “a tutti i cittadini”. No, è ben altro: esso viene garantito “a tutti”. Quindi, non soltanto ai cittadini italiani ma pure ai cittadini stranieri comunque presenti sul nostro suolo nazionale. Una dizione straordinariamente forte e antiveggente per tempi in cui erano gli italiani a migrare, a centinaia di migliaia l’anno.

A chi la dobbiamo? In primo luogo all’onorevole Gustavo Ghidini, socialista, di Soragna (Parma). In commissione il giovane Giulio Andreotti aveva portato la dizione “tutti i cittadini”. Ma Ghidini, uno dei costituenti anziani (contava già più di settant’anni), oppose questo ragionamento: «Credo che il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero, attraverso ogni forma, non appartenga al cittadino in quanto facente parte dello Stato italiano ma alla personalità umana».

Ghidini era stato socialista fin da ragazzo. Antifascista, gli avevano incendiato lo studio professionale e inferto altre vessazioni. Convinse presto tutti. Così ebbe l’unanimità l’articolo 21 vigente dal 1 ̊ gennaio 1948: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (altro concetto volto al futuro, n.d.r.). La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

Ecco a quale filosofia politica altamente liberale Berlusconi vuol imporre il bavaglio, minacciando uno dei diritti fissati con più forza e lungimiranza nella Costituzione.


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