LA LEGGE SULLE INTERCETTAZIONI E L’ OCCUPAZIONE DEFINITIVA DELLA LEGGE E DELLA LINGUA. LA PRIMA PAROLA DELLA COSTITUZIONE "ITALIA" E’ SOTTO "COPYRIGHT" DEL PARTITO DEL CAVALIERE DAL 1994. E SOTTO "COPYRIGHT" E’ ANCHE IL "POPOLO DELLA LIBERTA’"!!! "L’ITALIA SONO IO": AVANTI TUTTA, "FORZA ITALIA"!!! A futura memoria ...

L’ITALIA E LA LEGGE "BAVAGLIO": LA SOLUZIONE FINALE, "I PAPI", E I NIPOTI DI "PILATO" EICHMANN. Sulla "fretta del regime", una nota di Ilvo Diamanti - a cura di Federico La Sala

La legge sulle intercettazioni. Serve a impedire che si spezzi la magia della "Storia italiana". L’unica biografia del paese veramente autorizzata.
mercoledì 28 luglio 2010.
 



La fretta del regime mediocratico

di ILVO DIAMANTI *

Può sorprendere la determinazione con cui il governo spinge per approvare il disegno di legge sulle intercettazioni - in fretta, anzi subito, e con poche modifiche. Senza badare al parere dei magistrati, dell’opposizione, di molti giornalisti. Notoriamente "ostili". Senza curarsi neppure del dissenso espresso da esponenti del governo Usa e dalla maggioranza degli italiani (come emerge da alcuni sondaggi).

Questo atteggiamento non si spiega solo con la volontà - dichiarata dal ministro Alfano - di tutelare la privacy dei cittadini. E di alcuni in particolare: il premier, i ministri e i leader politici. Per evitare che altri scandali rimbalzino sulla stampa. La fretta del governo riflette anche la voglia di saldare le crepe emerse nel modello di democrazia che si è affermato in Italia, da oltre 15 anni. La "democrazia del pubblico" (formula coniata da Bernard Manin, a cui facciamo spesso riferimento). Personalizzata e mediatizzata. Perché tutto è mediatico, nella "scena" politica. I partiti, in primo luogo. Poi: le istituzioni e, ovviamente, il governo. La personalizzazione è un corollario. Perché sui media vanno le persone, con le loro storie, i loro volti, i loro sentimenti. Non i partiti, le grandi organizzazioni, le istituzioni. Che fanno da scenario, ma non possono recitare da protagonisti. È un modello sperimentato altrove, anzitutto negli Usa. Ma in Italia ha assunto una definizione specifica e originale. In tempi rapidissimi. Merito (o colpa) di Silvio Berlusconi. Insieme: imprenditore mediatico dominante, leader - anzi, padrone - del partito dominante e, naturalmente, capo dell’esecutivo. Presidente "reale" - potremmo dire - di una Repubblica non presidenziale, dove il Presidente "legale" agisce da garante e autorità di controllo.

La conseguenza più nota di questa tendenza è l’avvento di uno "Stato spettacolo" (titolo di un recente saggio di Anna Tonelli, pubblicato da Bruno Mondadori). Dove lo scambio tra pubblico e privato avviene in modo continuo e pervasivo. Dove il consenso si costruisce sui fatti privati. I cittadini diventano il pubblico di uno spettacolo recitato dagli attori politici che si trasformano in attori veri. È difficile "confinare" il privato, in questo modello. Perché la privacy, per prima, è risorsa usata a fini "pubblici". È la conseguenza inattesa e, in parte, indesiderata del regime mediocratico: le stesse logiche, gli stessi meccanismi che alimentano il consenso possono contribuire a eroderlo. O, addirittura, a farlo collassare.

1. In primo luogo, ovviamente, perché il "privato esibito in pubblico" non è "reale". È fiction. Come nel Grande Fratello, dove tutti agiscono "sapendo di essere osservati". (Anche se, con il tempo, se ne dimenticano). Ben diverso è scavare nel "privato reale" attraverso, appunto, le intercettazioni oppure le indagini che entrano nella vita delle persone - dei politici - a loro insaputa. Quando si sentono "al sicuro". Quando non recitano la "commedia della vita quotidiana". Perché, allora, possono uscire segreti "scomodi". Comportamenti talora illeciti, altre volte semplicemente sgradevoli. Perché rivelano uno stile distante dal "privato esibito in pubblico". È il caso delle conversazioni telefoniche fra il premier e i dirigenti Rai. Dove Berlusconi esprime, senza mezze misure, la "sindrome del padrone" (la formula è di Edmondo Berselli). Preoccupato da comici, predicatori, conduttori, moralisti, giornalisti: tutti quelli che deturpano la sua immagine e la sua narrazione. La sua "storia". È il caso, recente, dello scandalo che ha indotto il ministro Scajola alle dimissioni. Costretto non dall’illecito, ma dall’indignazione. Dalla scoperta di un appartamento davanti al Colosseo pagato da altri. Peraltro, a insaputa del beneficiario e a prezzo stracciato. In tempi di crisi, mentre milioni di italiani pagano il mutuo della loro casa con molta fatica. Il che sottolinea la distanza tra questa stagione di inchieste sulla corruzione e Tangentopoli. Allora, nei primi anni Novanta, la corruzione intrecciava il mondo degli affari e "la" politica. E aveva, come primo (non unico) obiettivo, il mantenimento della (costosa) macchina dei partiti. Oggi, invece, lega il mondo degli affari e "i" politici. Intorno a vicende, talora, grandi e dolorose (come il terremoto). Altre volte, invece, piccole e mediocri. (Come quelle suggerite dalla "lista Anemone"). Ma, proprio per questo, altrettanto - e forse più - intollerabili, nella percezione e nel senso comune.

2. L’altra tendenza indesiderata di questo regime mediocratico, soprattutto per chi lo guida, riguarda la "svalutazione del potere" e di chi lo esercita. Rendere pubblico il privato "vero", senza finzioni: manifesta il volto mediocre della politica e di chi governa. Il confine tra i rappresentanti e i rappresentati, tra i leader e i cittadini: scompare.

Anzi, i leader politici, gli uomini di governo imitano e giustificano gli istinti più bassi della società. In questo modo, però, perdono autorevolezza, ma soprattutto legittimità, credibilità, consenso. Da ciò l’ossessione di chi ha inventato e imposto, per primo, il sistema mediocratico. La tentazione e il tentativo di controllarne ogni piega. Di prevederne ogni possibile trasgressione. In modo quasi compulsivo. Perché la realtà deve funzionare come un reality; recitato secondo un copione pre-stabilito; e, comunque, orientato e modellato dalla produzione. Quando gli autori, anzi: l’Autore, mentre osserva la "casa del Grande Fratello", si scopre, a sua volta, osservato e ascoltato. E, pochi minuti dopo, si vede ripreso e riprodotto sugli stessi schermi, sulle stesse pagine, sugli stessi giornali.

Il "fuori onda" messo in onda, come un’edizione permanente di "Striscia la notizia". Quando il gioco gli sfugge. Allora gli passa la voglia di giocare. E vorrebbe smettere. O meglio: fare smettere gli altri. Cambiare le regole. A dispetto dei magistrati, del governo Usa. E perfino dell’opinione pubblica. La legge sulle intercettazioni. Serve a impedire che si spezzi la magia della "Storia italiana". L’unica biografia del paese veramente autorizzata.

* la Repubblica, 24 maggio 2010


EICHMANN E "I PAPI DEL TERZO REICH"

(Hannah Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano 2007, p. 122) *

[...] nel Terzo Reich la normalità fu accettare e compiere crimini in nome e per conto del Führer. Solo individui eccezionali si comportarono normalmente, ovvero “umanamente”, nel senso che la Corte presuppose universale.

Eichmann non fu un sadico, fu solo un funzionario meticoloso, efficiente nell’organizzare e nel negoziare. Se aveva avuto qualche dubbio sulla soluzione finale, così "violenta e cruenta", questo svanì nel gennaio del 1942, quando ebbe luogo la Conferenza di Wannsee, convocata da Himmler con lo scopo di coordinare tutti gli sforzi diretti allo sterminio, attraverso la massima collaborazione dei ministeri e dei servizi civili.

Ad essa presenziarono tutti i papi del Terzo Reich, i quali, come dirà l’imputato, non solo acconsentirono all’Olocausto, ma avanzarono proposte concrete. Inferiore per grado e posizione sociale, Eichmann s’inebriò al cospetto di quei grandi personaggi. In pratica, funse da segretario: spedì gli inviti, preparò alcune statistiche per il discorso introduttivo di Heydrich (gli ebrei da distruggere erano 11 milioni) e stilò i verbali. Alla fine, congedati gli altri, gli venne concesso di farsi un bicchierino di fronte al caminetto col suo capo Müller e Heydrich, decisamente soddisfatto degli esiti della conferenza.

Come poteva ancora dubitare della bontà della soluzione finale? Chi era lui per permettersi di giudicare o avere idee proprie? A Wannsee vide, coi suoi occhi, come non solo Hitler, ma anche Heydrich, Müller, il partito e le SS, nonché i più qualificati esponenti dei buoni vecchi servizi civili, si disputavano l’onore di dirigere la crudele operazione. "In quel momento mi sentii una specie di Ponzio Pilato, mi sentii libero da ogni colpa". Commenta la Arendt: "...egli non fu né il primo né l’ultimo ad essere rovinato dalla modestia" [...]*

* Jonny Costantino, Processo a Ponzio Pilato - Uno specialista.


Sul tema, nel sito, si cfr.:

PRESIDENTE NAPOLITANO, NELLA REALTA’ E NELLA COSTITUZIONE LA PRIMA PAROLA DI OGNI CITTADINO E DI OGNI CITTADINA E’ " ITALIA" ...
-  MA L’ITALIA NON C’E’ PIU’: UN POPOLO ALLA GOGNA!!! LA PRIMA PAROLA DELLA COSTITUZIONE "ITALIA" E’ SOTTO "COPYRIGHT" DEL PARTITO DEL CAVALIERE DAL 1994. E SOTTO "COPYRIGHT" E’ ANCHE IL "POPOLO DELLA LIBERTA’"!!! "L’ITALIA SONO IO": AVANTI TUTTA, "FORZA ITALIA"!!! A futura memoria, alcune note

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