Indignati a corrente alternata
di Moni Ovadia (l’Unità, 12 giugno 2010)
Ogni persona coniuga la propria identità universale di essere umano con molteplici altri percorsi identitari individuali e collettivi che possono dipendere da condizioni esistenziali acquisite o da scelte di vita. Talora questi percorsi imboccano la via della pietrificazione e danno vita ad ideologie rigide che confliggono anche violentemente con l’identità universale. E’ il caso del nazionalismo o del fanatismo religioso.
Vi sono invece percorsi identitari particolari che si declinano all’origine con imperativi etici fondanti dei valori universali. L’ebraismo nasce con questo assillo. I suoi pilastri sono il rifiuto di ogni idolatria, l’amore universale, l’amore per lo straniero, per la libertà, la giustizia sociale, la redenzione dell’umile e dell’oppresso, la condanna della violenza. L’ebraismo non si limita solo a questi principi, ma sicuramente non è possibile parlare di ebraismo fuori dal rispetto sacrale per essi. E’ per avere osato coniugare un’identità particolare con diritti universali che l’ebreo nella storia ha pagato uno dei più grandi tributi di sangue e di sofferenza pagato da una minoranza.
Oggi troppi ebrei sono disposti a negoziare quei supremi valori che fanno dell’ebraismo uno dei più sconvolgenti modelli di vita mai partoriti dall’umanità per ottenere il consenso strumentale alla politica minuscola e sciagurata dell’attuale governo israeliano e non come capziosamente pretendono, alla sicurezza dello Stato d’Israele. Nel nostro Paese per esempio molti esponenti dell’ebraismo adorano il governo Berlusconi e girano la testa per non vedere i suoi provvedimenti discriminatori di stampo nazista come l’ultimo della giunta veneta che voleva escludere dai trapianti disabili, down e tentati suicidi. Questi ebrei filogovernativi hanno brevettato l’indignazione alternata.