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EBRAISMO E DEMOCRAZIA. PER LA PACE E PER IL DIALOGO, QUELLO VERO, PER "NEGARE A HITLER LA VITTORIA POSTUMA" (Emil L. Fackenheim, "Tiqqun. Riparare il mondo")

ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. FARE CHIAREZZA: RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD. Alcune note - di Federico La Sala

A EMIL L. FACKENHEIM. (...) il merito di aver ri-proposto la domanda decisiva: “come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?”
sabato 2 agosto 2014
[...] La prima volta che Eichmann mostrò di rendersi vagamente conto che il suo caso era un po’ diverso da quello del soldato che esegue ordini criminosi per natura e per intenti, fu durante l’istruttoria, quando improvvisamente dichiarò con gran foga di aver sempre vissuto secondo i principî dell’etica kantiana, e in particolare conformemente a una definizione kantiana del dovere.
L’affermazione era veramente enorme, e anche incomprensibile, poiché l’etica di Kant si fonda soprattutto (...)

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> ISRAELE ---- Spiegare come si esce dall’Egitto, come si esce dalla logica di Auschwitz. intervista a Haim Baharier. (a c. di Guido Caldiron)..

lunedì 5 settembre 2011

«Dal Talmud a Internet: l’ebraismo e il molteplice»

intervista a Haim Baharier

a cura di Guido Caldiron (Liberazione, 3 settembre 2011)

“Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet”. La dodicesima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, che si svolge domani in 27 paesi europei e 62 località italiane, intende rileggere la storia plurimillenaria dell’ebraismo alla luce dei nuovi strumenti della cultura e della comunicazione. Un invito all’incontro e alla conoscenza che apre le porte di sinagoghe, musei e quartieri ebraici, presentando concerti, mostre e spettacoli teatrali, proponendo percorsi enogastronomici, visite guidate e appuntamenti culturali.

Quest’anno capofila della manifestazione, organizzata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, sarà Siena (il programma città per città è disponibile sul sito www.ucei.it/giornatadellacultura) dove alle ore 18 si svolgerà la Lectio Magistralis di Haim Baharier, intitolata “Il mondo che viene”. Nato a Parigi da genitori di origine polacca, entrambi passati per Auschwitz, Baharier è stato allievo del filosofo Emmanuel Lévinas e di Léon Askenazi ed è considerato uno dei grandi maestri contemporanei dell’ermeneutica biblica e del pensiero ebraico. Da molti anni vive e lavora a Milano. Per Garzanti ha pubblicato Il tacchino pensante (2006) e La Genesi spiegata da mia figlia (2008).

-  Dal Talmud a Internet, quale è il senso di questo viaggio nella cultura ebraica?

Ho cercato di dare un nome a questo percorso che vuole essere come un ponte, attingendo alla tradizione: così per accompagnarmi in questo viaggio ho utilizzato un’espressione che in ebraico significa “il mondo che viene”. Su questo concetto i saggi discutono da secoli e secoli e sono emerse due grandi scuole di pensiero: quella che fa capo a Maimonide che ritiene che “il mondo che viene” rimanda a livelli di interiorità che si sono costruiti dentro ciascun essere umano e che, dall’anima, vengono trasmessi per vite future; e quella che fa capo a Nachmanide che definisce come “mondo che viene” quello che fa seguito alla resurrezione dei morti. Gli uomini moderni tendono a sorridere di fronte a simili impostazioni, ma personalmente credo si possa operare una sintesi tra questi due percorsi e immaginare che oggi il punto d’approdo sia definibile nell’idea della “vita perenne della parola”. Il Talmud è la parola, ciò che ci consente di leggere con apertura mentale e riguardo verso l’alterità, una tradizione. Questa lettura diventa tempo, speranza, progetto: io leggo in un certo modo, altri lo faranno a modo loro. Questa è l’idea e il significato del Talmud. E quindi perché non considerare internet come una sorta di secolarizzazione di tutto ciò: la rete fa del resto coesistere e rende possibili tutte le diverse letture nello stesso momento. Perciò l’utilizzo etico e morale di internet riecheggia proprio l’esperienza talmudica e non può che rappresentare per l’identità degli ebrei, ma anche per la terra di Israele, l’orizzonte di una realtà molteplice e di una piena coesistenza tra diversità.

-  Da dopo la Shoah l’ebraismo viene soprattutto associato alla memoria, immaginare questo ponte verso il futuro rappresenta una sfida in più per la cultura ebraica?

Questo per me è un punto davvero sensibile: sono infatti anni che combatto questa idea della memoria celebrativa. Penso che l’equazione terrificante che è stata imposta che è “memoria, uguale, non si riprodurrà più” sia totalmente inattendibile e non abbiamo dovuto aspettare tanto per vedere che delle “mini-Shoah” accadono in varie parti del mondo malgrado il moltiplicarsi dei musei e delle memorie celebrative. Credo che ci si debba intendere sul significato e il valore della parola memoria nella tradizione ebraica. In particolare la memoria della Shoah dovrebbe essere quella che ci conduce a comprendere come si esce dalla logica dello sterminio e quindi come si può evitare di entrare in questa logica: è questa la memoria.

Nella tradizione ebraica c’è un vero paradigma di questo processo che è la schiavitù d’Egitto che è paragonabile a una Shoah, nel senso che il progetto del Faraone era un vero e proprio etnocidio. E la Torah liquida in poche righe ciò che è successo, lamemoria celebrativa, mentre dedica tutto il suo corpus a spiegare come si esce dall’Egitto, come si esce dalla logica di Auschwitz e come poi questa uscita possa essere teorizzata e trasmessa a tutti i popoli della terra.


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