Pornografia da photoshop
di CESARE MARTINETTI (La Stampa, 23/6/2010)
Sembra il Che Guevara nella morgue boliviana. Un eroe. Giovane, perché gli eroi sono giovani. Ma anche morto perché in questo nostro paese gli eroi prima si fabbricano e poi si uccidono. A fin di bene, naturalmente. Per poterli piangere in un limbo inattingibile perché non appaia troppo sproporzionato il loro essere «eroi» e il nostro essere «normali».
C’è qualcosa di ignobile e di pornografico in questa operazione della rivista Max, in genere più avvezza ai modelli di Dolce&Gabbana che agli eroi dell’Italia civile: l’ipocrisia sbattuta in prima pagina. Uccidere Saviano per denunciare chi lo minaccia? Ma va là: le immagini, come le parole, sono pallottole, il pallore cadaverico applicato con il trucco del photoshop sul volto dolente di quel ragazzo rappresentante dell’Italia perbene è una volgare messinscena finalizzata in fin dei conti non a discutere, ma a vendere copie. Pubblicità, sulla pelle di una persona che la pelle se la gioca davvero.
Ma Roberto Saviano è anche vittima di un paese che non sa fare i conti con la misura. Non è un santo, non è un profeta. È un ragazzo che ha appena 30 anni e ha scritto un libro che disvela la malattia italiana, a cominciare dall’idolatria per chi l’ha scritto. Ma non è il papa straniero che deve salvare l’Italia da Berlusconi. Forse non è neanche di sinistra, può apparire anche ambiguo e per questo infastidire, ma è vero. E soprattutto vivo.