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EROS E CIVILTA’ ....

MA CHI ERA IL MARCHESE DE SADE (1740-1814)? Un filosofo rivoluzionario che predisse Freud. Una nota di Renato Barilli - a cura di Federico La Sala

« Sì, sono un libertino, lo riconosco: ho concepito tutto ciò che si può concepire in questo ambito, ma non ho certamente fatto tutto ciò che ho concepito e non lo farò certamente mai. Sono un libertino, ma non sono un criminale né un assassino.»(Marchese de Sade, Lettera alla moglie, 20 febbraio 1791)
martedì 29 giugno 2010
[...] non c’è Marx nelle elucubrazioni del Divino marchese, ma un Freud anticipato di quasi un secolo, con una perentorietà e un estremismo che poi non ritroveremo nel padre della psicoanalisi. Freud verrà per diagnosticare la presenza insopprimibile del continente oscuro dell’Es, dell’eros, della libido, ma pure ad ammonire che la civiltà consiste nel trovare un giusto equilibrio, tra quelle spinte e le censure, che pure ci devono essere, se si vogliono alimentare gli alti costi del (...)

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> MA CHI ERA IL MARCHESE DE SADE (1740-1814)? ---- Cosa voleva, veramente, Sade? Come dovremmo prendere e intendere il suo appello? (di Errico Buonanno - La Rivoluzione nacque dai libertini. E Sade lo sapeva)

venerdì 23 marzo 2012

La Rivoluzione nacque dai libertini. E Sade lo sapeva

Il Marchese sosteneva che lo spirito del 14 luglio doveva realizzarsi in uno Stato garante di tutti gli istinti naturali: come la sopraffazione del più forte, l’omicidio, la calunnia

di Errico Buonanno (il Riformista, 23.03.2012)

Il marchese de Sade non finirà mai di scandalizzarci. Le sue provocazioni tutte coscienti, tutte volute non impallidiscono col tempo, semplicemente perché, da buon libertino, da ottimo illuminista, egli era innanzitutto un indagatore della natura umana. Conosceva a perfezione i meccanismi, diremmo oggi psicologici e neurologici, del gusto e del disgusto, dell’attrazione e della repulsione. Fu amato per questo dai surrealisti: non in quanto grottesco, ma in quanto anticipatore di Freud. Sade non sarà mai pacificato. Per questo ogni pagina, ogni riga, continuerà a porci dei problemi. A deliziarci, a tormentarci. Coscientemente, a disgustarci.

Stampa Alternativa ha da poco riproposto alcuni suoi scritti poco noti. Sotto il titolo conciso di Ancora uno sforzo si raccolgono pagine politiche, e soprattutto il quinto dialogo della Philosophie dans le boudoir, appello accorato e fulminante alla Francia rivoluzionaria che portava il titolo più esteso e geniale di Francesi, ancora uno sforzo se volete essere repubblicani. Una modesta proposta alle forze giacobine per realizzare finalmente, totalmente, lo spirito del 14 luglio. Semplicemente: distruzione completa della religione, e ritorno assoluto ai principi naturali dell’uomo. Principi che, naturalmente, Sade sa benissimo non corrispondere affatto con la fratellanza e la concordia di cui cianciavano gli idealisti. L’uomo è animale, prodotto della natura come insegnava il vate Rousseau. E questo significa che uno Stato più giusto dovrebbe garantire la legalità di tutti gli istinti naturali: sopraffazione del più forte, omicidio, calunnia. E prostituzione, ovviamente, sesso libero e dominatore. Solo così la Francia potrà veramente essere un faro di liberazione per tutto il resto dell’umanità.

Lo sforzo logico e retorico con cui il Marchese cerca di dimostrare la necessità di questa completa rivoluzione etica ci spiazza, ci intriga, ma soprattutto ci lascia aperte due ipotesi almeno sulla reale natura di queste pagine infuocate. Cosa voleva, veramente, Sade? Come dovremmo prendere e intendere il suo appello? In un suo saggio del ’96, Libri proibiti, Robert Darnton aveva meravigliosamente dimostrato come il libertinismo avesse costituito il vero apripista per la libertà politica e ideologica dell’illuminismo. La Rivoluzione Francese era letteralmente nata dai romanzi lascivi e pornografici, che erano riusciti prima delle rivolte di popolo e della ghigliottina ad abbattere il vecchio regime a colpi di scandali morali. Perciò De Sade, il maestro del libertinismo, sarebbe assolutamente coerente, assolutamente giacobino con queste proposte scandalose: il Divin Marchese era il più rivoluzionario dei rivoluzionari, un profeta che, al solito, gli stessi esponenti della nuova Francia furono costretti a sacrificare e a mettere a tacere, per permettere alle sue idee di normalizzarsi e di tramutarsi in politica, in realtà.

Eppure qualcosa continua a stridere, qualcosa continua a insospettirci. Ed è il sospetto che Stefano Lanuzza espone nell’introduzione. Sade non poteva non rendersi conto dell’inattuabilità di questo ideale. Da marchese, da nobile, da figlio - volente o nolente - dell’ancien régime, non poteva non osservare sprezzante l’imbarbarimento della parola libertà messa in piazza col Terrore. Ecco così che emerge, allora, una “seconda versione di Sade”.

Non oltranzista, ma sfacciato e sarcastico fustigatore delle ristrettezze mentali delle stesse forze rivoluzionarie. Quella di Sade sarebbe una “modesta proposta” alla Swift, una caricatura della brutalità giacobina tesa soltanto a mostrarne gli eccessi. Di là dal mito, di là dalla figura pubblica, il sadismo era letteratura e filosofia, e come ogni autore di filosofia e letteratura, questo scrittore forsennato conosceva l’iperbole e l’ironia, e sapeva dove colpire per mettere a nudo il proprio avversario. Ancora uno sforzo è insomma un ricatto tra pulsioni e società. Se veramente i rivoluzionari affermavano di voler restituire l’uomo alla bontà della proprio natura, Sade gridava loro sarcastico l’unica verità che essi facevano finta d’ignorare: la natura non è buona, è brutale. Perciò decidessero da che parte stare, ché i mezzi termini non erano concessi.

Quale sia la verità, quale versione sia corretta, sinceramente poco importa. La grandezza di Sade rimane la stessa: quella, cioè, di continuare a camminare coscientemente sul filo, sapendo bene che la scelta, altrimenti, a destra o a sinistra, è sempre e comunque solo il baratro.


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