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MATEMATICA, TEOLOGIA POLITICA, E ANTROPOLOGIA: CONTIAMO E PENSIAMO ANCORA COME SE FOSSIMO NELLA CAVERNA DI PLATONE. NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN

CONTARE E PENSARE: MARE, "NUMERO E LOGOS". Un’intervista a Paolo Zellini di Antonio Gnoli - a cura di Federico La Sala

Mito e logos si incontrano nel quarto libro dell’Odissea (...) Faccio notare che siamo già alle soglie del problema filosofico di come l’unità si mantiene nel molteplice. E di questo senso originario è permeata la filosofia pitagorica (...)
venerdì 8 ottobre 2010 di Federico La Sala
[...] «Il mare, nella tradizione greca come pure in quella ebraica, era metafora del disordine, ma anche della sofferenza e della prova. Navigare sui flutti - affermava Porfirio - era un modo per "placare il demone della nascita", allo scopo di raggiungere un approdo finale nella terra promessa. Ma appena fuori dei flutti si incontra il numero. Nell’Odissea Proteo, dio del mare tanto ambiguo quanto veridico, appena fuori dall’acqua passa in rassegna il suo gregge di foche contandole cinque (...)

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> CONTARE E PENSARE: MARE, "NUMERO E LOGOS". --- Lo gnomone, chiave di tutti i misteri (E. Zolla). Quell’ombra generò il numero (di U. Bottazzini)

lunedì 23 settembre 2013

-  Tra matematica e metafisica

-  Lo gnomone, chiave di tutti i misteri

di Elémire Zolla (Il Corriere della Sera-21 DICEMBRE 1999)

Negli anni ’60 avevo appena letto Guénon e la sua idea d’una riforma radicale del pensare mi aveva inebriato. Comportava un atto preliminare audacissimo, sgombrare tutta la rivolta contro la metafisica di cui è pervaso il nostro mondo. Mettere fra parentesi l’intera filosofia successiva a Leibniz, tornare a utilizzare i concetti tradizionali, che rivoluzione entusiasmante!

Altro che le ebbrezze misere misere degli appassionati di critica illuminista o peggio, posteriore. Capitò alla fine del decennio che venissi a conoscere Federico Codignola: m’invitò a redigere una rivista, La nuova Italia. Ecco che mi si offriva l’occasione di spartire con qualcuno il proposito utopistico che mi si era acceso: riunire i pochi conoscitori delle singole materie, disposti ad applicare i consigli sconvolgenti di Guénon. Nel corso della rivista, vidi arrivarmi accanto alcuni ragazzi in quelle condizioni.

Fra altri il matematico Paolo Zellini. Aderì con entusiasmo e cominciò a fornirmi i suoi saggi. In seguito, ebbe una cattedra e la casa editrice Adelphi prese a stamparne le opere, sicché ormai ha delineato un sistema piano e persuasivo della matematica. Esce adesso presso Adelphi un suo trattato esemplare, Gnomon. Una indagine sul numero (pp. 480, L. 60.000).

È singolare perché riporta tutto l’inizio della matematica allo gnomone, basandosi su un frammento di Filolao: il numero, mettendo tutte le cose in relazione alla sensazione, dà corpo e distingue i rapporti delle cose, sia nell’infinito che nel finito. Vale a dire, il numero, confrontato con la sensazione e con l’anima, è il punto d’abbraccio e di fusione tra conoscente e conosciuto e anche il mezzo per rendere conoscibili le cose e avvicinarle, stabilendo fra esse amicizia e accordo. Distingue e definisce i rapporti purché "si pensi secondo la natura dello gnomone".

Questo all’origine fu uno stilo fissato nella terra, la cui ombra serviva ai Babilonesi a determinare l’altezza del Sole o della Luna. Ma formava anche una figura a squadra e si venne a denominare gnomone tutto ciò che, aggiunto a una figura, la rende tuttavia pur sempre simile alla figura originaria. Schopenhauer notava che l’intelletto produce simultaneità tra tempo e spazio correlandoli nella durata, unità di tempo e spazio, di mutamento e invarianza. Mercé lo gnomone la matematica afferma e ribadisce l’armonia corrispettiva all’anima, evita di cadere nell’Altro, riconduce al Medesimo, scarta il disordine.

Proclo rammentava che i numeri svelavano gli dèi e i pitagorici presentavano il calcolo come iniziazione alla teologia. Plutarco illustra la concordanza delle teorie numeriche con la mitologia di Apollo e Dioniso, di Iside. Nel Timeo Platone parla del Medesimo o dell’Altro, l’uno essendo l’unità, la singolarità, la forma o idea, l’altro il disordine, il crescere o siminuire che getta nell’errore. Mercé lo gnomone la matematica salva dall’altro, conferma nell’unità che è soggetta sì a crescita o diminuzione, ma mantenendo intatta la sua forma.

È alla teoria dello gnomone che ci si riferisce comunque nella teoria del numero sviluppata nell’algebra araba, di Cardano e Bombelli, nell’analisi di Viète, nella computazione algebrica di Newton, Raphson, Lagrange e Fourier, anche se tutti costoro dovettero rinunciare a menzionare le affermazioni di Filolao "per necessità di autoaffermazione". Queste ritegnose parole racchiudono in breve tutto il sarcasmo che si può immaginare in Zellini.

Egli non si limita a esplorare i testi greci ma indaga a fondo la matematica indù, i Sulvasutra o trattati del cordino, risalenti al periodo fra il VII e il II secolo a.C. Essi forniscono i metodi per calcolare la costruzione degli altari del fuoco (Agni) a forma di falco, perché come falchi si desidera volare nei cieli mercé il sacrificio al fuoco. Già nei Veda, d’altra parte, si parla di chi "prende le misure del sedile di Agni".

Questo ci sposta al periodo fra il 2000 e il 1500 a.C. I mattoni si disponevano come nello spazio i punti nella geometria greca a foggiare le sette parole fondamentali: quadrati, triangoli, rettangoli, cerchi, gnomoni, parallelogrammi, trapezi. L’ordine coerente fra le sette parole era il logos che si opponeva all’altro. Ma è la matematica babilonese che precede, giustifica la pitagorica. Essa sviluppò con cura straordinaria la moltiplicazione secondo lo gnomone. Furono primi i Babilonesi a computare i tempi del Sole e della Luna, le congiunzioni e opposizioni fra gli astri, il loro sorgere e tramontare. Ma col Bruno lo gnomone servirà anche a definire le regole della magia, la matematica della metafisica in senso stretto.


L’ultimo libro di Paolo Zellini sulle origini del pensiero matematico

Quell’ombra generò il numero

Tutto iniziò con lo "gnomon", antico strumento per misurare il tempo

di UMBERTO BOTTAZZINI (Il Sole-24 Ore, 19 DICEMBRE 1999) *

      • Paolo Zellini, "Gnomon. Una indagine sul numero", Adelphi, Milano 1999, pagg. 490, L. 60.000

"Secondo la natura dello gnomone". È questa la chiave di lettura, nascosta in un frammento di Filolao, che Zellini propone per capire come sono stati concepiti i numeri fin dall’antichità. "Ora però (questo numero), mettendo in armonia nell’anima tutte le cose con la sensazione, le rende conoscibili e le avvicina in un reciproco accordo secondo la natura dello gnomone, col dar corpo e col distinguere i rapporti delle cose, sia nell’infinito che nel finito". Cosa intendeva dire Filolao?

Gnomon, gnomone, in greco aveva diversi significati. Come racconta Erodoto, si misurava il tempo mediante l’ombra proiettata da uno stilo, lo gnomone appunto, piantato perpendicolarmente a un piano orizzontale. O più semplicemente, un bastone piantato perpendicolarmente al terreno. Lo stilo, il bastone con la sua ombra formano una figura a squadra, analoga alla "cornice" con cui nella scuola pitagorica si aumentavano i numeri quadrati ottenendo ancora dei quadrati. Pitagora aveva insegnato a rappresentare i numeri mediante un insieme di punti, una collezione di unità disposte secondo un ordine geometrico. Un numero quadrato, 4 ad esempio, era rappresentato da quattro punti posti ai vertici di un quadrato. Se si contorna il quadrato con una cornice di cinque punti a forma di squadra, uno gnomone appunto, si ottiene ancora un numero quadrato, 9. A partire dal punto-unità, l’aggiunzione successiva di punti disposti "secondo la natura dello gnomone" genera una successione di quadrati.

Col termine "gnomone" si indicava dunque ogni grandezza geometrica, come la cornice a squadra per i quadrati, che potesse aggiungersi o togliersi a determinate figure mantenendone inalterata la forma. "Questa tecnica di accrescimento (o di diminuzione) di forme spaziali come mezzo di generazione dei numeri finì per rappresentare non solo un momento iniziale, ma la chiave stessa di tutto un modo di concepire il numero e la misura in Occidente", afferma Zellini.

La chiave è rivelata da quel frammento di Filolao e, questa è la tesi discussa nel libro, "si potrebbe dire che un’intera sequenza di successive scoperte matematiche, nell’arco di almeno due millenni, ne è l’esegesi e il compimento". La scoperta dell’invarianza nel mutamento, l’adesione dell’anima all’esperienza del simile, sono elementi essenziali della filosofia pitagorica, costituiscono il fondamento di un universale principio di armonia. Secondo Pitagora, "l’anima è armonia, composizione e fusione di elementi contrapposti" e al numero, pensato "secondo la natura dello gnomone", compete lo stesso carattere di permanenza della physis. La permanenza che si afferma in opposizione al "diverso", osserva Zellini, per cui il numero e la physis finiscono entrambi per essere caratterizzati da un mutamento "conforme al logos, ovvero a un sistema di rapporti". Il logos, la ratio, diventano il vero soggetto del calcolo.

L’indagine sulle procedure elementari di calcolo della matematica antica rivela nelle mani di Zellini inaspettate profondità. Con una raffinata analisi dei testi e delle tecniche di calcolo, Zellini spiega come non solo l’algebra geometrica di Euclide, ma anche l’algebra degli Arabi, di Cardano e di Bombelli, l’analisi di Viete, la computatio algebrica di Newton e le tecniche numeriche elaborate da Fourier e Lagrange a cavallo dell’Ottocento, "sarebbero state debitrici - in un senso più stretto e immediato di quello che si può supporre di qualsiasi processo cumulativo della conoscenza - dello schema costruttivo gnomonico" cui allude il frammento di Filolao.

Dalla fine del Seicento in poi, i metodi di approssimazione numerica si sono affiancati alle "formule esatte" dell’analisi. Agli occhi di Zellini, una prima rivoluzione si verifica proprio alla fine del Seicento, con la creazione della nuova analisi infinitesimale di Newton e Leibniz, "un’estensione del concetto greco di logos dalle quantità finite a quelle infinitesime". Una seconda rivoluzione si ha poi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nostro secolo, quando si afferma l’idea che l’analisi si può ricondurre al numero e all’aritmetica ordinaria attraverso il concetto di insieme e operazioni di passaggio al limite. Infine, il nuovo sistema di idee e esperienze computazionali che ha accompagnato la terza rivoluzione, promossa dal calcolatore, ha dato nuovo significato al progetto di aritmetizzazione della matematica intrapreso alla fine dell’Ottocento.

Per John von Neumann, per Goldstine e i matematici del secondo dopoguerra che si impegnano in questo programma, si tratta di "constatare fino a che punto è effettivamente possibile ricondurre il continuo al discreto numerico mediante schemi di approssimazione e mediante algoritmi efficienti". Qui l’accento va posto sul termine "efficienti". Qui entrano in gioco problemi di stabilità e di complessità computazionale, in cui convergono tradizioni diverse, logico-fondazionali e applicative. Si scoprono le limitazioni insite nella risoluzione algoritmica dei problemi. La ricerca di algoritmi efficienti si interseca con le moderne teorie della calcolabilità elaborate da Turing in poi e ne eredita tecniche e finalità. Gli algoritmi degli antichi ci aiutano a comprendere le strategie più avanzate della matematica computazionale.

Alcune delle odierne tecniche di calcolo numerico utilizzano uno schema gnomonico, uno schema che in ultima analisi deriva da procedimenti messi in atto dalla matematica antica. Gnomon dunque non è solo una figura geometrica, afferma Zellini. È "una costruzione mentale" che si applica a problemi diversi secondo regole aritmetiche e algebriche che tuttavia "sono rigorosamente modellate su quella figura". Il continuo riapparire sotto forme diverse di uno stesso concetto, di uno stesso "modulo di ragionamento", consente dunque di riscoprire "il senso riposto dei dettagli più tecnici ed esoterici del lnguaggio algebrico e analitico".

Ciò che unisce l’uso arcaico dello gnomone alle formule "incrementali" dell’analisi, le più antiche formule ricorsive ai moderni criteri di controllo dell’errore nei calcoli numerici non è solo una semplice successione di tecniche, ma anche "un’idea inesprimibile e inesauribile che serviva a comprendere la natura", per la quale non esiste oggi, afferma Zellini, una parola adeguata. "Come se la crescita smisurata e la sorpendente potenza esplicativa dei primi concetti che avevano permesso di pensare la physis avessero anche, paradossalmente, fatto svanire il logos che ne teneva unita la compagine".

Nell’antichità i concetti matematici erano pensati come un logos divino, dotato del potere "straordinario e abbagliante" di collegare le cose e "rendere uguale il diverso". Gli umani "se ne impossessarono solo al prezzo di una trasgressione", la trasgressione di cui parla il mito di Prometeo, colui che seppe indicare "i cammini difficili da distinguere delle costellazioni" rivelando la difficoltà insita nell’atto di discriminare, di cogliere il valore esatto delle misure. La difficoltà di dominare il continuo col discreto, che si è tradotta "in un progetto gigantesco, commisurato alla sua origine divina" che attraversa la storia della matematica e, infine, ha portato alla "creazione di un congegno automatico, un automa intelligente, a cui delegare un compito altrimenti inattuabile". Un enorme e geniale artificio, "la computatio algebrica e il calcolo su grande scala", che a Wiener evocava la leggenda di Golem, ha alla fine preso il posto del logos.

"Verosimilmente - conclude Zellini - sia l’analisi che il calcolo numerico automatico debbono la loro origine ultima e il loro potere di esplicazione della ratio a un numero limitato di semplici costruzioni geometriche; e soprattutto a una di queste, lo gnomone quadratico, il numero deve quella funzione imitativa o partecipativa degli avvenimenti della physis che i pitagorici erano stati i primi a riconoscere, e che la matematica del Novecento ha cercato di inseguire in ogni dettaglio".


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