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MATEMATICA, TEOLOGIA POLITICA, E ANTROPOLOGIA: CONTIAMO E PENSIAMO ANCORA COME SE FOSSIMO NELLA CAVERNA DI PLATONE. NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN

CONTARE E PENSARE: MARE, "NUMERO E LOGOS". Un’intervista a Paolo Zellini di Antonio Gnoli - a cura di Federico La Sala

Mito e logos si incontrano nel quarto libro dell’Odissea (...) Faccio notare che siamo già alle soglie del problema filosofico di come l’unità si mantiene nel molteplice. E di questo senso originario è permeata la filosofia pitagorica (...)
venerdì 8 ottobre 2010 di Federico La Sala
[...] «Il mare, nella tradizione greca come pure in quella ebraica, era metafora del disordine, ma anche della sofferenza e della prova. Navigare sui flutti - affermava Porfirio - era un modo per "placare il demone della nascita", allo scopo di raggiungere un approdo finale nella terra promessa. Ma appena fuori dei flutti si incontra il numero. Nell’Odissea Proteo, dio del mare tanto ambiguo quanto veridico, appena fuori dall’acqua passa in rassegna il suo gregge di foche contandole cinque (...)

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> CONTARE E PENSARE: MARE, "NUMERO E LOGOS". ---- «Che cos’è il numero, che l’uomo lo può capire? E che cos’è l’uomo, che può capire il numero?» (di Piergiorgio Odifreddi).

domenica 30 ottobre 2011

È condivisibile ciò che dice Paolo Zellini nel suo libro “Numero e Logos”, ma resta sempre un “mare” di incertezze fra i due, simili a poli dell’universo che non ha dimensione per giunta. Di qui sembrerebbe avere buon gioco l’opinione a riguardo del matematico Piergiorgio Odifreddi nella sua postazione di ateo. Ma a volte il Logos, senza farsi notare, è più vicino a chi lo nega, che no, se si concepisce l’idea della comunanza fra “Numero e Logos”.

Mi sono posto la domanda se sia possibile colmare in qualche modo “razionale”, che pongo fra virgolette, quasi a non far scoppiare una bolla di sapone dalle proprietà direi miracolose sul questo tema. Ecco, colgo l’occasione per trarre spunto dalle bolle di sapone che incantano i bambini, ma allo stesso tempo affascinano gli scienziati, ispirano gli architetti, intrigano fisici e matematici che le usano come modello scientifico. Ma perché sono così studiate? Ma non è soltanto un gioco: queste creazioni di acqua e sapone sono state usate anche per progettare stadi.

Studiandole, i matematici hanno elaborato nuovi algoritmi, i chimici scoperto alcune strutture tridimensionali delle molecole, gli architetti costruito edifici avveneristici. Altro che gioco per bambini: far bolle di sapone serve anche a studiare le leggi della fisica. Le bolle di sapone FANNO ECONOMIA.

In effetti, le bolle di sapone sono oggetti in equilibrio fra alcuni principi fisici fondamentali. La loro forma, per esempio, non è un caso: «tende sempre a essere sferica perché in questo modo la superficie è la la più piccola possibile rispetto al volume d’aria che la bolla contiene. Se le bolle fossero cubiche, o tetraediche (a piramide), l’area della superficie esterna sarebbe decisamente maggiore. L’acqua e sapone ubbidisce cioè al principio detto “di minima azione”: le sue molecole tendono a disporsi nel modo più “economico” possibile, risparmiando sullo spazio», spiega Pietro Cerreta, fisico e ideatore di esperimenti che impiegano le bolle di sapone per dimostrare i principi delle fisica. Sono note che ho tratto dalla rivista Focus n.63 - Gennaio 1998

E poi altre proprietà come l’iridescenza senza trascurare il lato della geometria che tanto aderisce alla concezione della Trinità. Quando le bolle aderisco l’una all’altra non lo fanno a caso: che siano in ammassi o nella forma più difficile da creare, la catena, formano tra loro angoli di 120°, per occupare il minimo spazio. Giusto il simbolo del triangolo equilatero della Trinità, appunto Ma per contro lo stato delle bolle di sapone è oltremodo labile tale da far capire quando lo sia anche quello del Logos in questione, là dove si genera un insieme di uomini che hanno difficoltà ad andare d’accordo. Gesù, parlando ai suoi apostoli, spiegò loro quanto sia indispensabile la perfezione per essere in sintonia di Dio.

Dal canto mio, come già accennato, ho cercato di trovare dei nessi condivisibili tra “Numero e Logos”, ricorrendo appunto alla geometria che mi ha permesso di formulare due moduli con i quali ho riscontrato che le orditure architettoniche dei templi dell’antica Grecia, della Magna Grecia, dell’antica Roma dei Cesari, con gli archi di Trionfo, il Pantheon e persino le specifiche proporzioni ellittiche del Colosseo, vi sono informate. E questi due “numeri”, poiché si tratta di un rapporto, si aggiungono al noto Modulo architettonico (il diametro di base delle colonne) e la proporzione aurea. In particolare ho riscontrato che le orditure architettoniche anzidette erano informati a particolari due moduli proporzionali, ovvero a rettangoli i cui rapporti di base-altezza sono di 0,47 e 0,38. Di qui ho scoperto che potevano derivare da una peculiare e semplice geometria da me trattata tempo addietro e che riguarda la divisione a metà dell’area di un cerchio per mezzo di un arco di cerchio con centro sulla sua circonferenza [1].

Nel procedere dei saggi mi sono munito delle sagome, simile a calibri di riscontro, dei due moduli proporzionali, che ho simboleggiato con le lettere “m” per 0,472 ed “n” per 0,386. Il resto, attraverso una serie di riscontri di analisi grafiche di templi greci fra frontoni e piante, mi ha convinto che per essi i loro progettisti sono ricorsi ai moduli proporzionali suddetti, che mi hanno suggerito l’idea di due “testimoni vestiti di sacco”, come quelli dell’Apocalisse di Giovanni, che ora “resuscitano” grazie a me. A loro ho dedicato i seguenti saggi pubblicati sul mio sito

http://www.webalice.it/gbarbella/index.html:

“A Cesare quello che è di Cesare”. Due numeri nei loro archi di trionfo” [2],

“Altari dorati. Una matematica nascosta” [3],

“La Grecia denudata. I due moduli occulti” [4].

Restava da capire perché tutto questo è stato occultato, visto che non si può negarne l’esistenza come modulo di reale proporzionamento dell’architettura greca? Mi sono detto che è vero anche che i loro costruttori erano prima d’altro degli iniziati che teorizzavano lo schema strutturale dei templi ed altro affine e che la geometria relativa, la stessa da me concepita, era concettualmente una sacra ragione su cui mantenere l’assoluto segreto. Non si può negare che la suddivisione equa del cerchio attraverso un altro cerchio col centro affine è di grande valenza piuttosto che l’altra suddivisione a metà tramite il diametro. Il diametro è una retta ed è ben diversa da una curva che è della stessa natura del cerchio. Equità, dunque, in seno agli dei, ma anche un atto di sacrificio da parte dell’uomo che li venera. Per queste ragioni ho chiamato i moduli in questione, dell’“equità” e del “sacrificio” e tanto mi sembrano legarsi ai Dioscuri, Castore e Polluce..

Ma non mi ha convinto la teoria concettuale occulta per l’uso dei due moduli proporzionali in questione, altrimenti in qualche modo sarebbe comunque trapelata e da qualche fonte sarebbe pervenuta fino a noi, invece no. Allora ho pensato di spiegarlo col ricorso al noto principio della “sincronicità” delle “connessioni significative” casuali e non causali. Ed è proprio tra causalità e casualità, che Odifreddi colloca il terzo escluso: la “sincronicità”. Si tratta di un termine introdotto da Carl Jung nel 1950 per descrivere una connessione fra eventi che avvengono in modo sincrono e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma una evidente comunanza di significato. A sostegno della “sincronicità” Odifreddi colloca l’effetto Pauli, relativo al fisico austriaco premio Nobel nel 1945.

Gaetano Barbella

[1] http://www.webalice.it/gbarbella/altari_dorati.html [2] http://www.webalice.it/gbarbella/date_a_cesare.html [3] http://www.webalice.it/gbarbella/altari_dorati.html [4] http://www.webalice.it/gbarbella/i_moduli_occulti.html


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