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ESTETICA (E NON SOLO) E DEMOCRAZIA. PER LA CRITICA DELLA FACOLTÀ DI GIUDIZIO E DELLA CREATIVITÀ DELL’ "UOMO SUPREMO" (KANT).

CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico. Una nota di Federico La Sala

(...) È solo con Kant - scrive Hogrebe - che emerse veramente ciò che può essere definito un problema della costituzione; il problema cioè di fornire una serie di regole e di definirle come il quadro nell’ambito del quale sono in generale empiricamente possibili le operazioni cognitive (...)
venerdì 17 maggio 2024
"UN UOMO PIÙ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO"
LE DUE METÀ DEL CERVELLO. Il linguaggio del cambiamento
AL DI LÀ DELLA LEZIONE DI PAOLO DI TARSO (E DELLA SUA COSMOTEANDRIA): "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo [gr. ἀνήρ, (...)

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> CREATIVITÀ --- PSICOANALISI E FEMMINISMO: "DUE SGUARDI, COMPRESENTI INSEPARABILI, DELLA SUA VITA" E UN LIBRO ERETICO: «LA PORTA DELLE MADRI» DI MANUELA FRAIRE (di Caterina Venturini).

sabato 18 novembre 2023

CULTURA

Dentro la relazione dei corpi, tra pratiche e femminismo

      • SCAFFALE. «La porta delle madri», l’ultimo libro della psicoanalista Manuela Fraire edito da Cronopio

di Caterina Venturini (il manifesto, 27 settembre 2023)

      • [fOTO] Pablo Picasso, «Femme couché e lisant» (1939)

In un momento in cui il dibattito pubblico del nostro Paese, seguendo una tensione diffusa in Occidente, si è polarizzato su opinioni dogmatiche inconciliabili, soprattutto per quanto riguarda le grandi questioni etico-politiche conseguenti al non più ovvio legame tra madre, materno e femminile, esce un libro che partendo da posizioni consolidate non teme di interrogarne i nodi problematici, dovuti alle contraddizioni dei corpi, del desiderio e delle nostre identità sessuali sempre in mutamento.

In una parola: è appena uscito un libro eretico, La porta delle madri (Cronopio, pp. 146, euro 13) e lo ha scritto una grande psicoanalista femminista, Manuela Fraire, che potendo contare su due esperienze di vita ugualmente dense e importanti, una lunga militanza nel femminismo a partire dai gruppi di autocoscienza degli anni 70, e una professione analitica ricca di decenni, non ha avuto esitazione a unire questi due sguardi, compresenti e inseparabili, della sua vita. Sguardi che da sempre la interrogano sui limiti di alcune posizioni dell’una e dell’altra parte, un ancora eccessivo binarismo della psicoanalisi e il pericolo della desessualizzazione dei corpi in funzione del genere dell’ultimo femminismo, spingendola a scrivere quello che a tutti gli effetti si rivela un pamphlet di intenso ragionamento che non solo intreccia fili ed esperienze, ma rilegge anche i propri interventi del passato alla luce dell’attuale.

GIÀ IN UN CONTRIBUTO del 98, Fraire si opponeva «alla maternità come naturale e auspicabile meta della femminilità» credendo «che una decostruzione del paradigma materno da parte delle donne giocava in favore della libertà sia femminile che maschile». All’epoca non si parlava ancora di Gpa (Gestazione per altri) ma a una certa parte di femminismo, che pure aveva attraversato teorie e pratiche della differenza sessuale, era già chiaro come la procreazione non dovesse avere necessariamente come esito la maternità, e come la donna dovesse disgiungersi dalla madre.

Cosa resta allora di quell’enigma del materno che non può che cominciare con Freud, che nel 1932 scrisse che il dottor Breuer cinquant’anni prima aveva in mano la chiave della porta delle madri, ma la lasciò cadere, facendo intendere che quella chiave avrebbe voluto prenderla in mano lui, eppure - ci mostra Fraire - quella chiave non aprirà la porta delle madri fino al nostro secolo quando il femminismo da una parte, la psicoanalisi postfreudiana dall’altra e le nuove famiglie poi, schiuderanno nuovi scenari. Tramontata la famiglia edipica di madre-padre-figlio, c’è stata una riorganizzazione dei ruoli ancora in atto in cui prevalgono come elementi di novità, famiglie monogenitoriali o con due persone dello stesso sesso o in transizione, o che non hanno scelto nessuno dei due. Di questa genitorialità non binaria, non identificata né con un materno né con un paterno, ha senso occuparsi oggi per farsi domande che superino la questione di genere e tornino a occuparsi dei corpi (tutti) dal punto di vista di un sessuale che viene prima di qualsiasi attribuzione.

Tanto più che risulta ormai chiaro che la pulsione dell’infans proviene dalle fantasie che l’adulto (uomo o donna che sia) immette inconsapevolmente nelle cure primarie: fantasie non più asessuali, come voleva Freud ma che contengono la storia sessuale che l’adulto porta con sé (Laplance).

E allora dov’è la differenza tra madri e padri dal momento che chi viene al mondo riconosce molto presto voci diverse e non è solo in simbiosi con la madre? Piera Aulagnier, sempre citata da Fraire, dice che la nascita psichica di un bambino è frutto dell’incontro tra il discorso che gli/le è indirizzato e l’effetto che questo discorso ha sul suo essere/corpo, portando al centro della questione la reale differenza che è quella tra sessuale animale e sessuale umano: ossia il linguaggio che rende la madre biologica sostituibile.

«MADRI SI DIVENTA - dice Fraire - se lo si desidera, a separazione avvenuta tra feto e gestante: la maternità non è legata al corpo più di quanto non lo sia al linguaggio». Parole molto importanti che arrivano dritte al cuore di una questione in cui l’unica differenza tra maschile e femminile risulta, ancora al momento, nel fatto che solo all’interno del corpo delle donne avviene la creazione del vivente. Non a caso, ricorda Fraire, la più grande rivoluzione le donne l’hanno fatta con la depenalizzazione dell’aborto quando hanno affermato una signoria sul loro desiderio di procreare.

Legittimare questa pratica ha portato alla vera liberazione del loro desiderio di maternità, non più vissuta come un destino. Disgiungere definitivamente il femminile dal materno, ha dato anche agli uomini la possibilità di partecipare attivamente alla cura senza necessariamente la supervisione di una donna. Semmai, avverte Fraire, c’è ancora da capire le conseguenze che avrà sull’uomo un’esperienza che implica la totale dipendenza del, e dall’altro, cosa a cui la donna è allenata da secoli.


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