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ANTROPOTECNICA E ANTIGRAVITAZIONE. USCIRE DALLA CAVERNA PLATONICA, E NON RICADERE NELL’ILLUSIONE DEL SUPERUOMO ....

DALLA STALLA ALLE STELLE. Peter Sloterdijk ti ordina di "cambiare la tua vita" e allenarti all’ascensione, ma senza la lezione di Kant (e di Dante) il suo è solo e ancora il sogno dell’"uomo supremo" del nuovo "cattolicesismo per il popolo". Un’intervista di Marco Filoni - a c. di Federico La Sala

Le idee di Peter Sloterdijk hanno conquistato Habermas e gli studiosi francesi. La filosofia è un personal trainer. "Non si può sperare di cambiare il mondo ma solo di migliorare se stessi".
domenica 24 ottobre 2010 di Federico La Sala
[...] «La vita dell’essere umano non è soltanto una vita omogenea, pacificata e felice. Sente una tensione verso l’alto, una competizione a essere migliore rispetto ai suoi simili e a sé stesso. Un’idea espressa nei sistemi di esercizio antichi. I primi a incarnare questo modello, nella tradizione occidentale, sono stati gli atleti. Ma poco a poco si è generalizzato, è diventato un’ambizione di vita che ha formato il nucleo della nostra concezione filosofica della paideia, l’educazione. La (...)

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>Peter Sloterdijk --- Sfere I, Sfere II. Peter Sloterdijk rilegge l’intera avventura umana attraverso la più suggestiva delle figure geometriche: dalla polis fino all’era globale.

mercoledì 5 novembre 2014

Tutta la verità del mondo è racchiusa in una sfera L’opera monumentale del filosofo Peter Sloterdijk rilegge l’intera avventura umana attraverso la più suggestiva delle figure geometriche: dalla polis fino all’era globale

La prima “bolla” ci fu nell’antichità: mito e trascendenza controllavano le forme sociali

di Antonio Gnoli (la Repubblica, 04.11.2014)

      • I LIBRI Sfere I (pagg. 593 euro 36) e Sfere II (pagg. 941 euro 39) sono i due volumi di Peter Sloterdijk a cura di Gianluca Bonaiuti ( Raffaello Cortina Editore)

PETER Sloterdijk è un personaggio insolito. Metamorfico. Lo conobbi una decina di anni fa. Era agli esordi di una popolarità che nel tempo sarebbe cresciuta. L’incontro avvenne nel contesto del bellissimo festival di cinema che Enrico Ghezzi organizzava a Procida. Sloterdijk si aggirava spesso solo. Timido e intimidente. Presentò un documentario su un volo spaziale. Di quelle imprese che si affrontavano negli anni Settanta.

Mi sembrò singolare che un filosofo invece di parlarci di Platone, Aristotele o Kant ci intrattenesse sulle foto della Nasa e sulla stazione spaziale Mir, vista fantasiosamente come una sfera. Quei voli - commentò Sloterdijk - dimostravano come la tecnica era diventata un’entità “trascendente”. Superava, una volta per tutte, i confini che la Terra con la sua conformità rotondeggiante si era da sempre data. Il volo spaziale aveva inoltre sciolto quel nesso gerarchico tra alto e basso di cui la metafisica era stata per lungo tempo garante assoluta.

Ho ritrovato qualche spunto di quella storia nelle parti conclusive di Sfere che esce ora nelle edizioni di Raffaello Cortina in due ponderosissimi volumi (con una intensa introduzione di Bruno Accarino e la cura ottima di Gianluca Bonaiuti). Sempre sul punto di esplodere, per eccesso di immaginazione e di stravaganza, il libro si presenta come una straordinaria nave dei folli. Del resto, la navigazione ha un posto notevole nella riflessione di Sloterdijk. Il quale - sulla falsariga del suo illustre predecessore, Oswald Spengler - prova a riscrivere la storia del mondo occidentale attraverso il nascere e morire delle civiltà delle sfere.

Perché, ci si potrebbe chiedere, Sloterdijk privilegia proprio questa forma geometrica? Nelle sfere, come pure nella trasformazione in globi, in bolle, e in schiuma (l’ultima sostanza caotica che contraddistingue, a quanto pare, la nostra contemporaneità), il filosofo tedesco simboleggia il riprodursi di certi ambienti vitali che fin dall’antichità (si pensi alla casa, al villaggio, ma anche al ventre materno) hanno immunizzato la vita sociale dell’uomo.

Ciò che Sloterdijk ci prospetta è una originalissima storia della globalizzazione, di cui conosciamo i recenti effetti, ignorandone l’origine, le scansioni, gli sviluppi nel corso del tempo. La prima globalizzazione, ci avverte Sloterdijk, il mondo antico la realizzò nel controllo che la trascendenza e il mito seppero operare sulle forme sociali. La polis greca fu la prima vera bolla democratica. Il cui spazio politico contrastò quella “scienza del soffio” cui perfino Dio non si sottrasse, almeno da quando decise di animare due esseri che da perfette sfere divennero bolle precarie. Una “catastrofe sferologica”, osserva Sloterdijk, designò la cacciata dal paradiso.

La prima grande globalizzazione, dunque, è un evento che accade sulla scena teologica della creazione del mondo e nella testa di alcuni filosofi, le cui qualità speculative servono a controllare e domare l’impetuosità del reale. Le sfere sono lo spazio ideale che regola l’andamento del mondo, le sue pulsioni, le sue inopportune fragilità.

Le sfere, in altre parole, sono un campo di forze circoscritto in grado di proteggere l’uomo da se stesso e dagli altri. Quello spazio, tutto interno, ci dice Sloterdijk, disegnò, a un certo punto, un “cerchio magico”. L’espressione oggi carica di una stanca ovvietà politica, nell’epoca premoderna, diede alla legge dell’intersoggettività - ossia ai rapporti fra gli uomini - la forma dell’incantamento. Perché contro ogni previsione illuministica Sloterdijk vede nell’uomo un essere irrazionale, esposto alla trance, al sonnambulismo, alla possessione. E quando la fascinazione era la regola tra gli uomini, il disincanto rappresentava l’eccezione.

Con l’affermazione del moderno il disincanto da eccezione diventerà il sentimento prevalente. L’uomo non si aspetta più niente che non sia prodotto dalla sua scienza e dalla tecnica. Sloterdijk fa coincidere questo processo di esteriorizzazione con le grandi avventure oceaniche che interesseranno l’Europa a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento.

Le traversate, in nome delle scoperte e del commercio, daranno vita alla seconda grande globalizzazione. Grazie alla quale “non sono più i metafisici, bensì i geografi e i navigatori ad avere il compito di disegnare la nuova immagine del mondo”. A costoro verrà affidata la pratica anticontemplativa di ridurre i rischi che ogni grande navigazione, soprattutto transoceanica, presenta. Alle società di assicurazione spetterà il ruolo che un tempo ricoprivano le religioni. La sola metafisica che viene adottata è quella del denaro. E sebbene nel mondo tutto si diversifica e cambia, continuerà a vivere un Dio la cui moneta liturgica saprà tenere insieme anche le cose più diverse.

Nell’età del moderno tutto tende a proiettarsi verso un esterno sconfinato dove possono nascere nuove e provvisorie sfere. Le sole durature, ma oggi agonizzanti, sono gli Stati nazione che proprio in quel periodo fanno la loro comparsa. Per Sloterdijk anche nello spazio post-metafisico della modernità la sfera conserva il compito di proteg- gere l’uomo, ricondurlo a una sorta di idillio materno, in quel ventre dove la nascita ha avuto luogo al riparo da tutto.

Sfere è un libro strano, esuberante, immerso in una specie di liquido barocco. Un libro che rimpiange l’uscita definitiva dalle antiche sfere, dalle antiche case. Il mondo si è ormai trasformato in un’incredibile avventura termica. Fuori incombe e si propaga il freddo raggelante che la modernità con il suo illuminismo ha creato e combattuto con il calore artificiale. «Cosa abbiamo fatto liberando questa terra dal suo sole?» si è chiesto Nietzsche. La tecnica nei suoi processi emancipatori, con le sue potenti accelerazioni novecentesche, è il tentativo di soffocare nella comodità l’interrogativo posto da Nietzsche.

La seconda parte di Sfere si conclude con un capitolo intitolato Air conditioning . L’Occidente, nei suoi sbalzi di temperatura, negli stravolgimenti climatici, non può più fare a meno delle tecniche del freddo e del caldo. «La tradizione di tutti i climi estinti pesa come un incubo sugli stati d’animo dei viventi», osserva minaccioso Sloterdijk. La sferologia di cui egli è inventore e interprete qui trova un punto di contatto con l’ecologia: con le scelte dalle quali dipenderà la salvezza del pianeta. Bisognerà rinunciare ad alcuni privilegi del passato. Siamo, quasi inavvertitamente, passati da un’epoca di grandi azioni a un’epoca di grandi temi.

Vista dal di fuori, da quelle foto satellitari che tanti anni fa il nostro commentava, ci si apre a un nuovo interrogativo di salvezza. Non c’è nulla nella tecnica che non sia già contenuto nella metafisica. Ma se quest’ultima ha fallito come immaginare che l’altra possa farcela? Come poter pensare che l’”aria condizionata” sarà un fattore di salvezza per la razza umana e non la sua definitiva condanna?


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