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GLOBALIZZAZIONE E PACE PERPETUA. La Terra come il grande cimitero del genere umano ...

SENZA KANT, NESSUNA SPERANZA. Solo "cinque autoillusioni della politica nell’era globale". Una nota di Ulrich Beck - a c. di Federico La Sala

Autoillusione del mondo globalizzato, autoillusione nazionale, autoillusione neoliberista, autoillusione neomarxista, autoillusione tecnocratica.
mercoledì 27 ottobre 2010 di Federico La Sala
[...] Si pone perciò la questione-chiave: Com’è possibile la democrazia nei tempi del mutamento climatico? O, per formulare la domanda in termini ancora più incisivi: Perché lo sviluppo ulteriore della democrazia è la conditio sine qua non di una cosmo-politica del mutamento climatico? [...]
FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA.

Le cinque autoillusioni della (...)

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> SENZA KANT, NESSUNA SPERANZA. ---- “l’ancestrale vocazione al massacro della cultura occidentale” (di don Aldo Antonelli - Contro la dittatura della violenza).

sabato 27 novembre 2010

Contro la dittatura della violenza

(Prima Domenica di Avvento Anno A)

di don Aldo Antonelli

“Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Isaia 2, 4).

Parole di fuoco, che bruciano come paglia i principi delle politiche guerrafondaie che in questi ultimi anni hanno ripreso vigore e potenza; nel contempo fanno razzia delle accortezze prudenziali della chiesa silente e benedicente. I La Russa di casa nostra e i Ruini “domestici eius” vengono delegittimati e scomunicati da queste espressioni che come lampi squarciano il buio assassino di una storia impastata di sangue e violenza, illegalità e soprusi, dimentichi che “i cannoni non tuonano mai amore di patria, ma sillabano sempre in lettere di piombo la suprema ragione dell’oro”, come amava ripetere don Tonino Bello. Dopo le stragi delle due guerre mondiali, il mondo smembrato, disastrato e lacerato, ebbe l’ardire di sognare un domani diverso, al punto di scolpire queste parole di Isaia sul frontale d’ingresso del Palazzo delle Nazioni Unite. Esse stanno ancora lì, ma fuori del palazzo, bellamente scolpite su pietra, mentre i popoli lì dentro rappresentati continuano a produrre, commerciare ed usare armi e legittimare le guerre: monumento all’ipocrisia! Così come la scritta “La giustizia è uguale per tutti”, che fa bella mostra di sé nelle Aule dei tribunali che assolvono i potenti e condannano i poveri disgraziati. Così come le grandi enunciazioni sulla Pace in una Chiesa che benedice gli eserciti e battezza come eroi i mercenari. Un’ipocrisia condannata senza mezzi termini: “Guai a voi, scribi a farisei ipocriti che costruite le tombe dei profeti e adornate le tombe dei giusti” (Mt.23,29).

Mi si perdoni, ma come non rilevare una vena di ipocrisia anche nella contestualizzazione di questo brano nella liturgia della prima domenica di Avvento, là dove l’attesa non è rivolta, comunemente, alla venuta (Avvento) del Regno, bensì al Natale di Gesù Cristo, come se il Cristo non fosse già nato, non fosse già vissuto e non avesse parlato ed operato...! Cosicché quello che dovrebbe essere un messaggio da adulti, a che facciano scelte ardite per un futuro di pace, si riduce a sostanziarsi in una festa da “bambini” che accende la fantasia e spegne la profezia.

Dovremmo mettere fuori dal nostro cuore il concetto o, per usare la bellissima espressione di don Mazzolari, “l’esaltazione pagana della guerra"; il che comporterebbe quel necessario risveglio cui fanno appello l’invito paolino (“è ormai tempo di svegliarsi dal sonno”) e la raccomandazione evangelica (“Vegliate dunque”)! Discorso da adulti, quindi, nella convinzione che la politica può superare la guerra solo se la nega e che urge più che mai “disarmare gli animi armando la ragione” (C. M. Martini).

Contro quella che Italo Mancini soleva chiamare “l’ancestrale vocazione al massacro della cultura occidentale”, ed appunto nella vigilanza richiesta dai tempi della corruttela, si rende necessario un non più procrastinabile trapianto delle tanto declamate radici cristiane dalle presunzioni dell’orgoglio di parte alla responsabilità “pensante” dell’amore universale. "La ragione principale per cui la guerra c’è ancora non sta né in un segreto desiderio di morte della specie umana, né in un insopprimibile istinto di aggressione, né infine e più plausibilmente, nei seri pericoli economici e sociali che il disarmo comporta, ma nel semplice fatto che sulla scena politica non è ancora comparso nessun mezzo in grado di sostituire questo arbitro definitivo degli affari internazionali(...) Il guaio non è tanto che non abbiamo abbastanza sangue freddo da pensare l’impensabile, quanto piuttosto che non pensiamo" (Annah Arendt)

Aldo Antonelli


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