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IMMAGINARIO E POLITICA. ALLE ORIGINI DEL SUPERUOMO DI MASSA E DELL’ITALIA COME VOLONTA’ E RAPPRESENTAZIONE DI UN UOMO SUPREMO

KANT, GRAMSCI, E SIMONE WEIL. PER LA CRITICA DELL’IDEOLOGIA DELL’UOMO SUPREMO E DEL SUPERUOMO D’APPENDICE. Materiali sul tema - a cura di Federico La Sala

(...) Nel carattere popolaresco del “superuomo” sono contenuti molti elementi teatrali, esteriori, da “primadonna” più che da superuomo; molto formalismo “soggettivo e oggettivo”, ambizioni fanciullesche di essere il “primo della classe”, ma specialmente di essere ritenuto e proclamato tale (...)
sabato 17 giugno 2023
KANT - [...] In quest’uomo sterminato vi è un continuo ed intimo commercio di uno spirito con tutti gli altri e di tutti con uno; e, qualunque possano essere la posizione reciproca degli esseri viventi in questo mondo o il loro cambiamento, essi hanno tuttavia nell’uomo supremo un tutt’altro posto, che non mutano mai, e che in apparenza è un luogo in uno spazio immenso, ma in realtà un determinato modo dei loro rapporti e influssi [...]
GRAMSCI - [...] Il tipo del “superuomo” è (...)

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> KANT E GRAMSCI. PER LA CRITICA DELL’IDEOLOGIA DELL’UOMO SUPREMO E DEL SUPERUOMO D’APPENDICE. --- Per Diego Fusaro, Hegel sta a Marx, come Gentile sta a Gramsci (di Claudio Gallo - Rileggere Gramsci come antidoto all’indifferenza).

martedì 10 marzo 2015

Rileggere Gramsci come antidoto all’indifferenza

di Claudio Gallo (La Stampa, 10.02.2015)

Antonio Gramsci, chi è costui? Abbandonando l’imperfetto della citazione manzoniana, Diego Fusaro spiega in un agile testo di Feltrinelli (Antonio Gramsci, pp 175, €14) perché il pensatore sardo merita di essere riletto al presente.

Fusaro accoglie amorevolmente Gramsci nel proprio orizzonte di pensiero. Ne nasce una visione stimolante, che farà balzare dalla sedia i più tradizionalisti. La questione del rapporto dell’autore dei Quaderni dal carcere con il Partito comunista di Palmiro Togliatti, periferica alle intenzioni dell’opera, è appena affrontata. Abbastanza, però, per capire che l’autore si schiera con chi ritiene il Pci colpevole di aver volontariamente lasciato languire Gramsci in prigione, per liberarsi di un critico scomodo. Salvo poi innalzarlo agli onori museali, tra gli dei oziosi del comunismo italiano.

Perché, allora, rileggere l’Ordine Nuovo o i Quaderni? Nel discorso che dialetticamente si compone attraverso quelle opere, Fusaro vede un potente antidoto al Pensiero Unico, la società imbalsamata nel presente, senza possibilità di alternative future, che il filosofo torinese ha più volte tratteggiato come l’ideologia (totalitaria) del capitalismo avanzato.

Fin dall’editoriale del numero unico della rivista La città futura, dell’11 febbraio 1917, intitolato Odio gli indifferenti, Gramsci si schiera appassionatamente contro chi cede al fatalismo e al cinismo di fronte a una realtà percepita come ingiusta, per disperazione o convenienza. Scrive Fusaro: «Se come Gramsci ama ripetere in questo scritto del ‘17 (e si tratta di un modus operandi a cui sempre resterà fedele) “vivere vuol dire essere partigiani”, allora non può esservi spazio per passioni tristi come l’indifferenza e la rassegnazione, il cinismo e il disincanto: amore e odio e “fantasia concreta’” devono diventare le tonalità emotive dominanti dell’essere al mondo dell’uomo».

Parole che acquistano il loro senso forte in questa epoca anestetizzata e impotente, senza speranze al di fuori del cerchio angusto dell’individualità. Senza alternative soprattutto. Se si torna più indietro però, tutto diventa più complicato: è stata proprio l’alternativa amico/nemico infatti a insanguinare il Novecento. Ma questo è un altro discorso.

Secondo Fusaro, la genialità ancora attuale di Gramsci sta nell’aver corretto con la sua filosofia della prassi, in grande anticipo sulla storia, le interpretazioni positivistiche e deterministiche di Marx. Sintesi di volontarismo e dialettica storica, la praxis gramsciana, permette una sorprendente equazione: Hegel sta a Marx, come Gentile sta a Gramsci. In questa linea di pensiero, che lascerà a bocca aperta i marxisti classici per l’accostamento dei «due grandi italiani», sta la maggiore originalità del saggio.


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