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RIPENSARE L’EUROPA, IL CRISTIANESIMO E LA DEMOCRAZIA, A PARTIRE DALLA LEGGE DELLA UGUAGLIANZA ("LEY DE IGUALDAD") DEL GOVERNO DI ZAPATERO ...

CON LA SPAGNA DI "PUERTA DEL SOL", PER LA DEMOCRAZIA "REALE", SUBITO: RIPRENDERE IL FILO SPEZZATO DELL’UMANESIMO RINASCIMENTALE - E ANDARE OLTRE. IL MESSAGGIO DELLA "CAPPELLA SISTINA" CARMELITANA (1613) RITROVATO A CONTURSI TERME (SALERNO). Documenti e materiali sul tema - a c. di Federico La Sala

DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE. Note sul "Poema" rinascimentale di un ignoto Parmenide carmelitano (ritrovato a Contursi Terme nel 1989). La prefazione di Fulvio Papi e parte della premessa del lavoro di Federico La Sala
martedì 5 novembre 2013 di Federico La Sala
In fondo, in pdf, un pieghevole sulla Chiesa del Carmine di Contursi Terme (Salerno).

CARMELITANI SCALZI ED ECUMENISMO: STORIA E MEMORIA. Ritrovato nel salernitano "file" perduto del tardo Rinascimento
[...] Nel 1608, in piena bufera controriformistica, pochi anni prima che in tutta Europa divampassero le guerre di religione e che il filologo Isaac Casaubon (De rebus sacris et eccleslasticis exercitatíones
XVI. Ad Cardinalis Baronii (...)

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> CON LA SPAGNA DI "PUERTA DEL SOL", PER LA DEMOCRAZIA "REALE", SUBITO: RIPRENDERE IL FILO SPEZZATO ---- Gli indignati di «Occupy Wall Street» invadono le strade di Downtown Manhattan. Lo slogan: finite la guerra, tassate i ricchi.

giovedì 6 ottobre 2011

Indignati, le bandiere rosse sfilano a Wall Street

In piazza con i manifestanti anche studenti e sindacati. Lo slogan: finite la guerra, tassate i ricchi

di Maurizio Molinari (La Stampa, 06.10.2011)

Con una inattesa dimostrazione di forza gli indignati di «Occupy Wall Street» invadono le strade di Downtown Manhattan riempiendo a migliaia Foley Square al grido di «End the War, Tax the Rich», fine alla guerra e tasse ai ricchi. Tutto inizia a Zuccotti Park alle 15, le 21 in Italia.

Tutto inizia quando l’accampamento dei drappelli protestatari su Liberty Street accoglie una marea umana multicolore. il popolo delle associazioni studentesche e delle Unions, i sindacati degli operai di New York. Fino a questo momento gli indignati di «Occupy Wall Street» sono stati soli nella sfida all’«avarizia dei ceo» iniziata il 17 settembre, negli scontri con la polizia sabato sera sul Ponte di Brooklyn e nelle notti trascorse nei sacchi a pelo, giocando a scacchi o suonando i tamburi. Ma con l’arrivo di insegnanti ispanici, operai filippini, studenti universitari, magliette blu degli idraulici del Bronx, insegne rosse delle «famiglie lavoratrici» e un’infinità di altre sigle del proletariato urbano cambiano i numeri e anche l’impatto della rivolta che si propone di «trasformare Wall Street in Piazza Tahrir» come riassume Jouno, 20 anni, studentessa di Portland, Oregon.

L’appuntamento fra gli studenti e i sindacati avviene con puntualità sotto gli occhi di dozzine di agenti, schierati con auto, mezzi e anche le torrette bianche che consentono di osservare tutto dall’alto. L’abbraccio fra le diverse anime della protesta si svolge all’incrocio fra Liberty Street e Broadway attorno ad un piccolo cartello bianco con scritto «Jobs» (posti di lavoro), che diventa la testa del corteo. Gli ordini della polizia sono rigidi: chi invade le corsie stradali rischia l’arresto. E così a centinaia risalgono Broadway verso Nord invadendo i marciapiedi.

Al passaggio di cartelli «Eat the Rich» (Mangia i ricchi), gruppi di improvvisati suonatori jazz e cori «Siamo il 99 per cento, unisciti a noi» succede di tutto. I turisti messicani si sporgono dagli autobus facendo con le dita il segno di vittoria, dal negozio di AT&T all’angolo con Vesey Street i commessi afroamericani escono applaudendo, davanti al Sun Building un passante caraibico alza al cielo il pugno nero dell’orgoglio afro, alcuni broker bianchi contestano la protesta e vengono subissati dai fischi. Lo schieramento di polizia è massiccio ma il servizio d’ordine dei manifestanti non ha sbavature, ripete in continuazione «restate sui marciapiedi» facendo ricorso anche ai megafoni.

L’obiettivo è arrivare a Foley Square, la piazza davanti al tribunale di Manhattan intitolata al combattivo fabbro che a fine Ottocento contribuì a creare il partito democratico cittadino. Sono da poco passate le 17, le 23 in Italia, quando la testa del corteo entra nei giardini. Ad accoglierla c’è un’orchestra di tamburi e trombe e un’altra massa di manifestanti, ancora dei sindacati come anche di MoveOn.org, l’associazione ultraliberal che nel 2008 tanto contribuì all’elezione di Barack Obama e che continua ad essere finanziata da George Soros, lo spericolato speculatore che si è schierato a favore di «Occupy Wall Street».

Foley Square si trasforma rapidamente in un tappeto umano che contiene oltre 10 mila anime, forse di più. Sventolano i drappi rossi dei socialisti, le bandiere americane rovesciate dei pacifisti, i colori dei cubani che auspicano «il risveglio popolare» e, sui gradini del tribunale, campeggia un grande striscione con scritto a caratteri cubitali «Revolt». Ad averlo confezionato sono due ragazze, Kerry di Miami e Lora di New York. «Rivolta non significa prendere le armi ma auspicare un grande cambiamento - dice Kerry, tenendolo bene in alto - proprio come avviene nel linguaggio musicale». Per Lora «qui stiamo facendo la storia e abbiamo voluto dare un nostro contributo». Pochi gradini più sotto un ragazzo con una maschera dorata assicura nel suo cartello che «la lotta di classe sta arrivando» e in effetti nella piazza ricolma sono temi e colori della sinistra radicale a prevalere.

Dei militanti del Tea Party visti pochi giorni prima a Zuccotti Park non c’è traccia e i sostenitori del repubblicano Ron Paul riescono a farsi largo a fatica solo gridando «End the Fed», poniamo fine alla Banca Centrale. Gli avversari di Obama tuttavia non mancano: dai ragazzi di Queens con le magliette anti-Barack agli irridenti adesivi sulla «speranza mai avveratasi» con tanto di effigie presidenziale.

La piazza degli indignati non si riconosce in leader e partiti esistenti, sfida tutti, accomunata dalla convinzione che si possa mettere fine alla crisi finanziaria «terminando la guerra e tassando i ricchi» al fine di rovesciare un mondo dove «i cittadini falliscono e le banche vengono salvate», come gridano i cori ritmati. Quando su Manhattan arriva il tramonto, gli indignati sfollano ordinatamente, tornando a Zuccotti Park dove da oggi si sentono più forti e meno isolati. Anche perché i sit-in di protesta si moltiplicano da Los Angeles a Boston.


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