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IL MESSAGGIO EVANGELICO, IL PARADOSSO ISTITUZIONALE DEL MENTITORE, E LA CATASTROFE DELL’EUROPA. “Come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?” (Emil L. Fackenheim, Tiqqun. Riparare il mondo).

DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO: IL PROGRAMMA "ANTICRISTO" DEL CATTOLICESIMO-"ROMANO". LA LEZIONE CRITICA DI KANT. Alcune luminose pagine da "La fine di tutte le cose", nella trad. di Giuseppe De Lorenzo - a c. di Federico La Sala

Se al Cristianesimo dovesse una volta avvenire che cessasse di esser benigno (il che potrebbe accadere, se si armasse di autorità imperativa, invece del suo spirito mite), allora (...) subito dopo, siccome il Cristianesimo invero è destinato ad essere religione universale, ma dal destino non sarebbe stato aiutato a divenirlo, avverrebbe, sotto l’aspetto morale la (inversa) fine di tutte le cose.
domenica 28 ottobre 2012 di Federico La Sala
[...] Il Cristianesimo ha per intenzione quella di promuovere amore alla osservanza del proprio dovere, e lo produce anche: perché il suo fondatore non parla nella qualità di un comandante, che esprime la sua volontà richiedente ubbidienza, ma in quella di un amico dell’uomo, che mette nel cuore dei suoi fratelli la loro propria bene-intesa volontà, secondo la quale essi agirebbero da se stessi volontariamente, se si saggiassero come si conviene [...]
MESSAGGIO EVANGELICO E ILLUMINISMO, (...)

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> DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO: IL PROGRAMMA "ANTICRISTO" DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. --- Croce: ecco l’Anticristo moderno. Così denunciava sul «Corriere» l’irrisione sprezzante degli ideali (di Cesare Segre).

giovedì 13 gennaio 2011

Croce: ecco l’Anticristo moderno

Così denunciava sul «Corriere» l’irrisione sprezzante degli ideali

di Cesare Segre (Corriere della Sera, 13.01.2011)

È naturale che il «Corriere della Sera» , finita la brutta parentesi fascista, nella quale a Benedetto Croce era impedita quasi qualunque attività pubblica, abbia voluto annoverare il filosofo tra i suoi collaboratori più illustri. Croce infatti rappresentava e teorizzava principi politici e civili analoghi a quelli fondativi del «Corriere» , sempre nel solco di una tradizione risorgimentale e di ideali liberali. L’ospitalità del «Corriere» a Croce intendeva certo simboleggiare il ritorno alla tradizione «legittima» abbandonata troppo a lungo.

Ma anche dal punto di vista operativo, la collaborazione di Croce, che era, oltre che un grande filosofo e critico, pure un uomo politico, prometteva di muoversi con sicurezza tra le teorie e la pratica della vita associata. Idea felice, dunque, come lo è stata ora quella della Fondazione Corriere della Sera, di raccogliere in un elegante volumetto di 340 pagine tutti gli articoli pubblicati nel giornale da Croce (Benedetto Croce e il «Corriere della Sera» 1946-1952, a cura di Giuseppe Galasso, Fondazione Corriere della Sera), nonché la corrispondenza tra Croce e i direttori relativa a questa collaborazione, e infine le recensioni a opere di Croce apparse nel «Corriere» .

La vivace introduzione di Galasso è dedicata in prevalenza a questioni relative ai rapporti collaboratore-giornale, talora complessi e perfino curiosi. Croce, nella sua Napoli, era abituato a mantenere, in ambito di copyright, abitudini poco formali, inadatte a un grande quotidiano nazionale: in sostanza, aveva dato un’autorizzazione previa ai giornali napoletani e ai loro direttori, per anticipare estratti da sue pubblicazioni su rivista, persino per distribuirseli senza avvertire. Gli amici direttori erano sempre a contatto con il filosofo, e correvano subito a pubblicare quanto possibile di suo, senza farsi problemi di priorità.

I direttori del «Corriere» , soprattutto Emanuel e Missiroli, cercavano invece di evitare che articoli scritti per il «Corriere» uscissero precedentemente in altri quotidiani, violando il principio dell’esclusività. Una lotta che continua sino alla fine, quando Croce, cedendo alle richieste dei direttori, ottiene però di poter derogare, collaborando saltuariamente anche al «Giornale d’Italia» . Questo volume presenta una grande varietà di argomenti, tanto che potrebbe esser letto come un’antologia di Croce, le cui altissime qualità stilistiche sono ben note. Metterei in primo piano gli scritti di carattere memoriale, di grande importanza quando portano il lettore a quel periodo prefascista nel quale Croce fu senatore e ministro (governo Giolitti, 1920-1921).

Di quanto si fece e si pensò in quegli anni travagliati, Croce è dunque informatissimo, e ci scopre particolari determinanti per la comprensione degli avvenimenti. Interessato più all’uomo che alle cariche, Croce è altrettanto acuto ritrattista di Giolitti, che ammirava, e di personaggi di secondo o terzo piano, come Vincenzo Galizzi. Non mancano in queste pagine aneddoti divertenti, specie per i rapporti con il re e col principe di Piemonte, ignavi nei riguardi del dittatore, e sordi alle speranze dei migliori in iniziative per il suo licenziamento. Ebbe luogo a esempio un incontro clandestino con la principessa Maria José, che voleva il parere di Croce sulla situazione italiana; l’incontro, a Pompei, fu organizzato con tutte le cautele di un convegno amoroso.

Belle anche le pagine su Mussolini, con il giudizio tombale: «Non è stato neppure un mysterium iniquitatis, ma soltanto un povero diavolo, portato su dalle condizioni dei tempi, propizie agli avventurieri» . Molti gli articoli di carattere letterario, come su L’ami des femmes di Dumas, o su Henri Becque e il teatro francese dell’Ottocento (anche con qualche ricordo sulle proprie esperienze teatrali); bellissimo il confronto tra due strofe di Goethe e di Carducci, o la riflessione sulla poesia della donna in De Sanctis.

E a proposito di donne, colpisce lo sforzo di comprensione, evidente in due articoli, per una certa categoria femminile su cui si rischia di pronunciarsi troppo severamente, o troppo indulgentemente: alludo alla cortigiana e poetessa Veronica Franco e all’eroina della Dame aux Camélias di Dumas, Marguerite Gautier, diventata poi La Traviata di Verdi. Nel giudizio, non esplicitato, su Veronica, Croce fa entrare le difficoltà pratiche e la povertà, l’attenzione generosa a figli e nipoti, la venerazione per le virtù, la sincerità dei sentimenti amorosi, la serietà del pentimento. E quando si trova davanti a un’altra Veronica, la «ministra di voluttà» Marguerite Gautier, mostra di partecipare all’ammirazione del pubblico per questa donna straordinaria ed eroica, e semmai condanna L «atto chirurgico» con cui essa ritorna alla sua vita dissoluta per disgustare l’uomo che adora: si tratta, dice, di un’ «azione contraria al rispetto di se stessa» . Dunque la vera «dame aux camélias» è ancora superiore a come appare nelle romantiche versioni di Dumas e di Verdi. Croce filosofo si affaccia spesso in queste pagine, per esempio dibattendo sul concetto di progresso, o sull’esistenza di verità estranee alla nostra ragione, o sul contrasto tra le teorie di Marx e la pratica politica della Russia sovietica.

Molto felici le pagine sull’Anticristo, interpretato, al di fuori dell’apocalittica giudaico-cristiana, come «disconoscimento, negazione, oltraggio, irrisione dei valori e degli ideali, dichiarati parole vuote, fandonie, o, peggio ancora, inganni ipocriti per nascondere e far passare più agevolmente agli occhi abbagliati l’unica realtà che è la brama e cupidità personale indirizzata tutta al piacere e al comodo» . Questo gruppo di testi conservati nell’Archivio del «Corriere» si rivela un vero tesoro. E chissà quanti altri tesori potranno venire fuori nei futuri volumi della serie che con questo ha inizio.


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