di Roberto Galullo
Il plurindagato Peppe Scopelliti (a Reggio Calabria e Catanzaro per vicende legate a gestione amministrativa e sanitaria) è uscito fuori dai radar dei media di centrodestra sempre pronti a osannare il modello Reggio Calabria prima e il modello Regione Calabria poi e sempre avidi nel riversare vomito e bile contro chi critica questi prototipi amministrativi.
Ora che il plurindagato conta solo sulla sua rete di protezione vedrete che le fanfare torneranno a suonare e lui tornerà a tuonare contro i giornalisti cialtroni (io sono, con orgoglio, tra questi come ha pubblicamente dichiarato).
Senza andare indietro nel tempo, nel giro di pochissimi mesi l’ex sindaco e attuale governatore sì è trovato fisicamente dalle passarelle pubbliche in cui sedeva fianco a fianco con i vertici della Procura reggina, virtualmente alle passarelle delle aule giudiziarie in cui il suo nome compare e ricompare come un tormentone. Lo stesso è accaduto per il Comune di Reggio che, nonostante l’ascesa del suo braccio destro Demetrio Arena, sta a Scopelliti come Maradona sta al calcio. Lo stesso sta accadendo alla Regione Calabria, ora da lui governata, scossa da scandali come nemmeno ai tempi di Chiaravalloti e Loiero.
Quel che racconto ovviamente non è e non sarà mai l’anticipazione di un giudizio di natura giudiziaria o processuale (che compete solo ed esclusivamente a pm e giudici) ma è la cronaca (temporale) che chiama in causa un Governatore plurindagato, per quel che mi riguarda assolutamente innocente fino ad un eventuale terzo grado di giudizio. E quel che racconto serve per ragionare sul fatto che i nemici del Governatore plurindagato non sono i giornalisti cialtroni (ovviamente è lui che ci vede come tali e non i giornalisti che vedono in lui un obiettivo, visto che nella vita c’è molto di meglio da fare che pensare al figlioccio politico di Ciccio Franco) ma - sembrerebbe da una lettura politica - addirittura pm, giudici, dirigenti del Tesoro, Ue, Governo, Comandanti dei Carabinieri oltre che (e qui si può capire meglio) pentiti di ‘ndrangheta. Dura chiamarli tutti e contemporaneamente all’azione complottarda ma tant’è: c’è chi vuol farlo credere. E se fosse semplicemente saltato un tappo? E che tappo....