«Alex Langer maestro di carità» L’Avvenire celebra il verde suicida
di Paolo Di Stefano (Corriere della Sera, 29 gennaio 2011)
Che cosa ci fa Alexander Langer sulla copertina di «Agorà», l’inserto culturale dell’ «Avvenire» ?
Che cosa ci fa sul giornale dei vescovi italiani il viso gentile e sorridente del militante di Lotta
continua, del leader ecologista morto suicida la sera del 3 luglio 1995 sotto un albero di albicocche
del suo piccolo frutteto di Pian dei Giullari?
Se qualcuno si meravigliasse della celebrazione che il
quotidiano cattolico ha dedicato ieri all’ «eretico» Langer, legga l’articolo di Goffredo Fofi, tratto
dall’introduzione alla nuova edizione de Il viaggiatore leggero (Sellerio), che raccoglie, a cura dei
suoi amici Edi Rabini e Adriano Sofri, gli scritti dal 1961 al 1995. Per quanto possa stupire, ha fatto
bene l’ «Avvenire» ad aggiungere nell’occhiello l’aggettivo «cristiano» .
Non si tratta certo di
un’annessione forzata. E non solo perché, come spiega Fofi, a dispetto di una lettura superficiale
della sua personalità, il politico (se così si può definire, semplificando) di Vipiteno è stato anzitutto
un maestro di «carità» intesa nel senso evangelico: «Se si dovesse chiudere in una formula ciò che
Alex Langer ci ha insegnato, essa non potrebbe che essere: piantare la carità nella politica (...)» .
Ma
anche perché il rovello religioso accompagna con costanza la sua vita: tant’è vero che la raccolta di
articoli -apparsi su quotidiani, riviste e rivistine anche minime -si apre con le ragioni che il
quindicenne Alex rivendica nell’appartenenza alla Congregazione Studentesca Mariana (definita
orgogliosamente un gruppo di «giovani disposti ad impegnarsi veramente per la vittoria del regno di
Dio»), prosegue con le considerazioni sulla forza rivoluzionaria del Cristianesimo e si conclude, a
quarant’anni di distanza, con una sorta di lettera aperta a san Cristoforo, allegoria del camminatore
instancabile verso una Grande Causa.
«Il primo ideale universale che riesce a convincermi ed a coinvolgermi -così Langer ricorderà gli anni giovanili -è quello cristiano. Leggo, rifletto, prego» . È questo il suo primo impegno: «Cerco di lavorare in senso ecumenico». E alla fine, non fu certo un caso che in uno dei biglietti d’addio che lasciò nella sua auto, dove confessava drammaticamente che «i pesi mi sono divenuti insostenibili», citasse il Vangelo di Matteo: «Venite a me voi che siete stanchi ed oberati».
Alla domanda del piccolo Alex «perché papà non va mai in chiesa?», sua madre rispondeva che «non conta tanto in che cosa si crede ma come si vive». Certo, Langer, i cui genitori (il padre era di origini ebraiche) non accolsero di buon grado le sue precoci istanze di fede, fu tutt’altro che un cattolico ortodosso.
Si avvicinò all’area del dissenso (è del ’ 69 un saggio sulla «falsa democratizzazione della Chiesa») e da studente conobbe padre Balducci e divenne amico di don Milani, la cui Lettera avrebbe tradotto in tedesco.
Vissuto al confine tra le lingue (ne conosceva cinque), tra cultura tedesca e italiana, tra cattolici e cattolici, tra ebraismo e cattolicesimo, tra religione e laicità, tra socialismo ed ecologia, tra politica e impolitica, Langer cullò «il progetto semplicissimo e immenso di far da ponte tra le parti in lotta». Fallì, aggiunge Fofi, e quel progetto «gli costò infine la vita». Del resto, la carità, per Alex, come si diceva, «è al centro di tutto, come voleva san Paolo -più della speranza e più della fede». Anche per questo, probabilmente, pur aderendo al movimento abortista si dichiarava moralmente sensibile alle ragioni opposte. E in un’intervista del ’ ’94 metteva in guardia la biotecnologia dal volersi sostituire a Dio impossessandosi della possibilità «di scegliere che tipo di esseri viventi devono nascere e devono popolare il mondo»: non era dogmatico, anzi sosteneva che «a volte bisogna accettare di essere chiamati traditori dai propri compagni».
Qualche anno fa alcuni politici di Bolzano si opposero alla proposta di dedicargli una via, perché non si può rendere onore a un suicida. Ma il suicidio, si sa, è un mistero di fronte al quale è bene tacere. Evitare le interpretazioni postume o, peggio, le condanne preventive. Chissà che scandalo, per quei politici, leggere sull’ «Avvenire» di ieri una pagina intera su quel viaggiatore leggero.