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In memoria di Sigmund Freud, innammorato dell’Italia - a gloria eterna ...

POLITICA E URBANISTICA. ROMA E I "SETTE COLLI": LO SCEMPIO DEL “TERRITORIO” E LE “CAMERE” SGARRUPATE!!! L’allarme dell’Accademia dei Lincei. A "Lucio Camurzio Punico" e al prof. Giovanni Garbini, un ringraziamento e un omaggio - di Federico La Sala

mercoledì 15 agosto 2018 di Emiliano Morrone
[...] il socio dell’Accademia, il prof. Giovanni Garbini, ordinario di filologia semitica all’Università di Roma “La Sapienza” e autore - tra tante altre opere - di una eccezionale traduzione del Cantico dei cantici (Paideia Editrice, Brescia 1992), che rende e restituisce - contro tutte le menzogne e le disperazioni - il v. 8.6 (“Amore è più forte di Morte”) al suo valore e splendore assoluto [...]
La "Camor-ra" ... e le "Camer-e" sgarrupate!!!
NAPOLI e LA CAMORRA. (...)

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>LO SCEMPIO DEL “TERRITORIO” --- La morbosa politica “culturale” dei Grandi Eventi rende praticamente inimmaginabile una campagna di manutenzione ordinaria a tappeto (Tomaso Montanari)

giovedì 10 luglio 2014

Napoli.

La vita di un ragazzo: il prezzo da pagare per aver abbandonato le città

di Tomaso Montanari (Il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2014)

Dopo cinque giorni di agonia, ieri Salvatore Giordano è morto: a quattordici anni. Sabato era stato colpito da alcuni calcinacci staccatisi dal soffitto della Galleria Umberto I, nel cuore di Napoli. Perché è successo? Di fronte a eventi terribili come questo, ci si è sempre interrogati. Gesù, nel Vangelo di Luca, sfida le superstizioni dei benpensanti del suo tempo: “Quei diciotto sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico”.

Oggi, invece, ci chiediamo: si poteva evitare? È davvero una fatalità? O è colpa di qualcuno? Non è possibile non vedere il nesso tra la tragica morte di Salvatore Giordano e l’abbandono di ogni manutenzione delle nostre città. Il centro storico di Napoli si va lentamente disfacendo, nell’indifferenza generale: ma il problema non è solo di Napoli.

Il 4 gennaio 2012, alle cinque di pomeriggio, a Firenze si rischia una strage: dalla Colonna dell’Abbondanza, nell’affollatissima Piazza della Repubblica, si stacca un frammento lapideo di ottanta chili, che precipita al suolo, miracolosamente senza ammazzare nessuno. Sempre a Firenze, pochi giorni fa quel miracolo non si è ripetuto: un ramo staccatosi da un albero nel Parco delle Cascine ha ucciso una donna e la sua nipotina. “Alla manutenzione, l’Italia preferisce l’inaugurazione”. Lo scriveva Leo Longanesi nel 1955, e oggi è ancora più sistematicamente vero.

La morbosa politica “culturale” dei Grandi Eventi rende praticamente inimmaginabile che un ministro o un sindaco trovino conveniente annunciare una campagna di manutenzione ordinaria a tappeto: troppo poco, troppo grigio, troppo umilmente anonimo. Ma il problema è ancora più profondo, e riguarda la mentalità indotta dal consumismo di massa nella sua fase estrema e (chissà) finale: è l’idea stessa della conservazione, della cura quotidiana degli oggetti ad essere uscita dal nostro orizzonte mentale. Se questo è vero per il nostro stesso corpo, lo è ancora di più per il corpo delle nostre città.

Non è difficile oggi capire l’ardimento visionario con cui nacque, per esempio, Venezia: difficile è capire il lavoro quotidiano della Repubblica Serenissima, che incessantemente ha curato la Laguna ogni giorno di ogni mese di ogni anno di ogni secolo. Eppure, senza quel lavoro quotidiano non avremmo Venezia. Oggi, quando va bene, la manutenzione si identifica con l’intervento eccezionale (vedi il Mose): meglio se spettacolare, e meglio ancora se costosissimo.

Nulla potrà ridare Salvatore ai suoi cari, ma noi questa lezione dobbiamo impararla: prima che non solo Napoli, ma tutte le nostre città storiche ci cadano, letteralmente, sulla testa.


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