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In memoria di Sigmund Freud, innammorato dell’Italia - a gloria eterna ...

POLITICA E URBANISTICA. ROMA E I "SETTE COLLI": LO SCEMPIO DEL “TERRITORIO” E LE “CAMERE” SGARRUPATE!!! L’allarme dell’Accademia dei Lincei. A "Lucio Camurzio Punico" e al prof. Giovanni Garbini, un ringraziamento e un omaggio - di Federico La Sala

mercoledì 15 agosto 2018 di Emiliano Morrone
[...] il socio dell’Accademia, il prof. Giovanni Garbini, ordinario di filologia semitica all’Università di Roma “La Sapienza” e autore - tra tante altre opere - di una eccezionale traduzione del Cantico dei cantici (Paideia Editrice, Brescia 1992), che rende e restituisce - contro tutte le menzogne e le disperazioni - il v. 8.6 (“Amore è più forte di Morte”) al suo valore e splendore assoluto [...]
La "Camor-ra" ... e le "Camer-e" sgarrupate!!!
NAPOLI e LA CAMORRA. (...)

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> POLITICA E URBANISTICA. ROMA E I "SETTE COLLI": LO SCEMPIO DEL “TERRITORIO” E LE “CAMERE” SGARRUPATE!!! --- “Mafia capitale”. il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone ha svelato il mistero dell’ingovernabilità di Roma (di Sebastiano Messina - La Capitale da rifondare).

mercoledì 3 dicembre 2014

La Capitale da rifondare

Un calderone maleodorante nel quale si mescolavano criminalità mafiosa, estremismo neofascista, imprenditoria malata e politica corrotta

di Sebastiano Messina (la Repubblica, 03.12.2014)

SCOPERCHIANDOLO il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone ha svelato il mistero dell’ingovernabilità di Roma. La capitale era in realtà governata benissimo - naturalmente ai propri fini - da questa banda di criminali che sapeva usare la prepotenza della pistola, l’odore dei soldi, la solidarietà tra camerati e la forza del clan per mettere le mani sugli affari che passavano per il Comune di Roma e per le sue controllate, a cominciare dall’Ama, l’azienda dei rifiuti.

Quella che faceva capo a Massimo Carminati - l’ex terrorista nero dei Nuclei Armati Rivoluzionari legato alla banda della Magliana, l’uomo che come hanno accertato i magistrati «manteneva i rapporti con gli esponenti delle altre organizzazioni criminali, con pezzi della politica e del mondo istituzionale e finanziario e con appartenenti alle forze dell’ordine e ai servizi segreti» - era una creatura mai vista, un intreccio perverso e spietato tra la malavita mafiosa e il governo della capitale, legati da un filo nero - è il caso di dirlo - che passava per l’ entourage dell’ex sindaco Gianni Alemanno, il primo sindaco postfascista dalla caduta del duce.

Si capiscono molte cose, leggendo le 1.200 pagine dell’ordinanza che ha mandato in carcere 37 persone e chiamato in causa più di cento indagati - il più importante dei quali è lo stesso Alemanno. E si scopre che questa banda battezzata da Pignatone “Mafia capitale” gestiva senza problemi non solo i fondi per la manutenzione del verde o quelli per la raccolta differenziata, arrivando a partecipare alla stesura dei bandi per le gare d’appalto, ma aveva messo stabilmente le mani sul flusso di denaro pubblico destinato ai campi nomadi e alle strutture per gli immigrati richiedenti asilo.

Rifiuti, nomadi, immigrati: quelli che per la città di Roma erano in cima alla lista dei problemi, per la destra neofascista erano contemporaneamente il facile bersaglio delle sue proteste populiste e la ricca miniera d’oro che alimentava una rete sotterranea di corruzione, quella invisibile ma potentissima cerniera che in questi anni ha tenuto insieme mafiosi, ex terroristi, politici corrotti e imprenditori senza scrupoli.

“Capitale corrotta, nazione infetta” fu il celebre articolo di una grande inchiesta dell’ Espresso del 1956 sul sacco di Roma, ma quello che abbiamo scoperto ieri ci dice che la corruzione è penetrata in profondità, e mescolandosi con la forza eversiva dell’estremismo neofascista e con la potenza criminale della mafia ha avvelenato il Campidoglio.

Sarebbe sbagliato identificare la capitolazione della politica alla mafia con la stagione di Alemanno, e non solo perché sarà l’inchiesta a chiarire fin dove arrivavano le complicità politiche, ma perché questa struttura spietata e diabolica agiva anche prima che Alemanno arrivasse ed ha continuato a operare anche dopo che lui se n’è andato.

Eppure questo rende ancora più grave la diagnosi: il virus è penetrato in profondità, e ha imparato a resistere agli anticorpi dell’alternanza. Perciò da un sindaco chirurgo come Ignazio Marino oggi i romani, e non solo loro, si aspettano un gesto forte, non una cura ma un taglio netto, un colpo di bisturi sul malgoverno infetto della Capitale.


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