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In memoria di Sigmund Freud, innammorato dell’Italia - a gloria eterna ...

POLITICA E URBANISTICA. ROMA E I "SETTE COLLI": LO SCEMPIO DEL “TERRITORIO” E LE “CAMERE” SGARRUPATE!!! L’allarme dell’Accademia dei Lincei. A "Lucio Camurzio Punico" e al prof. Giovanni Garbini, un ringraziamento e un omaggio - di Federico La Sala

mercoledì 15 agosto 2018 di Emiliano Morrone
[...] il socio dell’Accademia, il prof. Giovanni Garbini, ordinario di filologia semitica all’Università di Roma “La Sapienza” e autore - tra tante altre opere - di una eccezionale traduzione del Cantico dei cantici (Paideia Editrice, Brescia 1992), che rende e restituisce - contro tutte le menzogne e le disperazioni - il v. 8.6 (“Amore è più forte di Morte”) al suo valore e splendore assoluto [...]
La "Camor-ra" ... e le "Camer-e" sgarrupate!!!
NAPOLI e LA CAMORRA. (...)

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> La ‘lezione’ di “due” grandi accademici dei Lincei ---- L’ Accademia dei Lincei rende omaggio con una mostra e pubblica l’edizione delle «Opere matematiche» di Guido Castelnuovo (1865-1952), uno dei grandi matematici italiani (di Paolo Simoncelli).

giovedì 17 dicembre 2009

IL MATEMATICO, GLI EBREI E IL FASCISMO

di PAOLO SIMONCELLI (Avvenire, 17.12.2009)

L’ Accademia dei Lincei rende omaggio con una mostra e pubblica l’edizione delle «Opere matematiche» di Guido Castelnuovo (1865-1952), uno dei grandi matematici italiani a cavallo dei due secoli, dal 1891 docente di Geometria all’Università di Roma, quindi passato allo studio del calcolo delle probabilità e del calcolo infinitesimale. Accademico dei Lincei dal 1901, espulso nel 1938 a seguito delle leggi razziali, dinamico componente della relativa commissione di epurazione nel 1944-46, primo presidente dell’Accademia di questo dopoguerra, nominato da Einaudi senatore a vita nel 1949. Il suo percorso biografico, screziato in modo inqualificabile dall’espulsione dall’Accademia nel 1938, e la sua doverosa riammissione al termine dell’epurazione, ci offre tuttavia motivo di riflessione relativamente a non pochi altri casi di colleghi ebrei espulsi, riammessi, poi di nuovo radiati, in un convulso susseguirsi di misure normative e non di rado di rancori personali.

Tanto più che con commendevole onestà intellettuale, la mostra presenta il verbale di giuramento di fedeltà al regime fascista prestato da Castelnuovo nel 1934 per restare a far parte dell’Accademia, a seguito di un altro, meno noto decreto del 21 settembre 1933 che, come già per l’obbligo imposto ai professori universitari di giurare fedeltà al regime pena la perdita della cattedra, ora lo imponeva di nuovo, pena la perdita del titolo di socio. E Castelnuovo, e tanti altri colleghi, ebrei e non ebrei, giurarono anche nel ’34 così come avevano giurato già nel ’31. Si potrebbe eccepire che questo nuovo giuramento, non comportando pene dannose per l’educazione morale e scientifica delle nuove generazioni come quello del ’31 (per il quale sia Croce che ’La Civiltà Cattolica’ che dirigenti del Pci clandestino legittimarono comportamenti nicodemitici, ricordati esplicitamente da Concetto Marchesi), avrebbe potuto consentire un rifiuto privo di conseguenze pedagogiche e privo anche di personali danni materiali.

Ai Lincei non giurarono in dieci: sei rifiutando esplicitamente (Croce, Gaetano De Sanctis, Volterra, Orlando, De Viti De Marco, De Sarlo); tre dimettendosi con vari motivi (Alessio, Bresciani Turroni, Umberto Ricci), uno, Emanuele Paternò, premorendo alla misura di radiazione (Leone Caetani acquisendo la cittadinanza canadese decadde dall’Accademia). Tra loro dunque cattolici, ebrei, liberali più o meno sospetti di massoneria; scienziati e umanisti. Nell’elenco platealmente più lungo di quanti invece giurarono, parimenti cattolici, ebrei, liberali, marxisti (o futuri tali, così come futuri e radicali azionisti); scienziati e umanisti.

Tristezze di regime e di cultura. Il problema che viene tuttavia posto al termine del fascismo e della guerra è il difficile e controverso tracciato della linea di demarcazione tra i «sommersi» e i «salvati», indipendentemente dal giuramento prestato (si capisce: sarebbe stata spopolata l’Accademia). A gestire di fatto l’epurazione sarebbero stati però esponenti mai refrattari ad alcun giuramento; a strepitare con giacobina furia dai quotidiani per un’epurazione radicale, persone che come Concetto Marchesi giurarono assieme (a distanza di un giorno) a scienziati ebrei come Tullio Terni. Non fu seguito il logico criterio di valutare quanti avessero politicamente abusato di titoli littori anziché scientifici per essere ascritti ai Lincei (e giustamente radiati: Bottai, De Vecchi, Federzoni e Sabato Visco). Ma per chi avesse avuto titoli adeguati e che fosse stato già membro dell’Accademia prima del fascismo? E più ancora, quale dunque il confine morale, per separare gli ammessi dai nuovi radiati tra cui incredibilmente di nuovo ebrei?


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