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In memoria di Sigmund Freud, innammorato dell’Italia - a gloria eterna ...

POLITICA E URBANISTICA. ROMA E I "SETTE COLLI": LO SCEMPIO DEL “TERRITORIO” E LE “CAMERE” SGARRUPATE!!! L’allarme dell’Accademia dei Lincei. A "Lucio Camurzio Punico" e al prof. Giovanni Garbini, un ringraziamento e un omaggio - di Federico La Sala

mercoledì 15 agosto 2018 di Emiliano Morrone
[...] il socio dell’Accademia, il prof. Giovanni Garbini, ordinario di filologia semitica all’Università di Roma “La Sapienza” e autore - tra tante altre opere - di una eccezionale traduzione del Cantico dei cantici (Paideia Editrice, Brescia 1992), che rende e restituisce - contro tutte le menzogne e le disperazioni - il v. 8.6 (“Amore è più forte di Morte”) al suo valore e splendore assoluto [...]
La "Camor-ra" ... e le "Camer-e" sgarrupate!!!
NAPOLI e LA CAMORRA. (...)

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> POLITICA E URBANISTICA. ---- ACQUA ALLA GOLA, COSCIENZE SPORCHE. Dalla fine della guerra non è mai stata così forte la sensazione di dover salvare l’Italia (di Claudio Magris)

lunedì 7 novembre 2011

Acqua alla gola coscienze sporche

di Claudio Magris (Corriere della Sera, 7 novembre 2011)

Ci sono momenti in cui la realtà costringe a prendere alla lettera le metafore, spesso con effetti assai spiacevoli. Mettere con le spalle al muro un avversario in una discussione, diceva Karl Kraus, può finire prima o dopo per portarlo al muro di un’esecuzione. La natura - che la specie umana ritiene di aver domata, dimenticando di farne parte anch’essa né più né meno degli animali, delle piante o dei venti - è divenuta, per la nostra cultura, soprattutto un serbatoio di metafore: si parla di un terremoto politico, del tramonto di un leader, di un Paese con l’acqua alla gola, senza sospettare che quelle immagini possano diventare realtà concreta. La catastrofe in Liguria ha tragicamente restituito alle parole il loro significato brutalmente primario e letterale; l’acqua alla gola è salita ancora più in alto e ha ucciso alcune persone.

Non ho la minima competenza per capire se e in che misura il disastro possa essere o no attribuito anche a scarse misure preventive, insufficienti controlli, permessi edilizi accordati irresponsabilmente, incurie di vario genere. L’impressione - anch’essa superficiale, di seconda mano - è che, nel complesso, la Protezione civile e le autorità, forse carenti nella comunicazione, abbiano agito con prontezza ed energia.

Negli ultimi tempi i disastri cosiddetti naturali, in Italia e nel mondo, sono stati piuttosto frequenti e sono stati ogni volta accolti non solo con comprensibile sorpresa, ma anche con lo stupore che simili eventi possano accadere oggi, nell’era in cui la scienza e la tecnica sono in grado di modificare le specie e la riproduzione, di abolire le distanze spaziali e temporali della comunicazione e forse di creare la vita in laboratorio. Ci si stupisce che piogge, temporali e maree possano metterci, almeno temporaneamente, in ginocchio più delle crisi politiche, quasi fossimo ancora al tempo dei nonni o bisnonni. Riluttiamo a credere che il Paese debba essere salvato non solo dalla crisi economica e dal collasso politico, ma anche dalle maree, dagli smottamenti, dalle alluvioni, dai fiumi in piena.

Certo, la nostra cultura è anche ossessionata dalla consapevolezza dei danni arrecati all’ambiente dallo sviluppo tecnologico. Fioriscono dovunque movimenti ecologisti e partiti verdi che denunciano giustamente l’inquinamento, l’aumento di gas tossici, le scorie nucleari, il surriscaldamento e tanti altri mali. Ma sono movimenti che, pure facendo rumore e occupando i media, non riescono a diventare comune buon senso e mentalità del cittadino medio, che alla fine determina l’azione pubblica più dell’attivista militante.

In molti sacrosanti critici dello stupro dell’ambiente vi è inoltre una distorta, misticheggiante fede nella Natura, con l’iniziale maiuscola, identificata soltanto con alcune delle sue manifestazioni, nel falso presupposto che l’uomo e l’attività umana non ne facciano parte anch’essi. Goethe, amante della natura come forse nessun altro, sapeva che tutto è natura; anche ciò che sembra contraddire il suo volto per noi abituale, anche ciò che ci sembra alieno. Una creatura per noi mostruosa degli abissi marini o un bacillo per noi mortale non sono meno «naturali» del nostro amato cane e di noi stessi. Escludere l’attività umana dalla natura è stupido e impossibile; il vino non è meno naturale perché non si fa da solo bensì con l’intervento dell’uomo, come i nidi si fanno con l’intervento degli uccelli. I gas tossici sono costituiti da sostanze che fanno parte della terra e le distese ghiacciate di Plutone non sono meno «naturali» dei colli toscani. Semplicemente i gas tossici, come i - naturalissimi - funghi velenosi sono letali per l’uomo, il quale invece sembra stia facendo di tutto per rovinare non «la Natura» bensì quell’equilibrio naturale necessario alla sua vita, alla sua sopravvivenza e al suo benessere elementare. Inoltre, se c’è talora un irrazionale fondamentalismo verde giulivamente nemico del progresso, c’è pure un irrazionale fondamentalismo di alcuni scienziati, credenti in un progresso illimitato e luminoso, del quale non si chiedono il senso, e convinti che, quando una cosa è tecnicamente possibile, sia anche sempre lecito e doveroso farla.

Progresso significa migliorare il rapporto con il mondo che ci circonda e dunque con noi stessi. Tutto è natura, come il mare in cui possiamo nuotare o affogare e che possiamo anche attraversare con una vela o con un motore. L’inondazione della strada in cui annegano persone dipende dalla pioggia e dal fiume come dalle case costruite troppo vicino al fiume o dai materiali inadatti con cui sono costruite quelle case, dalle scorie gettate in quel fiume e dal sistema politico e sociale che permette e anche produce lo scempio di quelle scorie e del loro scolo nel fiume.

Dalla fine della guerra non è mai stata così forte la sensazione di dover salvare l’Italia. Non solo da una cricca inetta o da una crisi economica, ma anche, con altrettanta urgenza, da piogge e da maree, la cui assopita potenza distruttiva ogni tanto esplode. Immersi, volenti o nolenti, nella realtà del nostro Paese come nella natura, assomigliamo al barone di Munchhausen risucchiato dalle sabbie mobili e non ci resta che cercare di venirne fuori tirandoci su, come lui, per il nostro codino. Un fiume inquinato e in piena può sommergerci, ma siamo noi quel fiume.


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