Il popolo del tiranno
di Moni Ovadia (l’Unità, 5 marzo 2011)
I tiranni da sempre, per autolegittimarsi, fanno riferimento al popolo. L’idea di popolo di cui parlano è il parto di un apparato concettuale demagogico e primitivo menzognero, privo di una visione articolata e contraddittoria della realtà che permetta di cogliere le complesse e molteplici verità di un corpo sociale. Non poteva fare eccezione il rais Gheddafi, che nel momento in cui il suo Paese è in rivolta, arringa i suoi sostenitori proclamando la falsa verità che il popolo è con lui.
Mutatis mutandis, anche il rais di Arcore, l’aspirante sultano Berlusconi Primo, si muove nel quadro di questa pseudo logica facendo costante e ossessivo riferimento al popolo. Non fa che ripetere di essere stato eletto dal popolo. Falso! Falso sia sul piano della legge costituzionale, sia sul piano della verità concreta. La coalizione di partiti che vince le elezioni e che solitamente indica il suo leader come presidente del consiglio è stata scelta al massimo dalla maggioranza degli elettori e talora neppure da quella esigua maggioranza, ma in base alle virtù di leggi elettorali ad personam o ad “coalitionem”.
E la risicata maggioranza elettorale che si forma nelle democrazie occidentali non corrisponde per niente alla maggioranza del popolo, se si considerano anche i cittadini elettori che scelgono di non votare. Proprio per questo l’articolo primo della nostra magnifica Costituzione recita: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
Dunque la sovranità del popolo è sottoposta alla sovranità del dettato costituzionale proprio perché il popolo è composto da maggioranza elettorale, da minoranza elettorale e da corpo dei non votanti e dei non aventi diritto al voto. Il popolo come lo intende Berlusconi esiste solo nella testa dei tiranni e dei demagoghi come lui.