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IDEALISMO, POSITIVISMO, CRITICISMO. "La Critica della ragion Pura fu da me lungamente meditata fin da venti anni or sono" (F. ENRIQUES, "Risposta a Benedetto Croce", 1912).

FEDERIGO ENRIQUES (COME GRAMSCI) CON KANT, E CROCE E GENTILE CON HEGEL. 1911-2011: l’Italia della scienza negata. Un articolo di Armando Massarenti, con alcuni appunti - a c. di Federico La Sala

Il 6 aprile 1911 si tenne il congresso della Società filosofica italiana, fondata e presieduta dal grande matematico Federigo Enriques, un formidabile organizzatore culturale (...)
lunedì 18 aprile 2011 di Federico La Sala
[...] Enriques riteneva che una filosofia degna di una società moderna non potesse che essere pensata in stretta connessione con l’avanzare delle scienze. Sapeva di porsi così in aperto contrasto con l’emergente idealismo di Benedetto Croce e Giovanni Gentile, con i quali cercò di ingaggiare un confronto civile, ma rimase sconcertato dalla violenza con cui questi condussero la disputa. Enriques aveva denunciato il loro atteggiamento nei confronti dei saperi scientifici proprio in quanto (...)

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> FEDERIGO ENRIQUES (COME GRAMSCI) CON KANT, E CROCE E GENTILE CON HEGEL. ---- CROCE SU GRAMSCI: “Come uomo di pensiero egli fu dei nostri” (di Luciano Canfora).

lunedì 18 aprile 2011

SULLA LIBERTA’ DI GIUDIZIO, SULLA LIBERTA’ DI PENSIERO E DI AZIONE DI GRAMSCI, :UN IMPORTANTE, MA PARZIALE E AMBIGUO, RICONOSCIMENTO DA PARTE DEL ‘GRAN SACERDOTE’ DELLA “RELIGIONE DELLA LIBERTA’”:

“Benedetto Croce recensì nei “Quaderni della critica, (III,8,1947) le Lettere dal carcere. Ed è rimasta celebre la sua potremmo dire appropriazione dell’autore rivelato da quelle lettere: “Come uomo di pensiero egli fu dei nostri”

Cosa intendesse con tali parole è giusto chiedersi. La risposta prenderebbe molto spazio perché comporterebbe di affrontare una delle questioni centrali della cultura italiana del Novecento, e cioè l’implicazione profonda dell’opera di Gramsci, quale fu rivelata daí Quaderni, con le due correnti dominanti del neoidealismo italiano impersonate rispettivamente da Croce e da Gentile, nonché i limiti di tale implicazione e l’innesto che Gramsci tentò di quelle filosofie nell’orizzonte mentale e pratico del comunismo.

Ci terremo invece alla spiegazione che ne dà lo stesso Croce: ammirevole perché fondata sulla sola lettura delle lettere e non ancora dei Quaderni.

In quelle lettere Croce riscontra “apertura verso la verità da qualsiasi parte gli giungesse, scrupolo di esattezza e di equanimità, gentilezza e affettuosità del sentire”, e soggiunge: “noi altri, nel leggerlo, ci confortiamo di quel senso della fraternità umana che, se sovente si smarrisce nei contrasti politici, è dato serbare nella poesia e nell’opera del pensiero, sempre che l’anima si purghi e di salire al cielo si faccia degna, come accadeva al Gramsci”.

E sfida gli intellettuali comunisti suoi antagonisti nella quotidiana battaglia delle idee “a adoprarsi a portare, se potevano, la dottrina comunistica a quell’altezza” (Cfr. Luciano Canfora, Prefazione, a: Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, RCS Quotidiani, Milano 2011, p. 9)


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