L’islam a Milano e il pluralismo assente
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 28 maggio 2011)
Nell’acceso dibattito di questi giorni a proposito delle elezioni al comune di Milano è entrato a vele spiegate un protagonista nuovo, a dir poco insolito, l’islam. Non ce lo aspettavamo, né come compagno né come avversario. I sostenitori della Moratti hanno accusato Pisapia di volere "islamizzare" Milano, una accusa, a detta di tutti, assolutamente infondata. Al di fuori della realtà e della storia. Una accusa che sembra collegare il dibattito di oggi a quelli di parecchi secoli fa. Una accusa sulla quale, comunque, vale la pena di riflettere.
Nei momenti più gravi della vita politica e sociale del nostro paese la religione ritorna in primo piano. Sempre, o quasi, per sottolineare il primato cattolico e per mettere, invece, in secondo piano, le altre fedi religiose. Un vecchio primato che viene ribadito. Una situazione che dovrebbe essere superata, a vantaggio di quel pluralismo religioso che vige in quasi tutto il mondo moderno, ma da noi non ancora. Anche se in questa occasione l’Arcivescovo di Milano, cardinale Tettamanzi ha opportunamente affermato di non essere assolutamente turbato dalla possibile minacciata islamizzazione di Milano. Meno male.
In realtà questa ambigua vicenda milanese ha dimostrato ancora una volta come da noi il vero e proprio pluralismo religioso non sia ancora affermato. Il cattolicesimo gode di una posizione di privilegio, ancora sostenuta e affermata. Basti pensare alla scuola, dove l’insegnamento della religione cattolica gode ancora di notevoli privilegi, assistenziali e finanziari. Le altre religioni, invece, continuano a mantenere una situazione di secondo piano. A dir poco.
La vicenda delle elezioni milanesi con la minaccia dell’islam lo ha confermato. Che cosa si potrebbe fare per arrivare a un vero e sostanziale pluralismo? È difficile dirlo. Forse ci vorrebbe qualche iniziativa che partisse proprio dal mondo cattolico, il più diretto interessato.
Forse soltanto da oltretevere può venire una vera e sincera accettazione del pluralismo. E sarebbe proprio il cattolicesimo a godere di un nuovo vigore se rinunciasse a privilegi che ormai si mantengono soltanto a fatica e con sforzi non soltanto poco democratici ma anche poco cristiani.