[...] Sul palco dove si alternano musicisti e comici, l’avvocato lancia anche un messaggio a tutti i suoi: "Voi e io non cerchiamo rivincite politiche: vogliamo contribuire a costruire una città fatta da noi, per tutti noi. Una città accogliente, una città affettuosa". E agli altri dice: "Mi hanno accusato di non essere moderato, non capisco cosa voglia dire questa parola sulle loro labbra, questa parola che viene offesa e smentita ogni giorno da comportamenti indecenti". Sono le ultime parole - ricamate con una citazione di don Milani - prima del silenzio elettorale. In una giornata in cui si è consumato l’ultimo duello a distanza tra i due aspiranti inquilini di Palazzo Marino [...]
VERSO IL BALLOTTAGGIO
Pisapia infiamma i 50mila del Duomo
"E’ arrivato il nostro tempo per Milano"
L’ultimo appello della campagna elettorale: "Basta cultura della paura, coltiverò la fiducia"
Affondo sulla sicurezza: "Le loro ricette hanno fallito. Litigano anche sullo show di Gigi D’Alessio"
di ALESSIA GALLIONE *
L’ultimo appello ai cinquantamila in piazza Duomo è insieme un invito e un incoraggiamento ai milanesi. A trasformare in realtà un’idea diversa di città. "Io ci credo - ha detto Giuliano Pisapia sotto la pioggia - È arrivato il nostro tempo. Abbiamo ripreso in mano il nostro destino. Non facciamocelo sfuggire. Andiamo tutti alle urne, andiamo a festeggiare la democrazia, facciamo vincere Milano".
Un discorso in cui il candidato di centrosinistra ha voluto parlare già da "sindaco di tutti", nonostante abbia disegnato in modo chiaro le differenze con il centrodestra: "In questi anni, loro hanno seminato paura - ha spiegato - io coltiverò la fiducia. Loro non hanno avuto scrupolo nel discriminare alcuni cittadini per chiedere il voto di altri. Io non avrò scrupolo nel chiedervi di impegnarci per il bene di tutti. Hanno fatto una politica ridicola. Noi faremo una politica responsabile".
La grande festa in piazza Duomo
Sul palco dove si alternano musicisti e comici, l’avvocato lancia anche un messaggio a tutti i suoi: "Voi e io non cerchiamo rivincite politiche: vogliamo contribuire a costruire una città fatta da noi, per tutti noi. Una città accogliente, una città affettuosa". E agli altri dice: "Mi hanno accusato di non essere moderato, non capisco cosa voglia dire questa parola sulle loro labbra, questa parola che viene offesa e smentita ogni giorno da comportamenti indecenti". Sono le ultime parole - ricamate con una citazione di don Milani - prima del silenzio elettorale. In una giornata in cui si è consumato l’ultimo duello a distanza tra i due aspiranti inquilini di Palazzo Marino.
È l’avvocato il primo ad arrivare negli studi della Rai dove è stata registrata l’ultima tribuna politica. Spazi separati con Letizia Moratti. Nessun faccia a faccia, dopo quello a Sky. Dopo l’attacco a tradimento degli ultimi secondo sferrato dal sindaco uscente. "Perché la coltellata alla schiena che ho ricevuto - spiega ancora Pisapia - non mi permette di fidarmi come non può fidarsi la città. Non intendo cadere in un altro tranello". Poi, avanti con i punti del programma e i temi di un ballottaggio caricato dalle accuse e dalla propaganda del centrodestra. E la speranza di far tornare Milano "una città affettuosa verso gli altri e attrattiva".
Parla di Expo, Pisapia. Di cultura: "Vorrei che, oltre ai grandi eventi, ci fossero tanti luoghi di aggregazione e di cultura che siano aperti tutto l’anno". Dell’importanza di votare ai referendum del 12 e 13 giugno. E, da qui, anche "ascoltare i cittadini sul futuro di Ecopass". Di sicurezza: "La ricetta del centrodestra non ha funzionato". Del sogno che ha per la città: "Mi batterò perché nel 2015 si tenga a Milano l’idea della Conferenza mondiale dell’Onu sulle donne". Sul Pgt è deciso. Sostiene che Milano "non abbia bisogno di più grattacieli, meno verde e più case di lusso" e promette "modifiche sostanziali, anche totali", partendo da quel "Pgt alternativo, quello delle 4mila osservazioni scritte da associazioni e cittadini che non sono state esaminate, e questo è stato un atteggiamento antidemocratico".
Pisapia parla anche della coalizione di centrosinistra. E, per ribadire la certezza che ha nell’unione dei partiti che lo sostengono, chiama in causa anche il concerto di chiusura del centrodestra in piazza Duomo con il forfait di Gigi D’Alessio: "Forse è la prima volta a Milano - dice - che i partiti e le liste civiche non hanno mai litigato, a differenza della Lega e del Pdl che sono divisi su tutto e che hanno litigato anche sul concerto in piazza Duomo". L’avvocato ribadisce che i nomi della sua squadra arriveranno dopo il voto: "È il primo atto di un sindaco, ma vedrete: saranno assessori competenti, professionali e coerenti politicamente, di cui potete fidarvi". Sull’annuncio degli assessori fatto da Letizia Moratti, invece, si limita a un commento: "Non mi sembrano nomi di grande novità, è il vecchio che avanza". Con la sua avversaria è impietoso: "Questi sono i titoli di coda della Moratti come sindaco".
* la Repubblica, 27 maggio 2011
IN 70 MILA AL CONCERTO A MILANO PER IL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA
Pisapia: «Ci credo, arriva il nostro tempo»
Poi cita don Milani: «Il problema degli altri è uguale al mio». E spunta l’arcobaleno *
MILANO - «Liberiamo insieme Milano. Credo che martedì mattina usciremo di casa con un sorriso, pensando "mi piace essere qui". Io ci credo. È arrivato il tempo. È arrivato il nostro tempo». Così Giuliano Pisapia ha concluso il suo intervento in piazza del Duomo, davanti a circa 70 mila persone (secondo gli organizzatori) durante il concerto di Elio e le Storie Tese terminato alle 23,20. « Il vostro cuore è stato nutrito di menzogne mentre ha fame di verità. Abbiamo ripreso in mano il nostro destino - ha aggiunto -. Non facciamocelo sfuggire. Domenica e lunedì andiamo tutti alle urne, andiamo a festeggiare la democrazia, facciamo vincere Milano». Il candidato sindaco del centrosinistra ha quindi ripercorso le tappe della lunga campagna elettorale: «In questi mesi noi abbiamo visto che possono trionfare la passione, l’impegno, il rispetto. In questi mesi noi abbiamo dimostrato che la vera ricchezza sono le persone». «Milano - ha aggiunto - è ancora il cuore d’Italia. È ancora il cuore dell’Europa. E soprattutto è ancora nel cuore dei milanesi, nel vostro grande, generoso, cuore. Un cuore appassionato di virtù civiche e di dignità morale. Il vostro cuore è stato nutrito di menzogne mentre ha fame di verità».
DON MILANI - Pisapia ha quindi sottolineato che non cerca rivincite: «Vogliamo contribuire a costruire un città fatta da noi, per tutti noi. Una città aperta, che sappia guardare al futuro. Una città accogliente. Una città affettuosa».
Non potevano mancare i riferimenti alle accuse che gli sono state mosse come quella di essere un estremista: «Mi hanno accusato di non essere moderato. Non capisco che cosa significa questa parola sulle loro labbra, questa parola che viene offesa e smentita ogni giorno da comportamenti indecenti. Non so che cosa sia per loro la politica, ma se mi chiedessero quale idea ho io, risponderei con le parole di don Lorenzo Milani che diceva ’Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia». Ha anche scherzato: «Da ieri sera circola anche un’altra battuta molto bella: Gigi D’Alessio non ha cantato in piazza Duomo perché l’ha rapito Pisapia».
Molti i riferimenti al programma e all’impegno della città, compreso quello per l’Expo: «Io credo che noi milanesi faremo dell’Expo 2015 una grande iniziativa che darà luce al mondo. Io credo che noi milanesi saremo un esempio di civiltà: dimostreremo che dire »bene comune« non vuol dire che l’aiuola davanti casa non è di nessuno, ma al contrario che appartiene a ciascuno di noi; io credo che ognuno di noi avrà cura della città perchè città è casa».
ARCOBALENO - In piazza Duomo a Milano la pioggia battente non ha fermato il concerto organizzato per la chiusura della campagna elettorale di Pisapia, con l’esibizione di Elio e le Storie Tese, che ha seguito la performance di Antonio Cornacchione. All’inizio del concerto Claudio Bisio ha scherzato annunciando la presenza di Gigi D’Alessio, il cantante napoletano che giovedì ha dato forfait a Letizia Moratti per un analogo concerto di chiusura della campagna elettorale. Mentre su piazza del Duomo inizia a calare il buio, è comparso a un certo punto anche un arcobaleno, anche se poi è ripreso a piovere.
Redazione online
«Realizziamo insieme il nostro sogno, riprendiamo Milano»
di Giuliano Pisapia (l’Unità, 28 maggio 2011)
Una città in marcia verso uno sviluppo sostenibile, che torna a giocare alla pari con le grandi città dell’Europa e del mondo. Una comunità di cittadini felici di vivere la loro città finalmente affrancati dalle ansie di una gestione scandita dalla paura dell’altro e del diverso. Una città in cui si respira aria pulita, nelle strade e nei palazzi delle istituzioni. Una città finalmente capace di valorizzare l’universo femminile. Una città in cui i giovani, stufi di sentirsi narrare al futuro, possano essere protagonisti, qui e ora.
Questo è il volto di Milano che mi impegno a disegnare a partire da martedì, se sarò eletto Sindaco. All’inizio era solo un sogno, poi nel corso di undici mesi di una campagna elettorale sempre più partecipata, è diventato probabile, poi possibile. Non ho mai visto in trent’anni di attività politica tanta partecipazione, tanto entusiasmo come nelle ultime due settimane di campagna elettorale. Ora, con l’aiuto dei milanesi, questo sogno può diventare finalmente realtà.
Economia della conoscenza, creatività digitale, tecnologie verdi, ricerca scientifica: saranno motori innovativi dello sviluppo ritrovato di Milano che deve tornare a essere capitale economica del paese. E’ in questo quadro che vive e si realizza anche la nostra Expo 2015 che, andando oltre i sei mesi effettivi di esposizione, dovrà lasciare lavoro, intelligenza e nuovi spazi al servizio dei cittadini e non una cementificazione fine a se stessa. Nella convinzione che l’ambiente naturale, dall’aria al verde, è un bene comune da difendere con determinazione perché l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo non sono “negoziabili”.
La mia Milano sarà una città aperta e inclusiva, in cui il cittadino sarà al centro: soggetto e non oggetto. Donne e uomini, bambini e anziani da strappare alle loro solitudini, nuovi cittadini in arrivo dai quattro punti cardinali, a tutti il Comune aprirà le sue porte per ascoltare i loro bisogni senza mai mancare di dare risposte. Dal centro alle periferie per troppo tempo trascurate, da cui intendo far partire la mia azione di governo per porre fine a un loro degrado in cui possono annidarsi ingiustizie e criminalità. Milano garantirà il diritto a un luogo di culto per ogni religione, come dicono la Cei, il cardinale Dionigi Tettamanzi e la nostra Costituzione. Non ci sarà l’islamizzazione di Milano. Una moschea c’è in tutte le grandi città europee, c’è a Roma, Milano anche in questo deve essere una grande città europea. E in ogni caso lavoreremo per rendere la città più sicura e serena, convinti peraltro che la serenità ci puòessere solo se c’è una vera giustizia. Quindi l’affermazione della legalità, il rispetto dei diritti e dei doveri, per tutti e senza distinzioni, saranno la base della nostra azione. Ma con una consapevolezza: più sicura è una città illuminata, che vive e non chiude i suoi quartieri.
E non c’è luce più grande di quella trasmessa dalla Cultura, in tutte le sue possibili declinazioni. Qualcuno ha detto che con la cultura non si mangia. Invece nella mia Milano sarà il principale motore di sviluppo: dalle scuole alle università, dalla Scala ai teatri sperimentali, dalle pinacoteche alle biblioteche di quartiere, gli investimenti in questo settore metteranno in moto un meccanismo virtuoso di creatività e innovazione che garantirà alla città di essere tra i protagonisti che stanno disegnando il futuro del mondo.
Speriamo lunedi di fare il balzo definitivo nel futuro
Posso tornare a casa mia
di Moni Ovadia (l’Unità, 28 maggio 2011)
Mi voeuri turnà a caa mia, voglio tornare a casa mia. Questa frase in milanese è un moto spontaneo che mi è affiorato ripetutamente alle labbra e al cuore da che le elezioni per il Sindaco di Milano sono entrate nella loro fase cruciale. Non ho mai aspirato ad avere una patria, ma ho avuto un Paese, l’Italia e una casa, Milano. In questa casa ci sono arrivato come piccolo profugo quasi sessantadue anni fa. La conosco bene, le “appartengo”.
Ma da che è arrivata la “Milano da bere” è stato come se una nube tossica fosse scesa sulla Milano in cui mi riconoscevo, la Milano della sua anima antifascista, la Milano della sua mitica classe operaia, della borghesia colta ed illuminata, della sua specialissima Curia, della sua gent dal coeur in man, solidale, dei suoi esemplari sindaci socialisti. Le città naturalmente si trasformano, è ineluttabile, ma le modalità del cambiamento dipendono dalle scelte di chi le amministra.
La grande Milano non si era dissolta, ma si era ritratta sotto la battente pioggia acida e grassa del berlusconismo, del leghismo, del socialismo tradito, della volgarità, della rampante corruttela malavitosa. La città è stata espropriata a se stessa. In questo marasma, la Curia ha tenuto, vi sono state dovunque aree di resistenza, certo, ma come cittadini eravamo sempre più depressi. Oggi no! L’aria è nuova, l’energia è rifiorita, abbiamo Pisapia, un candidato vero, credibile, un galantuomo, serio e appassionato. L’intera opposizione lo sostiene con piena convinzione ed entusiasmo. Ce la possiamo fare. Ce la dobbiamo fare per noi e per l’Italia. E mi, adess, podi turnà a caa mia. Adesso posso tornare a casa mia.
VERSO IL BALLOTTAGGIO
La Moratti, l’ultimo attacco
"Silenzio elettorale violato"
Pisapia ricorda Walter Tobagi a 31 anni dal suo assassinio per mano dei terroristi, il sindaco reagisce con una nota che accusa il rivale di aver violato il silenzio imposto alla vigilia del voto
Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ricandidata al ballottaggio, accusa lo sfidante del centrosinistra, Giuliano Pisapia, di aver violato il silenzio elettorale che precede il voto. "Sono venuta a conoscenza che Giuliano Pisapia ha reso dichiarazioni pubbliche, riprese dalle agenzie di stampa - afferma Letizia Moratti in una nota -, sul ricordo di Walter Tobagi, innocente vittima del terrorismo".
"Di questa evidente violazione delle regole e dei comportamenti da tenersi nella giornata di ’silenzio elettorale’ - prosegue - intendo informare il Capo dello Stato Giorgio Napolitano auspicando le garanzie istituzionali affinchè la competizione elettorale in corso si concluda serenamente e nel rispetto delle norme della convivenza civile. Di questo ho già informato il Prefetto di Milano per quanto di sua competenza diretta".
Poche ore prima era stata diffusa una nota con la dichiarazione di Pisapia in ricordo del giornalista ucciso dai terroristi. "Il 28 maggio del 1980, 31 anni fa, Walter Tobagi, giornalista coraggioso del Corriere della Sera, che indagava sugli ’anni di piombo’ in Italia, fu ucciso dai terroristi a Milano. Il suo nome rimane anno dopo anno un punto di riferimento della difesa della democrazia italiana". Questo il ricordo del candidato sindaco per il centrosinistra a Milano, Giuliano Pisapia.
La replica del candidato di centrosinistra è affidata a comunicato del suo portavoce Maurizio Baruffi: “Letizia Moratti - si legge nella nota - dovrebbe conoscere l’articolo 9 della legge 212 del 4 aprile 56, e successive modificazioni, che regolamenta il silenzio elettorale. Se lo avesse letto non avrebbe disturbato né il Prefetto né tanto meno il Capo dello Stato e viceversa avrebbe evitato di girare la città tra teatri e oratori nel giorno in cui sono vietate come recita il comma 1 dell’articolo citato, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta in luoghi pubblici o aperti al pubblico“.
Prima del comunicato contro Pisapia, Letizia Moratti si era recata in visita all’oratorio della chiesa di Gesù a Nazareth nella zona nord di Milano dove era stata contestata proprio per essersi presentata, pur non parlando di elezioni e politica, proprio nella giornata del silenzio pre elettorale.
* la Repubblica, 28 maggio 2011
L’islam a Milano e il pluralismo assente
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 28 maggio 2011)
Nell’acceso dibattito di questi giorni a proposito delle elezioni al comune di Milano è entrato a vele spiegate un protagonista nuovo, a dir poco insolito, l’islam. Non ce lo aspettavamo, né come compagno né come avversario. I sostenitori della Moratti hanno accusato Pisapia di volere "islamizzare" Milano, una accusa, a detta di tutti, assolutamente infondata. Al di fuori della realtà e della storia. Una accusa che sembra collegare il dibattito di oggi a quelli di parecchi secoli fa. Una accusa sulla quale, comunque, vale la pena di riflettere.
Nei momenti più gravi della vita politica e sociale del nostro paese la religione ritorna in primo piano. Sempre, o quasi, per sottolineare il primato cattolico e per mettere, invece, in secondo piano, le altre fedi religiose. Un vecchio primato che viene ribadito. Una situazione che dovrebbe essere superata, a vantaggio di quel pluralismo religioso che vige in quasi tutto il mondo moderno, ma da noi non ancora. Anche se in questa occasione l’Arcivescovo di Milano, cardinale Tettamanzi ha opportunamente affermato di non essere assolutamente turbato dalla possibile minacciata islamizzazione di Milano. Meno male.
In realtà questa ambigua vicenda milanese ha dimostrato ancora una volta come da noi il vero e proprio pluralismo religioso non sia ancora affermato. Il cattolicesimo gode di una posizione di privilegio, ancora sostenuta e affermata. Basti pensare alla scuola, dove l’insegnamento della religione cattolica gode ancora di notevoli privilegi, assistenziali e finanziari. Le altre religioni, invece, continuano a mantenere una situazione di secondo piano. A dir poco.
La vicenda delle elezioni milanesi con la minaccia dell’islam lo ha confermato. Che cosa si potrebbe fare per arrivare a un vero e sostanziale pluralismo? È difficile dirlo. Forse ci vorrebbe qualche iniziativa che partisse proprio dal mondo cattolico, il più diretto interessato.
Forse soltanto da oltretevere può venire una vera e sincera accettazione del pluralismo. E sarebbe proprio il cattolicesimo a godere di un nuovo vigore se rinunciasse a privilegi che ormai si mantengono soltanto a fatica e con sforzi non soltanto poco democratici ma anche poco cristiani.