La politica dell’’antinomia del Mentitore e l’Italia "confusa e agitata" - e offesa e devastata!!!

L’IMMAGINAZIONE IMPAZZITA E LE ALI SPEZZATE. LE ELEZIONI E UN’ITALIA, BLINDATA E BENDATA, CHE CORRE VERSO IL PRECIPIZIO. L’analisi di Barbara Spinelli - a cura di pfls

domenica 30 marzo 2008.
 
[...] Dell’immaginazione impazzita gran parte dell’Italia è malata, gravemente. Se solo si svegliasse un attimo, vedrebbe le cose come sono: non il Paradiso che desidereremmo, ma i disastri che conviene evitare e gli inferni che prepariamo a figli e nipoti se non ci togliamo in tempo le bende dagli occhi. È più facile certo mentire e far pagare il conto alle generazioni future. Magari vinci anche un’elezione. Ma il precipizio non cambia posto: è nella sua natura restare lì dov’è [...]

Bendati verso il precipizio

di Barbara SPINELLI (La Stampa, 30/3/2008)

Le campagne elettorali sono un’occasione non ordinaria, per le democrazie che sempre le traversano trepidanti. Sono l’occasione di guardare dentro se stesse, di fare i conti con le proprie debolezze inesplorate, con le proprie virtù trascurate. Sono una breve opportunità, data a politici ed elettori, di aggiustare quel che eventualmente s’è spezzato, di meditare su altre vie. L’occasione si può cogliere o perdere, a seconda di come si comportano gli attori del dramma. Per guardare dentro di sé è indispensabile avere un senso acuto della realtà, e questo senso può crudelmente mancare.

Per organizzare la convivenza civile non basta denunciare l’avversario politico, ma occorre esaminare il risentimento effettivo che l’avversario amplifica o distorce, e tale esame è spesso negletto.

L’Occasione si perde facilmente, sin dalle tragedie greche coglierlo è tra le sfide umane più ardue.

Il nascondimento della realtà è tentazione frequente, nelle democrazie di oggi (nelle dittature è la regola): ne sono affetti Stati apparentemente forti come l’America, regimi apparentemente decisionisti come Francia o Inghilterra. L’illusione di poter fare da sé li affligge tutti. L’Italia possiede questa tentazione in sommo grado, e la campagna elettorale lungi dal diminuirla sembra dilatarla. Non di fatti si discute ma di opinioni, che sono il vestito fatto indossare al reale e all’irreale per meglio confonderli. Non alla realtà e alla ragione ci si apre, ma al sonno dell’ideologia.

Una delle cose eccelse che ha detto Pascal riguarda il nostro correre dissennato verso i precipizi. Non è un correre inerte, fatalistico: individualmente, l’inerzia ha una sua nobile tristezza. È un affrettarsi colmo d’attivismo, di chiasso: «Noi corriamo senza preoccupazione nel precipizio, dopo aver messo qualcosa davanti a noi per impedirci di vederlo» (Pensieri, 166-183).

Precisamente questo accade, nell’odierno correre di tante democrazie: a cominciare dalla nostra. Accade con l’Alitalia, in modo spettacolare e emblematico. Accade con il posto dell’Italia nel mondo: non solo quando si parla d’economia ma anche di tenuta delle istituzioni, di giustizia, di diritti dell’uomo. Accade con il nostro passato lontano e recente.

L’esperienza dei governi Berlusconi l’abbiamo avuta ma contrariamente a quello che sperava Montanelli non ne siamo usciti vaccinati, come forse non siamo usciti vaccinati neppure dal fascismo. Non è solo l’anomalia del politico-imprenditore che nascondiamo alla nostra vista. Sono interi segmenti di realtà che tanti s’ostinano a ignorare. Quel che costoro vedono sono le innumerevoli cose consolatorie che Berlusconi mette davanti agli occhi degli italiani perché non s’accorgano di come corrono, e verso dove.

Che cosa non si vuol vedere, della realtà e dei suoi precipizi? In primo luogo: la piccolezza cui sono ormai ridotti gli Stati-nazione, specie in un paese, come il nostro, gravato da un debito che l’impiglia nell’impotenza. L’Alitalia è emblematica perché l’idea che tanti se ne fanno è completamente distorta: non è una grande compagnia, anche se ieri lo fu. Spende cronicamente più di quello che guadagna, e nell’economia-mondo il suo peso è nullo. A Friburgo, giovedì, Prodi ha parlato il linguaggio dei fatti e dell’Occasione da cogliere quando si è augurato che l’Alitalia possa «essere riammessa nel grande circuito internazionale delle linee aeree», e «partecipare al grande schema europeo del trasporto aereo». Da soli magari potremmo farcela, ma con sacrifici probabilmente ancora più grandi di quelli oggi previsti.

La realtà che urge contemplare non è solo questa, come abbiamo visto: è la debolezza delle istituzioni italiane, dell’imperio della legge, della giustizia. È il pallore mortale d’una classe dirigente che non produce anticorpi pronti a sbarrare il cammino a chi fa politica privatizzandola per proprio tornaconto, e sistematicamente non edifica ma distrugge. È stato necessario che intervenisse il Financial Times, per dire che Berlusconi, con il suo no a Air France, puntava semplicemente alla bancarotta d’Alitalia.

In una democrazia solida è difficile che un imprenditore senza senso dello Stato e del bene comune vada al potere più volte, senza esser scartato prima di tentare o ritentare. Quanto alla fragilità delle istituzioni democratiche, i fatti creati dai governi Berlusconi parlano da sé. Le leggi ad personam sono un esempio. Ma c’è anche quel che è accaduto nella caserma di Bolzaneto, tra il 20 e il 22 luglio 2001 dopo il G-8 di Genova. È una macchia che non sarà dimenticata, e il governo d’allora ne è responsabile. La recente requisitoria del pubblico ministero al processo su Genova è chiara: «Alla tortura si è andati molto vicini». Le violenze elencate non sono diverse da quelle praticate a Guantanamo o Abu Ghraib.

Lo storico Marco Revelli ha ragione a concludere, scoraggiato, che il silenzio su Bolzaneto aprirà un baratro impaurente fra molti giovani e le istituzioni. Il modo in cui la requisitoria è stata banalizzata creerà la «fuoriuscita di un’altra Italia dall’Italia ufficiale» (il manifesto, 13 marzo 2008). Ancora una volta, la realtà vien fatta evaporare. Il male non visto a Bolzaneto secernerà risentimento, odio: due passioni devastanti che non si sanano senza contemplarne le radici. Anche in questo l’Italia non è un caso a parte. In America, nel più importante discorso tenuto finora, Barack Obama ha invitato gli americani a guardare la realtà e i fatti prima di denunciare il rancore razziale di tanti afro-americani. Il rancore va condannato, ma al tempo stesso studiato alle radici: scoprendo ad esempio che la Costituzione non è gloriosa ma «incompiuta», che in America «esiste il peccato originale della schiavitù». Sempre andare alle radici è un imperativo: in economia, in politica, nella lotta al terrore.

Sono tante le cose che alacremente ci mettiamo davanti per non vedere. È ancora Pascal che parla di chi «crede di vedere quel che non vede affatto», e dell’immaginazione come «maestra dell’errore». L’immaginazione senza rapporto col reale non è meno deleteria dello spavento, e così come c’è una politica della paura c’è anche una politica dell’immaginazione falsa, che inganna e svia. Una politica che perversamente vede unite destre e sinistre estreme, nella storia di ieri e di oggi. L’immaginazione, diceva Malebranche, sovente si tramuta in folle du logis: in donna folle che si chiude in casa, nel suo logis. Il fascismo era di questa pasta, presuntuosamente credendo di poter fare in sé.

L’italianità è una fantasia, e tante altre cose lo sono, compresa la naturale bontà degli italiani. La forza irradiante della Chiesa è una fantasia, e non basta il gran rumore della conversione di Magdi Allam a occultarla. È fantasiosa anche la pretesa dei berlusconiani di rappresentare il Nord, o di quei politici locali che pretendono di rappresentare il personale Alitalia. I sindacalisti, nelle ultime ore, sono ben più vicini ai fatti di quanto lo sia Berlusconi. Il principio di realtà e dunque di responsabilità è nella loro storia. È questo principio che ieri ha spinto Epifani a dichiarare, in sintonia con gli altri sindacati, che «al momento esiste solo l’offerta Air France». E che, in ogni caso, «non ci vuole una soluzione nazionale ma una soluzione attenta agli interessi nazionali».

Dell’immaginazione impazzita gran parte dell’Italia è malata, gravemente. Se solo si svegliasse un attimo, vedrebbe le cose come sono: non il Paradiso che desidereremmo, ma i disastri che conviene evitare e gli inferni che prepariamo a figli e nipoti se non ci togliamo in tempo le bende dagli occhi. È più facile certo mentire e far pagare il conto alle generazioni future. Magari vinci anche un’elezione. Ma il precipizio non cambia posto: è nella sua natura restare lì dov’è.


Sul tema, nel sito, si cfr.:

L’ITALIA "CONFUSA E AGITATA" - E OFFESA!!!


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