Solidarietà al presidente Prodi sulle sue affermazioni di ritiro delle truppe italiane dall’Iraq.

Strumentale attacco della Casa delle Libertà sulla dichiarazione di Prodi in cui prospetta, “in caso di vittoria alle politiche, il ritiro delle truppe occupanti italiane dall’ Iraq”.
domenica 31 luglio 2005.
 

Quello che è accaduto ieri, subito dopo l’approvazione del pacchetto straordinario sulla sicurezza, la dice lunga sul clima bipartisan che si sarebbe creato tra le diverse forze politiche. Il che rincuora non poco dopo che, in questi ultimi anni, con tale termine si sono coperti veri e propri inciuci da vecchia repubblica. Lo strumentale attacco sferrato dal presidente Berlusconi e da altri maggiorenti della CDL nasconde, in realtà, una forte rabbia, quella di essere caduti scioccamente nel tranello della guerra lampo preventiva, tanto decantata dal nume tutelare d’oltreoceano, ed essere rimasti ancora più soli in questo incubo in cui si sono ficcati. Appare quantomai grottesco, oltre che irresponsabile, scagliarsi contro uno dei più strenui critici della guerra in Iraq. Il presidente Prodi non ha mai celato le sue forti perplessità sull’opportunità di un intervento armato che, fin dalla vigilia, appariva un folle attentato alla già fragile stabilità geo-politica internazionale. La sua affermazione rispecchia totalmente il parere della maggioranza degli italiani, che mai come in questo periodo si sentono così esposti alle mire terroristiche dopo gli attentati di Londra e Sharm-el-Scheik. Questa guerra fortemente voluta dal centro-destra sta mostrando, a distanza di due anni e mezzo, la sua enorme assurdità: la guerra al terrorismo non si combatte occupando un paese solo perché ritenuto sostenitore di disperati kamikaze. Una tale ridicola equazione, se coerentemente sentita, avrebbe dovuto aprire altri fronti in altri paesi della regione medio-orientale, anche se l’amministrazione Bush di tanto in tanto li paventa al fine di equilibrare i fatti. La guerra in Iraq, oggi, rappresenta la ferita più scottante, ormai in via di cancrena, che l’11 settembre potesse lasciare al mondo occidentale. Zapatero, dopo l’11 marzo madrileno, fece la scelta più saggia non solo perché mise al riparo da altri e più sanguinosi attentati il suo popolo, ma anche perché rafforzò il fronte critico e oggettivo nei confronti dell’ infondata guerra preventiva americana. Blair, subito dopo le elezioni vinte in sordina nel maggio scorso, dichiarò di aver capito bene la lezione: quella di non essere più sulla stessa lunghezza d’onda sull’idea di un intero popolo, prima che di sinistra, di risolvere diversamente le controversie internazionali, a partire dalla sciagura irachena. Gli attentati inglesi hanno maturato, ulteriormente, in Blair una riflessione critica sulla presenza delle truppe di sua maestà in Iraq. Le dichiarazioni di Blair si collocano in quel solco profondo, tracciato dalla intellighenzia mondiale, che porta verso l’aiuto ai popoli oppressi dall’egoismo occidentale e a un vero dialogo con la comunità musulmana. Occorre inaridire le radici della malapianta del terrorismo piuttosto che dare, di tanto un tanto, colpi di forbice alle sue fronde malate che rinascono più folte di prima. L’italietta a cui allude Berlusconi e che ritornerebbe tale se vincesse Prodi le politiche in verità l’ha già creata lui: oggi tutti i paesi che hanno incondizionatamente sostenuto gli USA in Iraq vivono una situazione di forte smarrimento per un sostegno ad una guerra sbagliata, da un alto, e le cambiali da onorare ai falchi della Casa Bianca, dall’altro, in caso di dietro front. Il fallimento della guerra preventiva americana è sotto gli occhi di tutti. A Prodi va tutta la nostra solidarietà, perché sostenerlo significa non solo liberare il paese dalle metastasi berlusconiane e dalle psicopatie leghiste, ma anche costruire un futuro di pace e riportare il caro vecchio Zio Sam a decisioni più saggie e ponderate.

31/07/05, Marco Militerno


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