Mi appello con sincera fiducia ad Antonio Di Pietro, nelle cui liste ho deciso di candidarmi, sia pure da indipendente, perché dia seguito a una volontà di rinascita della Calabria che molti giovani mi spingono ad esprimere e manifestare, con la parola e l’esempio, al di là di strategie, numeri, combinazioni e scadenze elettorali.

Per la Calabria, torniamo le parti alla politica vera. Anche un appello pubblico a Di Pietro

La Calabria ha più bisogno d’attenzione e risposte delle altre regioni italiane.
sabato 1 maggio 2010.
 

La campagna elettorale sta passando, in Calabria, nel solito clima di diabolica ostilità, perfettamente inutile. Di scorrettezze, colpi bassi, invidie, abusi, mancanza assoluta di rispetto. Tanti, nelle liste, bramano un posto in consiglio regionale: hanno l’obiettivo di vincere fottendosene delle regole, dell’etica, della correttezza, d’una sana e stimolante competizione sui contenuti. Comprano i voti, pagano aperitivi di massa, s’accordano coi massoni deviati o coi boss, fingono di sostenere lealmente un progetto, di soddisfare l’aspettativa di cambiamento che appartiene anche a chi non vota.

La lucidità e l’umanità della stragrande maggioranza dei candidati si perdono miseramente, in questi momenti, in cui occorre invece sposare col cuore la causa calabrese. Intanto la Calabria brucia, frana, soffre, si spopola, agonizza. L’antipolitica per eccellenza, e non nel senso deviato di rimproveri strumentali ai movimenti, è nella mia terra, devastata dalla ’ndrangheta, dal malaffare, da una classe dirigente irresponsabile, volgare e arruffona. Di destra, centro e sinistra.

Tutto ammesso: affissioni selvagge, lettere di pressione ai vertici dei partiti, invasione e occupazione d’ogni spazio, violenza di qualunque genere. Una battaglia feroce, un gioco al massacro, la negazione più brutale del servizio alla collettività.

In un contesto del genere, in cui l’avversario politico, specie se giovane e puro, è nemico da abbattere e polverizzare, viene da domandarsi se per caso non sia meglio riconoscere la follia del sistema e lasciarla alla sua autodistruzione, senza il rischio di confondersi con molti figuri già morti dentro, privi di passione autentica e senso di responsabilità e del futuro. A perderci siamo noi giovani. Perché ci è stato consegnato questo presente malato, in cui la norma è calpestare il prossimo per proprio tornaconto, in un delirio d’onnipotenza e immortalità.

Purtroppo, il berlusconismo ci appartiene, è ormai nel nostro spirito, e non è solo un modo di pensare, agire e vivere del presidente del consiglio, dei suoi accoliti e del suo circo personale. L’istinto di distruzione dell’altro per affermare se stessi è una realtà italiana e, oso dire, specialmente calabrese. Le parti non si distinguono più, perché i metodi sono gli stessi, in quanto i medesimi sono i fini, che non hanno nulla da vedere con l’emancipazione, lo sviluppo, il progresso vero.

Sto sperimentando un largo accanimento nei miei confronti, che non è verso Emiliano Morrone. È semplicemente e tristemente una volontà di potenza e dominio che nuoce in primo luogo al domani delle nuove generazioni, che non hanno colpe, a cui non si può rimproverare lo schifo totale per la politica, visti la sua doppiezza, i suoi giochi sporchi, la sua immoralità trasversale.

Sono stato oggi all’Università della Calabria e ho verificato nel profondo la diffidenza degli studenti verso la politica. Moltissimi non voteranno, senza preoccuparsi che così lasceranno terreno ai protagonisti, mafiosi e affini, di scempi, sprechi, affari e rovine irrimediabili. Ma ho trovato anche intelligenze critiche, coscienze animate, ragazzi che ripudiano la rassegnazione, l’indifferenza, il clientelismo.

Ho scelto di candidarmi, e l’ho fatto spinto da miei coetanei dopo una lunga discussione in rete, per trasmettere un messaggio: tutti possiamo essere coraggiosi, resistenti, combattivi, utili alla democrazia. Noi calabresi siamo un popolo che ha sempre smarrito la propria identità, che ha voluto piegarsi, abbassare la testa, dimenticare la propria dignità e libertà. Non ci abbiamo più creduto: abbiamo affidato a un manipolo di malvagi profittatori il nostro destino, la nostra intera vita.

Oggi c’è ancora spazio e tempo per creare una rete degli onesti, ma dobbiamo impegnarci direttamente, sapendo che intanto noi comuni cittadini, senza timori e mitologie, possiamo incidere e costruire. Ma serve coesione, compattezza, fermezza, collaborazione. Preferisco scriverlo, perché rimanga a futura memoria dopo il voto del 28 e 29 marzo prossimi.

La Calabria ha più bisogno d’attenzione e risposte delle altre regioni italiane.

Mi appello con sincera fiducia ad Antonio Di Pietro, nelle cui liste ho deciso di candidarmi, sia pure da indipendente, perché dia seguito a una volontà di rinascita della Calabria che molti giovani mi spingono ad esprimere e manifestare, con la parola e l’esempio, al di là di strategie, numeri, combinazioni e scadenze elettorali.

Emiliano Morrone e Carmine Gazzanni


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