A Montalto di Castro, nel Viterbese, messi a disposizione 5mila euro a testa
I giovani sono accusati di violenza di gruppo contro una sedicenne
Il sindaco presta i soldi per la difesa
a otto stupratori minorenni: è polemica
MONTALTO DI CASTRO (Viterbo) - Il Comune presta dei soldi ad alcuni minorenni, accusati di stupro di gruppo nei confronti di una coetanea, per sostenere le spese legali. E a Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, scoppia la polemica.
La scelta del primo cittadino Salvatore Caria (Ds) solleva infatti un vespaio: al centro della controversia, ci sono cinquemila euro a testa che il Comune ha messo a disposizione di alcuni dei minorenni accusati di violenza di gruppo. Lo scorso maggio, infatti, otto ragazzi tra i 15 e i 17 anni erano stati arrestati con l’accusa di aver abusato a turno di una sedicenne di Tarquinia. La violenza del branco si sarebbe consumata tra la fine di marzo e i primi giorni di aprile, e gli aguzzini avrebbero poi minacciato la giovane, intimandole di non rivelare quanto accaduto.
Ma proprio grazie alla denuncia della ragazza, gli otto erano stati fermati e messi agli arresti domiciliari. Adesso, il sindaco ha proposto di farsi carico della loro difesa con soldi pubblici. Si tratta di un prestito ("Gli interessati - spiega - hanno sottoscritto una garanzia attraverso al cessione degli stipendi) a sostegno dei minori che non sono in grado di provvedere da soli alle spese legali e non possono contare sull’aiuto delle famiglie.
"Lo abbiamo fatto - dice Caria - perché sono tutti minorenni e perché abbiamo applicato il principio di presunzione d’innocenza previsto dall’ordinamento. Inoltre, continua il primo cittadino, si tratta di un caso limite, reso tale dall’età dei presunti stupratori. "Anche se dovessero risultare colpevoli - conclude - le istituzioni avrebbero il dovere favorire il loro recupero e il loro reinserimento sociale".
Ma la scelta del sindaco solleva polemiche e questioni morali. Dalla segreteria provinciale della Cgil di Viterbo Miranda Perinelli parla di vergogna e scandalo. "Quei soldi pubblici - spiega - sono stati usati contro una sedicenne che ha avuto il coraggio di denunciare la violenza sessuale subita. E’ incredibile ma è così".
* la Repubblica, 18 luglio 2007
GIURISTI DEMOCRATICI
Al Sig. Sindaco di Montalto
Piazza Giacomo Matteotti n. 11
MONTALTO DI CASTRO
Ill.mo Sig. Sindaco,
L’Associazione Nazionale Giuristi Democratici esprime il proprio disappunto in merito alla Sua scelta di finanziare la difesa di ragazzi imputati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una giovane donna.
Non appare una scelta lecitamente giustificabile come “applicazione del principio di presunzione d’innocenza”, che dovrebbe portare allora il Comune ad intervenire in ogni processo che veda coinvolti suoi cittadini, (e che ne sarebbe, allora dei Suoi cittadini, persone offese dal reato?); né possono essere accampate ragioni di difesa dei non abbienti, qualora sussistenti, per le quali esiste l’istituto del patrocinio a spese dello Stato.
Riteniamo, inoltre, tale scelta, compiuta da chi è capo del Governo del Comune e lo rappresenta, profondamente lesiva non solo della dignità della vittima, ma di tutte le donne che, avendo subito violenza, trovano il coraggio di denunciarla: sono inaccettabili le Sue parole , laddove alla domanda se abbia compiuto qualche gesto di solidarietà anche verso la ragazza vittima di violenza, ha risposto, secondo quanto riferito dagli organi di comunicazione «Non la conosco, non l’ho mai vista in faccia. Non mi ha mai chiesto niente». Ma detta scelta offende, altresì, la sensibilità di ogni democratico che non può comprendere lo schierarsi di un’istituzione pubblica, in una situazione così delicata e drammatica.
Questa giovane, alla quale va la nostra più profonda e sentita solidarietà, è stata, a causa delle Sue parole, rivittimizzata per la terza volta: la prima, umiliata nel corpo e nella psiche da uno stupro multiplo e brutale e dalle minacce per indurla al silenzio; la seconda quando, avendo trovato il coraggio e la determinazione per la denuncia, il gruppo l’ha attaccata nuovamente, offendendo la sua dignità di donna, “Era un gioco, lei ci stava, era ubriaca fradicia, non è una santarellina. Aveva la minigonna nera e ci ha provocati”, confermando così che la violenza potrebbe essere, a giudizio di costoro, giustificata dall’espressione libera nel vestire di una ragazza come tante, che si fa bella per una festa, riaffermando con quelle parole i più biechi stereotipi maschilisti, giustificativi e discriminatori.
Ella, in quanto rappresentante della collettività, per primo avrebbe dovuto condannare quelle parole, che non esprimevano certamente dissenso e lontananza dal fatto commesso, esprimere solidarietà alla ragazza oggetto delle aggressioni, adoperarsi perché nel Suo paese non fossero socialmente accettate giustificazioni di carattere morale ad un atto di aggressione sessuale fatto su di un corpo considerato merce in esposizione, ed anzi in offerta, un abuso consumato su carne oggetto di piacere, conculcando le scelte e la personalità in costruzione di una giovane donna.
Se Ella in questo si fosse adoperato, se nel suo Comune, a seguito di tale episodio, avesse attivato campagne per combattere la discriminazione di genere nelle scuole, programmi di ascolto e di supporto psicologico e socioassistenziale per coadiuvare le donne che intendono uscire da situazioni di violenza domestica o denunciare episodi di stupro che hanno avuto conseguenze traumatiche sulla loro psiche o vita sessuale, forse avrebbe anche avuto un senso pensare alla futura riabilitazione relazionale e al reinserimento sociale degli imputati di stupro, una volta che la giustizia avesse fatto il suo corso; ma così, signor Sindaco, il Suo gesto appare parziale, ovvero di una parte, quella maschile, ennesima negazione del fatto che la violenza sulle donne sia un problema politico e non personale, di costume e non relazionale, di sesso e non di genere.
Per questo La invitiamo, qualora, come si auspica, la Sua Giunta revochi la decisione di stanziare denaro pubblico in favore dei ragazzi imputati di stupro, a destinare quel denaro alla promozione di politiche di sensibilizzazione sulle discriminazioni di genere nelle scuole ed a istituire programmi di supporto per le vittime di violenza, come risarcimento sociale per le donne che silenziosamente subiscono violenze e discriminazioni, dentro e fuori dalla famiglia, anche nella Sua comunità.
Avv. Roberto Lamacchia
Presidente
Associazione Giuristi Democratici
Fonte: Barbara Spinelli, 20.07.2007
Verrà revocata la delibera per "motivi di opportunità"
Gli otto ragazzi sono indagati per stupro di gruppo
Montalto, il Comune fa dietrofront:
niente soldi ai minorenni accusati
MONTALTO DI CASTRO (Viterbo) - Il Comune di Montalto fa dietrofront. Non verranno prestati ai minorenni accusati di stupro i soldi per sostenere le spese della difesa. La delibera che aveva messo a disposizione di alcuni degli otto ragazzi indagati per aver violentato in gruppo una coetanea, verrà infatti revocata.
La decisione del sindaco di Montalto di Castro, Salvatore Carai, aveva sollevato molte polemiche. Per questo, nel pomeriggio verrà ufficializzata la marcia indietro della giunta "per motivi di opportunità". Carai aveva deciso di prestare 5mila euro a testa ad alcuni dei minori, che hanno tra i 15 e i 17 anni, per affrontare il processo. Il gesto era stato letto da molti, tra cui la madre della ragazza, come un’ulteriore violenza nei confronti della quindicenne di Tarquinia che era stata vittima del branco tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. Per la giovane, che aveva trovato la forza di denunciare lo stupro nonostante le minacce, la decisione del Comune era "una presa di posizione contro di me".
Sulla vicenda, il gruppo dell’Ulivo al Senato e il senatore di Forza Italia Giulio Marini avevano rivolto al ministro dell’Interno Giuliano Amato due interrogazioni parlamentari. Era intervenuta anche il ministro per le Pari opportunità, Barbara Pollastrini, che si era detta "esterrefatta" della scelta del Comune. In molti avevano chiesto che la delibera fosse revocata: tra questi, il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo. Altri, tra cui il Telefono Rosa, avevano domandato che il primo cittadino di Montalto si dimettesse.
Polemiche da destra e sinistra, dunque, così come pieno sostegno e solidarietà alla vittima della violenza. Alessandra Mussolini, segretario di Azione Sociale, le ha offerto di occuparsi delle spese legali: "Ho deciso - ha detto infatti - di offrire alla giovane l’assistenza legale del mio avvocato, Franco Cardiello, garantendo la gratuità delle sue prestazioni. Donerò, inoltre, alla giovane una somma tratta dal finanziamento pubblico che il mio partito riceve per garantire, seppur indirettamente, il supporto dello Stato a una vittima di violenza".
* la Repubblica, 20 luglio 2007
Sul tema, e più in generale, nel sito, si cfr.:
La lettera scarlatta
di Renato Pierri *
Caro direttore,
nel romanzo di Nathaniel Hawthorne, Hester viene esposta al ludibrio del popolo di Salem, per aver commesso adulterio, e deve sottostare alla pena di portare sul petto una A scarlatta, che vuole significare "Adultera"; diventando così la pecora nera della comunità puritana del XVII secolo.
Oggi, terzo millennio, è come se gli abitanti di Montalto di Castro (non tutti), con il loro bravo sindaco in testa, avessero cucito la lettera S, che vuole significare "Stuprata", sul petto di Marinella, la ragazza che fu violentata da un gruppo di giovani un paio d’anni fa. Questa, infatti, sarebbe la sua colpa: di essere stata violentata, e per questo è costretta a vivere chiusa in casa, lontana dalla scuola, dalla quale si è ritirata in seguito alla violenza subita, e senza un lavoro.
Un giorno voglio recarmi a Montalto di Castro, per chiedere al parroco quante volte lui e gli assidui frequentatori della parrocchia, sono stati a trovare Marinella. Quante volte il sacerdote in chiesa ha parlato in sua difesa. Sono certo che avranno cercato di aiutarla in tutti i modi. Potrebbero fare altrimenti dei buoni cristiani?
Renato Pierri
Scrittore ed ex docente di religione
P.S. Ovviamente colui che ritiene colpevole una donna per aver subito violenza, non è un puritano. E’ un imbecille.
* IL DIALOGO, Mercoledì 11 Novembre,2009 Ore: 17:06
Stupro a Montalto, quel sindaco se ne vada
di Lidia Ravera *
Avrebbe avuto le sue buone ragioni, il sindaco Salvatore Carai, nel dichiarare di aver anticipato le spese legali a un branco di giovani inquisiti perché «sono tutti minorenni», perché «non sono in grado di provvedere da soli» e perché sono «presunti innocenti» fino alla condanna definitiva. Le avrebbe se il branco avesse “presumibilmente” rapinato una banca. Se avesse scazzottato o fatto casino. Perfino se avesse, sempre con la garanzia del dubbio, ammazzato qualcuno. Ma il branco è accusato di aver violentato ripetutamente e col vantaggio del numero una ragazzina, sola, nel folto di una pineta, alla fine di una festa.
È la ragazzina che li ha accusati. È lei che li ha riconosciuti, smascherati, inchiodati alle loro responsabilità. A questo punto l’esercizio del dubbio più che di una garanzia democratica a favore dei presunti colpevoli ha il sapore di una mancanza di fiducia nella parola della sicura innocente. Così, Salvatore Carai, sindaco di Montalto di Castro, risulta non avere, ahimè, alcuna buona ragione. Viene da chiedersi se abbia delle figlie. Se abbia una moglie, una fidanzata. Gli uomini, per capire che cos’è uno stupro, devono fare uno sforzo di fantasia. Se amano una donna, una bambina, una ragazza, forse, ci riescono meglio, a immaginare l’orrore. Difficile? Li aiuto io: tu hai 15 anni, hai ballato, ti sei divertita, magari qualcuno ti ha anche fatto un po’ la corte, ti senti grande. Poi è tardi, devi tornare a casa, vuoi riviverti tutta la festa, domani la racconterai alle tue amiche. Ti incammini, ma qualcuno ti segue, non è un ragazzo da solo, sono quattro, sei, otto. Improvvisamente hai paura, non dai corda, allunghi il passo. Ma quelli ti sono addosso. Sono più forti di te, sono tanti e tu sei sola, ti rovesciano per terra con la facilità con cui si schiaccia col piede una formica. Gridi, ma le tue grida li eccitano ancora di più. Ce ne hai uno sopra, senti un gran male. Qualcosa si lacera. Non pensavi che fosse così brutto. Tutti dicono che è meraviglioso. Il dolore cresce, con il dolore la paura. I ragazzi si danno il cambio sul tuo corpo, come se tu fossi una latrina e loro, a turno, facessero i loro bisogni dentro di te. Pensi che non lo dimenticherai mai. E sarà così. Passerai la vita ad avere paura, a sentire disgusto per quella cosa bellissima che è fare l’amore. Quando si stancano di seviziarti ti lasciano per terra, spossata, sporca, vergognosa e dolorante, col terrore di essere rimasta incinta (a 15 anni, 17, 20 è facilissimo), col terrore di essere una cosa, un utensile, un pupazzo, un pezzo di carne che i maschi si divertono a penetrare. Ha idea, adesso, il garantista signor sindaco, di come ci si sente dopo essere servite ad un branco di mascalzoni per celebrare il loro selvaggio rituale di affermazione e di potenza? Mi crede se gli dico che non si dimentica mai, per tutta la vita? Oppure deve sentire altre opinioni, pagare un principe del foro e provare a ridurre la pena? Lo stupro, caro sindaco, è un reato contro la persona. Nell’area del partito in cui Lei milita, quello dei democratici di sinistra, da trent’anni, le donne conducono una battaglia perché la violenza carnale non sia più considerata come una faccenda da “offesa al pudore”, perché non sia giustificata mai, in nessun caso, nemmeno se chi subisce violenza è una provocante fanciulla in minigonna, a tette nude, senza mutande, nemmeno se è la moglie dello stupratore, nemmeno se è una prostituta. Mai, in nessun caso, gli uomini possono prendersi quello che una donna non ha voglia di dargli. Mai, a nessuna età. Chiaro, signor sindaco democratico di sinistra? Speriamo di sì, speriamo che abbia imparato qualcosa. Ma nel frattempo, la prego, proprio in virtù della sua collocazione politica, dia le dimissioni dal suo incarico. Lo faccia per noi, noi che i democratici di sinistra li votiamo, sotto varie etichette, da quando abbiamo incominciato a votare. Noi che ci illudiamo (ne abbiamo bisogno, non sappiamo farne a meno) che essere parte della sinistra voglia dire essere diversi. Più dalla parte dei deboli, più attenti alle specifiche croci della condizione femminile, più decisi nel perseguire la violenza di gruppo (fatua, disgustosa). Noi che abbiamo bisogno di illuderci (ancora? Sì, ancora) che essere di sinistra voglia dire qualcosa.
www.lidiaravera.it
* l’Unità, Pubblicato il: 21.07.07, Modificato il: 21.07.07 alle ore 9.29
Il Rapporto dell’Istat sulla violenza e i maltrattamenti contro la donna
Commissionato dal ministero delle Pari opportunità, è il primo di questo genere
Tre donne su 10 hanno subito violenza
Il 33 per cento sceglie di non denunciare
La ricerca è stata fatta nel 2006 su un campione di 25 mila donne tra i 16 e i 70 anni
Dallo stupro ai capelli tirati, dallo stalking alle intimidazioni. Il più violento è sempre il partner
di CLAUDIA FUSANI *
ROMA - In Italia il 31, 9 per cento delle donne tra i sedici e i settanta anni hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita. Per la precisione, cinque milioni di donne hanno subìto violenza sessuale, che s’intende stupro, tentato stupro ma anche rapporti sessuali "non desiderati e subìti per paura delle conseguenze" e "attività sessuali degradanti e umilianti". Il 18, 8 per cento è stato più "fortunato" e ha sopportato "solo" violenze fisiche, dalla minaccia più lieve a quella con le armi, dagli schiaffi al tentativo di strangolamento.
I numeri possono essere mostruosi perché riescono a semplificare e a ridurre in segni le situazioni più drammatiche. Riescono a far diventare statistica il dolore, l’umiliazione, la disperazione. Se si riescono ad attraversare le 43 pagine del rapporto su "La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia" andando dietro i numeri e cercando di immaginare i volti e le storie delle migliaia di donne intervistate, avremo uno spaccato dell’Italia che nessuno conosce perché è difficile immaginarlo, perché è più comodo non vederlo.
La ricerca presentata ieri a San Rossore, la ex tenuta presidenziale sul litorale pisano, dall’istituto spagnolo Santa Sofia racconta che nel mondo muore una donna ogni otto minuti e che l’Italia è al 34esimo posto (su 40) di questa speciale classifica. C’è in Europa, chi sta molto peggio di noi, il Belgio, ad esempio. La ricerca realizzata dall’Istat su input del ministero delle Pari Opportunità, la prima di questo genere, specifica sui maltrattamenti - senza spingersi all’omicidio - ci mette sotto gli occhi una situazione drammatica anche perché silenziosa e taciuta. Qualcosa contro cui, ad esempio, non risultano iniziative di tipo legislativo o altro. E’ una fotografia circoscritta da numeri. Su ogni cifra, per trovare le parole necessarie, occorre fermarsi e riflettere.
Tre tipi di violenza. L’indagine (il campione comprende 25 mila donne tra i 16 e i 70 anni intervistate su tutto il territorio nazionale dal gennaio all’ottobre 2006) misura tre diversi tipi di violenza: quella fisica, quella sessuale e quella psicologica che comprende le denigrazioni, il controllo dei comportamenti, le strategie di isolamento, le intimidazioni e tutto ciò che può "armare" l’ossessione di un partner, di un ex amante o anche solo di una persona conosciuta e creduta amica.
La violenza del partner. Il 21 per cento delle vittime ha subìto violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6% solo dal partner, il 54,6% da altri uomini non partner. I mariti, o conviventi, o fidanzati sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica (67,1%) e di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro o i rapporti sessuali non desiderati ma subìti per paura di conseguenze. Il 69, 7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è opera di estranei. Violenza genera violenza e in genere è violento chi ha visto o subìto violenza. Tra i partner violenti, il 30 per cento ha vissuto e visto la violenza nella propria famiglia di origine; il 34,8% ha avuto un padre violento e il 42,4% la mamma.
Il silenzio. Quelle delle donne che subiscono violenza sono grida silenziose, mute, spaventate. La parte sommersa del fenomeno è elevatissima: restano non denunciate il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle dal partner. La ricerca dell’Istat dice che il 91,6% degli stupri non viene denunciato. E che il 33% delle donne non parla con nessuno, nasconde per sempre quello di cui è stata vittima.
Più forme di violenza. Un terzo delle vittime subisce violenza sia fisica che sessuale. Tra le violenze fisiche le più frequenti (56, 7%) sono "spinte, strattonamenti, un braccio storto o i capelli tirati". Il 52% dei casi riguarda "la minaccia di essere colpita" e il 36,1% "schiaffi, calci, pugni o morsi". Se c’è di mezzo una pistola o un coltello la percentuale, per fortuna, crolla all’8,1%; il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione arriva al 5,3% dei casi. Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche come "l’essere toccata sessualmente contro la propria volontà" (79,5%), rapporti sessuali non voluti (19%), il tentato stupro (14%), lo stupro (9,6%) e i rapporti sessuali degradanti e umilianti (6%).
La violenza in casa? Non è un reato. C’è un dato nella ricerca - che geograficamente coinvolge in minima parte il sud del paese dove tutte le percentuali rilevate sono minime - che lascia perplessi e la dice lunga sulla scarsa educazione femminile al rispetto di sé. Solo il 18,2% delle donne considera reato la violenza subìta in casa e in famiglia. Per il 44% quello che è successo è stato "qualcosa di sbagliato", per il 36% "solo qualcosa che è accaduto". Anche lo stupro e il tentato stupro è diventato reato solo nel 26,5% dei casi.
La persecuzione dello stalking. Due milioni e 77 mila donne (18 %), hanno subìto comportamenti persecutori (stalking) da parte del partner al momento della separazione o dopo che si erano lasciati. La persecuzione più diffusa (68, 5%)è quando lui vuole a tutti i costi parlare con lei che invece non ne vuole sapere. Il 61, 6% ha chiesto ripetutamente appuntamenti per incontrarla; il 57% l’ha aspettata fuori casa, davanti a scuola o fuori dal lavoro; il 55,4% le ha inviato messaggi, telefonate, e mail, lettere o regali indesiderati; il 40,8% l’ha seguita o spiata. Un inferno, non c’è che dire.
Quando la violenza è psicologica. Le vittime, in questo caso, si contano in 7 milioni e 134 mila donne. A casa e al lavoro. Il 46,7% vengono isolate, su altre scatta il controllo (40%), la violenza economica (30,7%) e la svalorizzazione (23,8%) da cui derivano la perdita di autostima e gli esaurimenti nervosi. Metodi subdoli, con confini effimeri, facili da smentire e da non rilevare. Solo il 7,8% è vittima di vere e proprie intimidazioni.
Prima dei 16 anni. In Italia un milione e 400 mila donne hanno subìto violenza sessuale prima dei 16 anni e da parte di persone per lo più conosciute. Si tratta per lo più di conoscenti e parenti (25%), un amico di famiglia (9,7%) o un amico della ragazza (5,3%). La violenza avviene in casa e il 53% delle vittime decide di vivere col proprio segreto.
* la Repubblica, 21 luglio 2007
Il segretario Ds e l’esponente dell’Ulivo avevano criticato il primo cittadino
per aver deliberato soldi per la difesa di alcuni minorenni accusati di stupro
Stupro, il sindaco di Montalto
attacca Fassino e la Finocchiaro
L’opposizione aveva presentato una mozione di sfiducia discussa oggi nel comune del viterbese
Manifestazione di solidarietà di alcune donne: "Salvatore non mollare" e "Carai resta dove stai"
MONTALTO DI CASTRO (VITERBO) - "Anna Finocchiaro? Una talebana del c...". "Il segretario del mio partito (Piero Fassino, ndr)? E’ lui che ha bisogno di me e non io di lui". Sono alcune delle frasi pronunciate dal sindaco diessino di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo. Salvatore Carai è finito nella bufera per alcune delibere, poi revocate, con le quali ha anticipato le spese legali a sei degli otto minorenni montaltesi accusati di aver stuprato in gruppo una quindicenne di Tarquinia. Una decisione che ha provocato una dura presa di posizione sia all’interno del Consiglio comunale da parte dell’opposizione, che ha presentato una mozione di sfiducia che è stata discussa oggi.
Durante il dibattito, si è subito capito che Carai non avrebbe mantenuto la promessa di non dire più una parola sulla vicenda, come aveva annunciato nei giorni scorsi in una lunga lettera alla stampa, con la quale spiegava i motivi della sua decisione e chiedeva scusa alla ragazza per averla involontariamente offesa. Salvatore Carai, ha invece trasformato quello che avrebbe dovuto essere il giorno della ’pietra sopra’, nel giorno delle affermazioni deflagranti, destinate a rinfocolare le polemiche.
Il sindaco, in particolare, ha rivolto le sue "attenzioni" alla presidente del gruppo dell’Ulivo al Senato. Anna Finocchiaro è stata bollata come talebana, interrompendo un consigliere di An che gli ricordava la presa di posizione della Finocchiaro, che aveva definito sconcertante la decisione del Comune di Montalto. Identica la dinamica per il riferimento a Fassino, con l’opposizione che ricordava la richiesta del segretario Ds di ritirare i provvedimenti e Carai che rintuzzava sostenendo che è Fassino ad aver bisogno di lui e non viceversa.
Per il resto, Carai ha ricostruito l’intera vicenda negli stessi termini dei giorni scorsi. Ha sostenuto di aver accolto le segnalazioni delle assistenti sociali del tribunale dei minori che gli hanno chiesto di non abbandonare i ragazzi accusati di stupro, di essere solidale con la giovane che avrebbe subito la violenza, alla quale ha chiesto scusa. Il sindaco ha anche spiegato che, alla luce del clamore avuto dalla vicenda, se tornasse indietro si comporterebbe in modo diverso.
La mozione di sfiducia è stata bocciata con 11 voti contrari, quelli del centrosinistra, e 5 a favore, quelli della Cdl. Subito dopo, Carai è sceso in piazza a raccogliere gli applausi e le strette di mano dei fans che lo attendevano in piazza: un’ottantina di persone, quasi tutte donne, che avevano già inscenato una manifestazione esibendo uno striscione con la scritta "Salvatore non mollare, siamo tutti con te" e urlando lo slogan "Carai resta dove stai".
La prima reazione alle dichiarazioni di Carai è stata quella del senatore Giulio Marini (Fi), che ha espresso solidarietà alla Finocchiaro, definendo "rozze e inqualificabili" le affermazioni del sindaco. Più tardi è giunta anche la replica del portavoce di Fassino, Gianni Giovannetti, per il quale Carai, che avrebbe bisogno di "un periodo di riposo", ha dimostrato "assoluto sprezzo del ridicolo e totale mancanza di responsabilità e misura". Non è voluta intervenire, invece, Anna Finocchiaro, che si è limitata a un "no comment".
In tutta la vicenda non è mancato anche un piccolo giallo. Prima del consiglio comunale, la sezione Udc di Montalto di Castro ha diffuso una nota che prendeva le distanze dalla mozione di sfiducia e si dichiarava solidale, almeno dal punto di vista umano, con Carai. Ma subito dopo l’apertura del consiglio comunale, il segretario provinciale dell’Udc, Candido Socciarelli, sebbene fosse a Praga, telefonicamente ha spiegato che a Montalto non c’è alcuna sezione dell’Udc e quindi alcun iscritto. Perciò la nota era falsa. Socciarelli ha annunciato che presenterà una denuncia contro chi ha redatto e diffuso il comunicato.
* la Repubblica, 1 agosto 2007