REGGIO/ Angela Napoli: “Vinta una battaglia”. Frecciata a Scopelliti: “Chi ha causato lo sfacelo chieda scusa”
di Viviana Pizzi *
Lo scioglimento per contiguità mafiosa del Consiglio Comunale di Reggio Calabria “ha segnato una pagina di libertà e giustizia per l’intera città”. L’onorevole Angela Napoli (Fli), membro della Commissione antimafia del Parlamento, ha le idee chiare su quanto avvenuto ieri. Per la finiana è arrivato il tempo di abbandonare quel senso di impotenza di fronte a gravi fatti di cronaca che hanno dimostrato la collusione tra ‘ndrangheta e politica in Calabria. Si tratta di un atto amministrativo primo in Italia a cui, secondo l’onorevole, seguiranno altre inchieste e vicende di cronaca. La Napoli, peraltro, preferisce non lanciare accuse ai politici che per anni l’hanno denigrata anche quando era un membro del Pdl - anche se sono evidenti le sue frecciate alla gestione Scopelliti. Meglio pensare al domani, dice. E chiama tutti i reggini onesti a collaborare alla Commissione Straordinaria chiamata ad amministrare la comunità per diciotto mesi. Noi abbiamo inteso approfondire con lei alcuni aspetti della vicenda.
Da Roma hanno sciolto il Consiglio Comunale di Reggio Calabria per contiguità con la mafia. Lei da sempre aveva denunciato questo stato di cose, ma era stata oggetto di attacchi furiosi e addirittura additata come giustizialista tout court. Cosa si sente di dire oggi alle forze politiche della città?
Mi sento di invitare le persone che hanno causato questo sfacelo a chiedere scusa alla città di Reggio. Ora mi aspetto da parte loro una presa d’atto di quanto avvenuto e un gesto di responsabilità da parte loro, ossia che si facciano da parte per il bene della città.
Da membro della Commissione antimafia cosa pensa si debba fare ora per restituire la città ai reggini onesti?
Si potrebbe risorgere con l’unione di forze sane. Non solo politiche, ma anche quelle del mondo del volontariato, quelle civiche e sociali. Bisogna per questo oltrepassare gli schieramenti combattendo tutti insieme il malaffare e la corruzione, facendo così riemergere la parte lodevole della città.
Anche superando gli steccati dei partiti con un governo di salute pubblica?
Certo, è proprio quello che volevo intendere. E’ inutile legarsi agli schieramenti politici in un momento in cui bisogna guardare soltanto al bene di Reggio Calabria.
Quanto è grave un fatto del genere per una città come Reggio Calabria?
Più che grave è pesante. Bisogna tener presente che è il primo capoluogo di provincia sciolto per continguità con la mafia. Ma è grave soprattutto perché la comunità non si è mai resa conto della cappa e del malaffare che l’hanno sovrastata per anni. Finalmente possiamo dire che Reggio Calabria è libera e ora sta ai reggini saper fare buon uso di questa libertà.
Quali sono stati gli ultimi fatti di cronaca che hanno fatto pensare a una soluzione del genere per il capoluogo calabrese?
Erano davvero tantissimi a partire dallo scandalo delle società partecipate. Basti pensare agli arresti del consigliere comunale Plutino e alla vicenda dell’ assessore Morisani senza tralasciare la vicenda dall’ex assessore Duccio costretto alle dimissioni per quanto contestato alla suocera. Poi non bisogna tralasciare quanto dichiarato dai pentiti e le dichiarazione del colonnello Giardina durante la fase processuale dell’operazione antimafia Metra.
Onorevole Napoli si è mai sentita sola in questa lotta contro il malaffare?
Di sicuro non è stato facile. Alcune volte non vi è dubbio sono stata vittima di attacchi feroci e costanti. Gli uomini del mio partito pensavano che io stessi portando avanti battaglie contro il singolo. In molti casi le mie battaglie non sono state comprese ma ora i fatti mi danno ragione.
Pensa di aver vinto una battaglia o la Guerra con questa decisione del Governo?
Per ora si tratta solo di una battaglia: la Guerra non è stata ancora vinta. Questo del Governo è soltanto un provvedimento amministrativo, ma io sono convinta che ci siano ancora tante inchieste da far emergere e tante responsabilità da attribuire.
Tolta la scorta blindata all’ex parlamentare antimafia Angela Napoli minacciata di morte - Farà da se (ma non trova nessuno)
di Roberto Galullo *
Per tre volte in Commissione parlamentare antimafia (una volta come vicepresidente), una vita blindata da 10 anni per le sue battaglie antindrangheta, minacciata l’ultima volta a gennaio di quest’anno attraverso le parole intercettate nel carcere di Tolmezzo a Pantaleone Mancuso («Stiamo lavorando per toglierla di mezzo», pronunciate dopo un’interrogazione parlamentare presentata sul provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia che dispose il trasferimento in ospedale del presunto boss), ad Angela Napoli è stata tolta la scorta che finora l’ha protetta.
Quando la Questura - a ore - le comunicherà ufficialmente la notizia che le è stata anticipata telefonicamente ieri sera dalla Prefettura, via la macchina blindata, via l’autista e l’uomo di tutela e largo al fai-da te.
Il livello di vigilanza che lo Stato potrà assicurargli è infatti il 4: vale a dire che la Napoli ci deve mettere la propria macchina, un suo autista personale e il Viminale ci metterà un uomo a tutela.
A raccontare quanto è accaduto è proprio lei, di ritorno da una nuova tappa della sua politica in giro per la Calabria (ieri era a Gioia Tauro), che continua a svolgere con la sua associazione Risveglio Ideale, nonostante non sia più stata neppure candidata al Parlamento. «Ieri sera mi ha telefonato il prefetto di Reggio Calabria Vittorio Piscitelli - racconta Napoli con la solita calma - e ha fatto riferimento ad una circolare dell’ex ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri che obbliga a rivedere lo status delle persone protette e mi ha comunicato, di conseguenza, le novità».
Napoli non si è comunque persa d’animo e ha cominciato a cercare qualcuno che voglia fargli da autista. Risposte: zero. «Nessuno mi vuole fare da autista - dice - perchè hanno giustamente paura. A questo punto rinuncerò a quel poco di scorta che mi verrebbe attribuita perché un autista non lo trovo e il poliziotto che mi verrebbe assegnato a tutela ovviamente non può guidare anche la macchina, oltretutto privata. Mi dispiace ma dirò allo Stato che si deve assumere fino in fondo la propria responsabilità. Non potrò più muovermi in alcun modo».
C’è da chiedersi se la decisione sia frutto di battaglie intestine alla sua ex coalizione politica di centro destra (militava nel Fli di Gianfranco Fini dal quale poi uscì polemicamente). «Qualcuno mi fa notare -risponde Napoli - che pago quel che ho detto, senza guardare in faccia a nessuno, soprattutto da dopo lo scioglimento per contiguità mafiose del Comune, di centro destra, di Reggio Calabria. Pago tutto, compreso il mio ultimo intervento a Reggio Calabria il 2 maggio in cui sono ritornata su quel tema e ho come sempre denunciato i sistemi criminali che governano questa regione. Per fare nomi e cognomi non c’è bisogno di essere parlamentari ma mi domando: come può lo Stato ritenere che non ci sia più bisogno di tutelarmi o farlo in maniera tale che io sia costretta a rinunciare? L’unica cosa che possono fare per non farmi muovere è togliermi la scorta. L’hanno fatto e se ne assumeranno la responsabilità ma io non mollerò questa battaglia di civiltà politica anche perché voglio chiarire che la scorta non mi era stata assegnata come parlamentare ma come soggetto ad alto rischio. Vuole che le racconti l’ultima? Il prefetto mi ha detto: “se dovesse succedere qualcosa rivedremo la decisione”. E cosa aspettano? Che mi ammazzino per ridarmi la scorta?».
C’è da chiedersi che ne sarà delle battaglie di una delle pochi voci fuori dal coro in una Calabria autodistruttiva e, dunque, sempre più arretrata.
* Il Sole-24 0re, 10 maggio 2013
di Roberto Galullo *
Cari lettori di questo umile e umido blog chi l’avrebbe mai detto!
La scorta politica ad Angela Napoli - che ancora nel 1994, una vita fa, eppure sono passati appena 19 anni, presentava ordini del giorno, interrogazioni e interpellanze firmando in calce al suo nome “Alleanza nazionale-Movimento sociale italiano” - sarà approntata dal Pd e del Movimento 5 Stelle.
Che contrappasso storico e sociale per chi ha vissuto una vita fianco a fianco con il delfino di Giorgio Almirante, vale a dire quel Gianfranco Fini che ad un certo punto ha deciso di lasciare Napoli al proprio destino!
Dopo la decisione del Viminale attraverso il Comitato ristretto reggino per l’ordine pubblico e la sicurezza -assunta il 10 aprile ma comunicatale appena un mese dopo, coincidenza del tutto casuale con il cambio della guardia al ministero dell’Interno - di revocarle la scorta (si veda il post di ieri in archivio) toccherà infatti a due parlamentari del Pd e del M5S correre in Parlamento in soccorso dell’ex vicepresidente della Commissione antimafia che dopo una vita spesa contro la criminalità organizzata è stata prima mollata dal partito (ha militato nel Fli per poi abbandonarlo a causa di forza maggiore) e poi, così sembra, dallo Stato.
Dopo che la notizia ieri è circolata nelle redazioni e nelle segreterie dei partiti (forse i sistemi criminali calabresi erano già a conoscenza da mesi dell’epilogo e poi su questo tornerò), il cellulare di Napoli ha trillato in continuazione. Telefonate di solidarietà da giornalisti, imprenditori, gente comuni e politici. Politici della destra direte voi! Maddeche!
Dagli ex alleati e amici manco un sms. Anzi no, mi correggo: solo uno, giunto dall’ex collega in Commissione parlamentare antimafia Fabio Granata. Ma mica di solidarietà! No, solo per informarsi sulla veridicità della notizia e condividere un male comune (ma non un mezzo gaudio): anche a lui è stata tolta la scorta ma non in Sicilia (dove vive e lavora) ma fuori dall’isola.
A farsi viva per il Pd è stata la senatrice Doris Lo Moro, che in barba alle divisioni partitiche e in onore delle idee, dei valori e dei principi, le ha preannunciato (e ha annunciato poi a questo umile e umido blog) un’interrogazione parlamentare che presenterà lunedì indirizzandola all’attenzione di Governo e ministro dell’Interno.
Oltre a Lo Moro si è fatta avanti anche Dalila Nesci, che dopo aver abbandonato il Movimento Ammazzateci Tutti (anni fa) ha abbracciato recentemente il Movimento 5 Stelle con il quale è stata eletta in Parlamento. Errare è umano ma perseverare...
Al netto di questo ha il coraggio di schierarsi a fianco di Napoli, annunciando la volontà di presentare anche lei e subito un’interrogazione parlamentare, per conoscere i motivi, accompagnandola con una riflessione che affida anch’essa a questo umile e umido blog: «È doveroso affermare un principio: lo Stato deve proteggere i nemici del crimine organizzato; a prescindere, soprattutto in Calabria, da valutazioni su economie e risparmi».
Servirà a poco ciò che faranno (per prime due donne) Lo Moro e Nesci? Servirà a nulla per far tornare il Viminale sui propri passi? Servirà a tanto? Non ho risposte ma - ovviamente - queste prese di posizione (e altre che sono in preparazione) serviranno a fare chiarezza su una decisione che - a mio modesto avviso - ha punti oscuri.
Ora - sia ben chiaro - che chi ha assunto la scelta di rivedere il livello della sua protezione ha assunto in perfetta buona fede questa decisione e che nessuno si permetta di negare che abbiano applicato alla lettera (mi permetto di celiare per sdrammatizzare) il comma X della lettera Y del decreto legge Z così come modificato dal decreto legislativo T su suggerimento della circolare del consiglio d’Europa V, rivista e corretta dalla Centrale del Latte con la raccomandazione lattiero-casearia U.
La legge è legge.
Ciò che - allo stato - resta un mistero che, sono sicuro, verrà decriptato, sono i motivi alla base di questa scelta. Senza, infatti, andare indietro nel tempo, dobbiamo tutti ricordare che l’ultima, inquietante “attenzione”, è di gennaio 2013, allorché nel carcere di Tolmezzo fu intercettato Pantaleone Mancuso. Le sue parole furono pronunciate - guarda tu il caso - dopo un’interrogazione parlamentare di Angela Napoli presentata sul provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia che dispose il trasferimento in ospedale del presunto boss.
E cosa diceva il simpatico esponente dei Mancuso - amici nel tempo di tanti politici e servitori dello Stato indegni di sedere a rappresentare o agire per conto del popolo italiano - riferendosi ad Angela Napoli? «Stiamo lavorando per toglierla di mezzo».
Se nulla cambierà nelle scelte del Viminale, il destino di Napoli, che ha fatto dell’antimafia una bandiera di vita, è segnato, visto che d’ora in avanti, senza scorta, non potrà mettere il nasino fuori dall’uscio della sua casa di Taurianova che - incidentalmente - è un comune dove la mafia si respira per strada al pari del profumo di “pipi e patate” che cucinano le brave donne calabresi?
Io lo chiamo destino di morte.
Sarà tolta di mezzo e la profezia dei Mancuso si avvererà. Senza bisogno di torcerle un capello.
DOMENICO ZAMBETTI/ La storia dell’ex assessore tra voto di scambio, Expo, Pio Trivulzio e cambi di casacca
di Carmine Gazzanni *
C’è una frase, più di ogni altra, che racchiude e spiega quanto accaduto ieri. È il pentito ‘ndranghetista Rocco Varacalli a pronunciarla: “‘la politica ha bisogno della ‘ndrangheta e la ‘ndrangheta ha bisogno della politica’”. Niente di più vero. La politica scende a patti con la malavita in campagna elettorale e la malavita ci guadagna in appalti, soldi, interessi. Ecco la perfetta sintesi di quello che è venuto fuori ieri.
Nelle stesse ore in cui il comune di Reggio Calabria veniva sciolto per mafia (primo capoluogo ad essere commissariato per “contiguità mafiose”), le indagini coordinate lungo tutto il paese - da Milano, Varese, Como, passando per Roma, Salerno, Vibo Valentia fino a Reggio Calabria - hanno portato all’arresto di ben 23 persone responsabili di associazione mafiosa a vario titolo. Una sfilza di nomi. Tutti in qualche modo legati ad attività illegali che, secondo la Procura, avrebbero inciso pesantemente sul risultato delle elezioni regionali in Lombardia del 2010 e delle comunali di Milano e Rho del 2011.
Tra i nomi ne spicca uno in particolare. Quello di Domenico Zambetti. Secondo quanto è emerso già da ieri, l’ormai ex assessore alla Casa delle giunta Formigoni avrebbe intrecciato rapporti con appartenenti alle cosche della ‘ndrangheta lombarda dei clan Mancuso e Morabito-Palamara per fini elettorali. Voto di scambio, insomma: 200mila euro in cambio di 4mila voti di preferenza a suo favore. Cinquanta euro a voto. Una bella somma che, tuttavia, non sarebbe nemmeno bastata alle ‘ndrine.
Sono infatti le intercettazioni a inchiodare Zambetti. L’ex assessore, infatti, era costantemente sotto il tiro della malavita. E, dicono gli inquirenti, non si tirava mai indietro nel promettere posti di lavoro e appalti. A Eugenio Costantino, della cosca di Oppido Mamertina, ha promesso ad esempio che sua sorella avrebbe visto rinnovato il suo contratto di parrucchiera con l’ospedale San Carlo. Ma, come rivela Il Fatto, c’era anche l’Expo tra la merce di scambio del presunto patto politico-mafioso. Degli appalti parlano infatti lo stesso Eugenio Costantino e un altro arrestato, Alessandro Gugliotta. Secondo i magistrati, il primo avrebbe prospettato al suo interlocutore “la possibilità di ottenere agevolazioni nell’assegnazione di lavori e appalti pubblici gestiti dalla Regione Lombardia come reiteratamente promessogli dallo stesso assessore regionale Domenico Zambetti”. Quanto emerge da un’intercettazione è inequivocabile. Dice Costantino in una conversazione intercettata: “Noi dobbiamo dirgli: ‘Mimmo noi sappiamo che c’è il bando di questa cosa, lui me l’ha detto chiaro, noi sappiamo che lì si può prendere... Lui farà di tutto per farcelo avere... Lui ci aiuta non è una persona cattiva, a me risponde sempre al telefono quando lo chiamo...”.
Ma a questo punto facciamo un passo indietro. Chi è questo Domenico Zambetti? Nato a Bari nel 1952, Zambelli si trasferisce a 25 anni a Milano. È stato dirigente dell’Asl Città di Milano. Ma il suo campo, sin da subito, è la politica: prima consigliere comunale a Cassina de’Pecchi (MI), poi assessore comunale, infine sindaco. Ben presto, però, approda in Provincia: dal 1995 al 1999 è assessore al Bilancio, Programmazione Finanza, Demanio Patrimonio e Protezione Civile della Provincia di Milano.
Zambelli nasce come democristiano. Ma è stato più o meno vicino a tutti, prima di entrare nelle grazie del Celeste Formigoni. Nel 2000, infatti, arriva in consiglio regionale come presidente del gruppo consiliare “Cristiano Democratici Uniti - Partito Popolare Europeo” e coordinatore regionale dell’Udc. Ma prima di confluire nel Pdl nell’aprile del 2009, Zambelli è stato anche uomo di centrosinistra. Eletto infatti come assessore al Bilancio in Provincia sotto la guida Tamberi (l’allora Ulivo), ben presto si dimise per appoggiare la candidatura di Ombretta Colli (nell’allora Polo).
Il passaggio avvenne nella speranza che la Colli offrisse a Zambetti un assessorato che, tuttavia, non arrivò mai. Ma la sua scelta, a lungo andare, si è dimostrata quanto mai azzeccata. Formigoni, infatti, lo nomina prima assessore alla Qualità dell’Ambiente, poi, dal luglio 2006, riceve la delega all’Artigianato e Servizi. E infine nel 2010, con la rielezione, s’aggiudica l’assessorato alla Casa.
Ma il nome di Zambetti è legato anche ad alcuni scandali di questi ultimi anni, da cui però è uscito sempre pulito. Ultimo quello del Pio Albergo Trivulzio. Come racconta Panorama, al’epoca sotto l’occhio del ciclone vi era un appartamento in Corso Sempione, di sua proprietà. “Non trova che sia poco opportuno che un politico come lei acquisti case da enti pubblici?”, gli domandò il pm. “Io ho semplicemente acquistato la casa in cui vivevo dal 1994, e che ai tempi non era nemmeno del Trivulzio. Il fatto di fare politica non c’entra nulla e non mi sento di avere fatto un grande affare. Ho fatto un mutuo che sto ancora pagando, come fa la grande maggioranza delle persone”, rispose Zambetti.
Inequivocabile il suo sito. “Domenico Zambetti. Al servizio delle persone. La forza della competenza”. E, in primo piano, un video in cui l’ex assessore intervista Giulio Andreotti. Ora gli sarà difficile dal carcere. Una gran bella persona questo Zambetti.
Le mie dimissioni da Futuro e Libertà *
FLI:ANGELA NAPOLI LASCIA PARTITO, BOCCHINO LESO MIA DIGNITA’ SBRICIOLATI TUTTI I PRINCIPI SU CUI FONDATA NASCITA PARTITO (ANSA) - CATANZARO, 24 NOV
La deputata Angela Napoli lascia Futuro e liberta’, partito del quale e’ stata uno dei fondatori e del quale era coordinatrice regionale della Calabria. ’E’ una decisione che ho preso in primo luogo - ha detto Napoli incontrando i giornalisti - per il comportamento del vicepresidente del partito, Italo Bocchino, che ho ritenuto lesivo della mia dignita’ e di quella dei numerosi iscritti e militanti calabresi’.
’Una volta - ha aggiunto - Bocchino e’ venuto in Calabria ad avallare l’ingresso di Futuro e liberta’ nell’Amministrazione provinciale di Crotone contro il mio consenso e contro quello della maggioranza del coordinamento regionale del partito. Nello stesso giorno, inoltre, e’ andato a Reggio a fare una conferenza stampa insieme al presidente della Regione, Scopelliti, quando era stata gia’ insediata la Commissione d’accesso nel Comune’.
Secondo Angela Napoli, inoltre, ’ieri lo stesso Bocchino ha di nuovo allungato la mano all’ex ministro Alfano dicendogli che ci si puo’ ricompattare all’insegna delle legalita’. Lo stesso Alfano ha avallato non solo personaggi interni al suo partito collusi con la mafia, ma e’ venuto a Reggio a sostenere il presidente Scopelliti mentre stava per essere definita la situazione che e’ poi sfociata nello scioglimento del Comune di Reggio Calabria per contiguita’ mafiosa. Non mi sembra che si possa tendere la mano ad Afano se adotta questi comportamenti.
Ho visto sbriciolarsi tutti i principi su cui si e’ fondata la nascita di Futuro e liberta’. E soprattutto ho visto la mancata ottemperanza da parte di alcuni esponenti ai contenuti del ’Manifesto dei valori’ che e’ servito come fondamenta per la nascita del partito.
’Rimarro’ da indipendente nel gruppo parlamentare di Futuro e liberta’ - ha concluso l’on.Napoli - per potere avanti la mia battaglia fine alla fine della legislatura. Anche perche’ sono sempre andata d’accordo col presidente del gruppo Della Vedova e coi colleghi parlamentari e non mi andrebbe di vedermi seduta in questi ultimi tre mesi di legislatura accanto a personaggi come Scilipoti’. (ANSA).