Lavoro

Prodi al primo incontro con i sindacati

Accordo o paralisi
lunedì 12 giugno 2006.
 

di Pietro Ichino Corriere della Sera 12/06/06

All’incontro di oggi con i sindacati Prodi non si attenda convergenze illuminanti tra i rappresentanti dei lavoratori: il disaccordo è profondo e non riguarda soltanto il merito delle questioni, ma anche il metodo negoziale con cui affrontarle. Sono passati due anni da quando Epifani rispose con un brusco «no» alla proposta della Confindustria di aprire una trattativa sulla struttura della contrattazione collettiva, rinviandola a quando Cgil, Cisl e Uil avessero elaborato una linea comune; ma nel biennio si è assistito soltanto a un gioco a rimpiattino fra le tre confederazioni. Nel luglio scorso Pezzotta ha concluso il congresso della Cisl ponendo alla Cgil un termine per l’intesa a metà settembre. A metà settembre Epifani ha stabilito che non si poteva fare nulla prima del rinnovo del contratto dei metalmeccanici. A gennaio il contratto è stato rinnovato, ma a quel punto occorreva rinviare la questione a dopo il congresso della Cgil. Celebrato il quale, all’inizio di marzo, si è detto che occorreva attendere le elezioni. Ora anche le elezioni sono passate, ma il dialogo non decolla. La sinistra sindacale resta convinta che il vecchio modello centralistico di contrattazione costituisca ancora la migliore garanzia per la tutela di tutti i lavoratori; ma ha difficoltà a spiegare come questo modello possa rimanere inalterato nell’epoca dell’euro e della globalizzazione. Nel frattempo, al Sud si consolida la peggiore delle deroghe al contratto nazionale ufficialmente inderogabile: il lavoro nero; al Centro-Nord si pratica largamente un’altra «deroga» indecente: il lavoro dipendente mascherato da co.co.co. o in altre forme; la contrattazione collettiva centralizzata resta torpida e indifferente di fronte a un’innovazione tecnologica sempre più incalzante e imprevedibile. Il non expedit della Cgil, però, blocca anche la parte del movimento sindacale che percepisce l’urgenza di un modo nuovo di affrontare questi nodi cruciali. Sul fronte delle politiche di sostegno al lavoro debole le cose non vanno meglio: all’indomani delle elezioni, la richiesta secca dell’abrogazione della legge Biagi ribadita da Epifani è stata un vero e proprio dito nell’occhio per Cisl e Uil. Sta di fatto che nel nostro sistema di relazioni sindacali oggi prevale la non scelta, la paralisi. L’unica speranza di uscirne è riposta in un’iniziativa del governo che aiuti e solleciti il sistema di relazioni sindacali sulla via della necessaria autoriforma e che indichi un possibile punto di incontro tra le parti almeno sulle questioni più importanti. Il nuovo esecutivo avrebbe le carte politiche in regola per lanciare questa iniziativa, avendo buoni rapporti con tutte le parti interessate. Se, dopo averle ascoltate, indicasse con decisione un progetto credibile, da «prendere o lasciare», anche per la sinistra sindacale che diffida della concertazione sarebbe molto difficile assumersi la responsabilità di rispondere ancora una volta «no». Ma il governo Prodi ha le idee sufficientemente chiare e la determinazione necessaria per farlo? Se non le ha, farebbe bene a trovarle in fretta. Perché, per un verso, solo un’intesa tra le parti sociali può costituire la marcia in più di cui il Paese ha disperato bisogno per agganciare la ripresa economica mondiale; per altro verso, solo quell’intesa può ridare all’attuale maggioranza un po’ della compattezza che negli ultimi tempi essa è parsa perdere. Qui il governo si gioca gran parte delle proprie fortune.


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