Il 25 gennaio 2011 non è accaduta una cosa di poca importanza a San Giovanni in Fiore. È una data che nessuno potrà mai dimenticare, cancellare; un giorno che resterà indelebile nella coscienza di tutti, nella storia della nostra città. Per questo, dopo un silenzio necessario, ma sofferto, è arrivato il momento di fare chiarezza, di raccontare i fatti, cioè. Perché alla fine non ci sia anche una sola persona che non sappia quel che realmente è accaduto.
Chi è stato portato alla cronaca nazionale (Gli operatori di quartiere, SIAL e Cooperative) non è un vegetale, non è fatto di carta straccia. Non sono né straccioni - come ama definirli un eminentissimo politico locale, facendo ricorso a un rinnovato francescanesimo, manierato e salottiero, né di marmo. Forse c’è qualcuno che li guarda dall’alto in basso, forse il livello raggiunto, la qualità che riesce ad esprimere ognuno di loro non vale la pena di essere presa in considerazione, forse è la loro stessa vita, come in tanti continuano a ripetere - che è una vita di scarto, insignificante, solo di fastidio per la nostra Comunità. Ma hanno una dignità, che pure è considerata di serie B, e c’è. È grande, batte forte, pulita, costruita con la stessa stoffa dei loro sogni, di un solo sogno in fondo, che è quello di dire ogni giorno che anch’essi ci sono e vogliono mettersi al servizio di un progetto collettivo: lavorare, prima di tutto, e servire gli altri.
È proprio questa la ragione che li ha portati a sfogarsi, a gridare senza sfiorare nessuno, composti e addolorati, portando alla luce la sensibilità toccata, turbata, umiliata, offesa in mille modi. No, non pensano di meritarlo. Non lo meritano né lo meritano i figli, le loro famiglie, che rimangono perbene, esattamente come i figli e le famiglie degli altri, di tutti gli altri.
In Parlamento, a proposito dei fantomatici fatti cruenti che si stavano consumando in quelle ore a San Giovanni in Fiore, qualcuno ha parlato di “un episodio gravissimo che mette in evidenza la responsabilità da parte di quanti utilizzano il bisogno della gente con fini di pura speculazione politica, con esercizio della democrazia fortemente compromesso, umiliato, calpestato”. Allora ci domandiamo: “Le clientele, le oligarchie, il killeraggio permanente del dibattito interno ai partiti, con padri fondatori che continuano ad andar via, mentre altri fanno finta di nulla e mettono la testa sotto la sabbia come gli struzzi, cosa sono? E la morte nella sostanza di partiti democratici sulla carta, a parole, cos’è? E il commissariamento che si sta consumando tristemente giorno dopo giorno forse è esaltazione della democrazia? E quel prodigarsi insistito per tutti a parole, sistemando poi nei fatti i figli dei servi e dei colonnelli di partiti vecchi e logori, ormai senz’anima, che sono? Per caso un motore, uno straordinario additivo, incentivo miracoloso della democrazia? E non solo, della giustizia, dell’uguaglianza, della libertà? Per favore, diciamola una cosa di sinistra. Una sola, una soltanto. Ma San Giovanni in Fiore è ubicato nel Corno d’Africa o fa parte di uno straordinario Paese, l’Italia, che ha inscritto nei principi fondamentali della sua Costituzione che la “sovranità appartiene al popolo”? Ed è al popolo che spetta ogni decisione, è il popolo che deve decidere sempre? O, evidentemente predicando bene e razzolando male, vogliamo far finta che non esiste l’elezione diretta del sindaco, ritornando al tempo della scelta del Primo Cittadino fuoriuscita dal cilindro di qualche Rais? È un fatto brutto, un vulnus per la democrazia che rimarrà come una macchia e funzionerà come il sangue dei martiri, che si è rivelato seme per nuovi cristiani nella costruzione della straordinaria storia della Chiesa.
Si è parlato di “rigurgiti fascisti, di “aggressioni squadriste”, di atteggiamenti e comportamenti persino paragonabili alle consuetudini mafiose, alla ‘Ndrangheta. Qualcun’altro ha parlato di “clima di odio e di violenza che viene alimentato in città”. Altri ancora di paragone con il tempo del Fascismo per “l’aggressività, la violenza e la sopraffazione”. Che tristezza, che miseria, che sconcerto! Abbiamo dovuto aspettare così tanto tempo per convincerci che chi fomentava le piazze (e lo faceva cinicamente lobotomizzando e telecomandando le persone) negli anni passati era un pacifista non violento, un garante per eccellenza delle Istituzioni e dell’ordine pubblico, mentre oggi, se accade che un proletario, un operaio, una persona debole nella catena sociale pianga per la prospettiva preoccupante di un futuro incerto, e ancor prima, per la caduta di un sindaco onesto, amico della povera gente e progressista nei fatti (da fastidio, questo, vero?) e protesti civilmente davanti a civilissime e intelligenti forze dell’ordine che ringraziamo per il lavoro svolto e la pazienza, improvvisamente diventa un violento, un teppista, un criminale, in breve, un delinquente. E no, così non va, è gravissimo. Non si può accettare. Bisogna dire no e ribellarsi a questa logica irresponsabile. E a chi la teorizza, facendola mettere in pratica alle truppe cammellate, è arrivato il tempo di ricordare che bisogna “tremare al pensiero di una rivoluzione in atto, che i proletari anche a San Giovanni in Fiore non hanno che da perdere le loro catene, che hanno un mondo da guadagnare”.
Questo è accaduto, questo è giusto che la gente sappia. “Questo è stato, queste parole bisogna scolpirle nel cuore, stando in casa, andando per via. E ripetetele ai figli”. Che sono liberi e vogliono crescere liberamente, diventando artefici del proprio destino, senza più padroni e padrini!
2 febbraio 2011
Giovanni Iaquinta
Ex assessore alla Cultura
In risposta al commento di Domenico Barberio
Il mio punto di vista su Giovanni Iaquinta
Vincenzo Tiano
Attenzione
Calabria, sanità e fabbrica dei voti: Giuseppe Scopelliti e Mario Oliverio due facce d’una sola medaglia
giovedì 3 febbraio 2011.
Direttore Emiliano Morrone *
Succede in Calabria, incanto e laboratorio politico-mafioso. C’è un comune, San Giovanni in Fiore (Cs), col record italiano della disoccupazione ed emigrazione. Vi si trova un ospedale, irregolare, vecchio e morente, usato come fabbrica di voti e clientele. La politica se n’è sempre fottuta, giocando sul bisogno altrui. Lì, medici, infermieri e amministrativi hanno consolidato bacini di voti, assicurandosi il potere e benefici come dipendenti pubblici.
In ogni periferia del Sud, il dottore è un papa, e l’infermiere può sempre servire. Soprattutto a San Giovanni in Fiore, isolato fra i monti della Sila, dove perfino la neve porta guai, tanto la città è disastrata. Riguardo ai sanitari a palazzo, potrei esporre un lungo elenco di nomi, in parte già nel volume “La società sparente”. Membri della sinistra locale o d’una destra furbamente ballerina, hanno ottenuto migliaia di preferenze, grazie alla paura, diffusa, della malattia. Promettendo prenotazioni, visite anticipate e trattamenti di favore.
La stessa classe politica, arrogante e arrugginita, ha gabbato tanti disoccupati, per anni foraggiandoli, grazie al governo centrale e regionale, con un sussidio a fondo perduto. Togliendo, cioè, dignità e prospettive a masse di cinquantenni e giovani; abbagliati dalla possibilità di ricevere, comodi a casa propria, poche centinaia di euro al mese. Poi bar, birra, tabacco, carte, calcio. Miseria. Con uno schema fisso: finti corsi di formazione professionale e l’avallo di carte false, per un reddito garantito, ad opera di consiglieri comunali e amministratori interessati. Quindi scioperi, blocchi stradali e aggressioni, dai destinatari del contentino, per ottenerne la proroga a cadenza periodica.
San Giovanni in Fiore è una frontiera del Mezzogiorno in cui la povertà, anzitutto culturale e morale, crea dipendenze e governatori. Uno di loro è il presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio, signore del luogo. Celebrato più di Mastella, gli mancano il sorriso e la simpatia del “padrino” campano. Oliverio è più d’un commendatore, noto alla stampa per le tante consulenze assegnate, formalmente in regola, ad amici degli amici e compagni di partito. Ma è uno che non riesce a guardarti in faccia, che sfugge al confronto. Sta in poltrona da un ventennio, e s’è riciclato con la complicità di chi lo teme, specie nel suo Pd: è il capo indiscusso.
Oggi Oliverio è il regista di un’operazione politicamente truffaldina: a San Giovanni in Fiore, i consiglieri comunali d’opposizione si sono dimessi, nei giorni scorsi, determinando la caduta della giunta di Antonio Barile; una brava persona, pur se nel Pdl. Nelle motivazioni, si racconta d’una scelta responsabile a difesa dell’ospedale civile, il cui punto nascite è stato soppresso dal presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti. Primo atto, secondo esponenti d’un centrosinistra inquieto e bugiardo alla Ghedini, per la chiusura definitiva dell’intero presidio.
Oliverio e Scopelliti sono due facce d’una sola medaglia. Perfettamente dentro il sistema calabrese doc, per cui i voti s’incassano col calcolo di ragioneria. Il primo ne prese un migliaio da Luigi Garofalo, sotto processo per voto di scambio trattato coi Forastefano, rispettati ‘ndranghetisti. Senza mai allontanarlo dalla sua corte. Il secondo, invece, è nel mirino della magistratura che sta verificando suoi rapporti con uomini d’onore.
Il dramma è che i giovani della mia città, io sono di San Giovanni in Fiore, non hanno capito che dobbiamo essere distanti sia dagli Oliverio che dagli Scopelliti. E dai loro accoliti. Perché entrambi, pur d’arrivare al potere, non si sono mai dissociati dai compari. Quei Loiero e Chiaravalloti che hanno distrutto la sanità calabrese, il cui bilancio parla chiaro: su tre miliardi, uno va ad altre regioni per cure fuori del territorio. E nessuno sa bene quanto ne mangi Cosa nuova.
Emiliano Morrone
* Giornalista e regista. Autore, insieme a Francesco Saverio Alessio, del libro "La società sparente" (Neftasia Editore, Pesaro, 2007), che denuncia i rapporti fra ’ndrangheta e politica in Calabria, continuando sulla linea di impegno a difesa della propria terra tracciata da Roberto Saviano con "Gomorra". Ideatore, con Leo Franco Rizzuti, del Festival internazionale della Filosofia in Sila, il 28, 29 e 30 giugno 2007 alla seconda edizione. Emiliano Morrone fonda "la Voce di Fiore" nel settembre del 2004, dirigendola dall’inizio.
“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e chi non cambia colore dei vestiti (...). Lentamente muore chi non capovolge il tavolo...".
Giovanni Iaquinta ha preferito vivere, cambiare, intraprendere una nuova strada...
L’Ex assessore alla cultura risponde agli ex consiglieri PD
Apprendo veramente con ilarità di una lettera, a firma di ex Consiglieri PD, che, continuando a scambiare la politica con la demonizzazione e la demonizzazione dell’avversario con la politica, chiama in causa la mia persona sulla base di un documento sui fatti del 25 gennaio, ormai di dominio pubblico - per la gravità - in ogni angolo del nostro Paese, dell’Italia. Che avrà ripercussioni fortissime. Una lettera che conferma quanto nella nostra città occorra insistere ancora di più per superare il declino pericoloso della concezione nobile dei partiti, del dibattito e del ragionamento politico, sostituito da tentativi maldestri di screditare e buttare fango su chi, di volta in volta, rompe il silenzio, considerando la contestazione, il dissenso come l’ossigeno e l’allineamento coperto come segnale dello spegnimento lento dell’autonomia di pensiero e dell’indipendenza di giudizio. È il solito ragionamento, la solita prassi evergreen assai praticata negli anni a San Giovanni in Fiore: chi non è con me è contro di me. Niente a che vedere né con la sinistra né con un’idea di progresso sociale; ancora oggi va chiamata con nome e cognome: operazione stalinista, considerata - sebbene ormai polverosa e piena di ragnatele - instrumentum regni fatto di mezzi subdoli (censura, disinformazione guidata, occulta repressione strisciante) che potenti della stessa grandezza dei bonsai adoperano per spegnere le coscienze degli individui e per dominare incontrastati. Torno al punto di partenza. E leggo ridendo che mi sarei servito dei partiti, con una operazione di trasformismo. Che il mio sarebbe un tentativo di incancrenire il clima, con un’azione di latente captatio benevolentiae verso la parte più al centro dell’attenzione, in questo momento, a San Giovanni in Fiore, cioè gli uomini e le donne di SIAL e Cooperative. E no, se non si capisce questo siamo messi veramente male. Altro che distraenti bolle di sapone, il clima, infatti, è stato avvelenato con una decisione storica senza precedenti che non si potrà mai dimenticare. È la dimostrazione, di fatto, che si continua tutt’altro che a stimare questi lavoratori. Veramente pensiamo che siano talmente sciocchi da farsi condizionare così facilmente da qualcuno? Che non abbiano una testa, che non siano all’altezza di pensare? O forse pensiamo che siamo tornati ai tempi delle scarpe che regalava a singhiozzo Achille Lauro? Pane e spettacoli del circo non ne gradiscono più queste persone perbene, che sono perfettamente in grado di rispedire al mittente le accuse indirette di plagio della mente, perché effettivamente i muri sono caduti: sanno distinguere tra bene e male e, soprattutto, chi ha venduto e continua specularmente a vendere fumo, non avendo più argomenti, nemmeno la passione viscerale di misurarsi con i problemi gravissimi della nostra Comunità, ma neanche con le regole elementari della democrazia, se è vero che il risultato elettorale che ha portato a un cambio di rotta al Comune di San Giovanni in Fiore non è mai stato accettato. Tutta qui la verità.
La gente che non crede più a chi la credibilità l’ha persa per strada, la gente che mi conosce sa che non mi sono arricchito con la politica, che non potrei mai farla e praticarla se non con passione e per servire la mia gente, in cui credo ogni giorno che passa di più. Me lo impone la lezione cristallina e preziosissima dei miei primi maestri: i miei genitori.
Vengo a conoscenza delle mie pretese verso l’entourage dell’On. Franco Laratta, della mia sete di poltrone (non ci sono abituato, amo più le sedie umili, quelle che si mettono davanti al caminetto), della mie condizioni poste alla vigilia delle scorse elezioni). Bene, sono riferimenti di infima estrazione. Mi piacerebbe vedere l’autografo che si appone all’atto della presentazione di una lista, che non c’è, perché non c’è mai stato. Non sta a me dire se sono una persona seria su cui fare affidamento, questo l’ho sempre affidato ai fatti nella mia vita. Non posso perciò negare di essere stato, non certo per accordi di potere, il relatore a San Giovanni in Fiore della Mozione Franceschini, quando parlavo dei tratti distintivi, cioè di fiducia, regole, uguaglianza, merito, qualità. Quando parlavo di “esigenza di un riformismo moderno che usa le radici e la memoria del Novecento non per tornare indietro, ma per immergersi in un cammino nuovo”. La realtà era un’altra, però, e gli sviluppi parlano chiaro: c’era qualcuno che stava tessendo la trama per sé stesso e per qualche vicario designato, amato come si amano le ortiche a piedi scalzi. Qualcuno che la verità la gratta e neanche una strategia di piccolo cabotaggio è riuscito a portare a compimento.
Voglio mantenermi su un piano di civiltà, è la ragione che mi spinge a non riprendere la miseria di altri passaggi della lettera. La gente ormai è abituata a distinguere e ci sarà spazio per far cadere gli ultimi veli rimasti sui sepolcri imbiancati, che si muovono come marionette impazzite, come coloro “che non accorti andavano combattendo, ma erano già morti”. Se a qualcuno l’idea piace, sono pronto ad approfondire il discorso anche subito, come sempre, nell’unico modo possibile: occhi davanti a occhi, e la gente a giudicare. Naturalmente prima di rinsaldare il vincolo con Antonio Barile, questa volta con la richiesta di tre poltrone: al Comune, alla regione, a Roma. E prima, molto prima che Nessie, una creatura del Loch Ness, dica tutto sulla “selvaggia bestia marina”.
Rinnovando il rito che “Ogni mattina - ha scritto David Maria Turoldo - quando si leva il sole, inizia un giorno che non ha mai vissuto nessuno”.
Giovanni Iaquinta
“...un vulnus per la democrazia che rimarrà come una macchia e funzionerà come il sangue dei martiri, che si è rivelato seme per nuovi cristiani nella costruzione della straordinaria storia della Chiesa...???”
“...apparsi come fiori su un ghiacciaio di non sentimenti...???”
“...per una nuova primavera Giacomita, per una città Fiorente, nel nome, nella storia...???”