Egregio sig. Blondet
ho letto la sua lettera aperta....a me sembra uno scritto molto chiuso. Prima di tutto ci sono alcune inesattezze e perfino falsità. Il tema delle ragazze albanesi era stato trattato da una speciale trasmissione condotta, alla RAI, da Gad Lerner, alla presenza del Cardinale Tonini, il quale mi aveva "assolto" alla presenza di molti teologi e religiosi. Caro maurizio, forse Lei dimentica che in Italia vige una Legge per l’interruzione di gravidanza e nella nostra amata Chiesa il primato della coscienza personale è dottrina certa. La nostra unità di strada accoglieva queste giovani, accompagnandole presso un presidio sanitario pubblico (non a medici amici), dove potevano esprimere la loro sofferenza e i loro desideri. La inviterei a meditare molto sulla "maternità" indesiderata, sulla violenza del rachet. Come presbitero della Chiesa Cattolica propongo sempre la morale cattolica, gioisco nel constatare i numerosi cattolici, coerenti, vigilanti, pronti a testimoniare concretamente i principi cristiani e la Pastorale dei Vescovi. Il Cristiano è sale, è lievito, è chicco di grano, ma se rinasce chiuso nei barattoli.... Le consiglierei di andare verso i "lontani"...lo dice Gesù, lo afferma la Chiesa. Gesù dice: sono venuto servitore e non per essere servito. Dicevo dei "lontani"....si contamini con loro, con le loro storie e li accolga con misericordia, che scaturisce da quella infinita del Padre. Potrà ascoltarli, comprenderli e camminare con loro senza giudicarli, non per giustificarli ma neppure per colpevolizzarli. E’ fatica divina essere "umani" ogni giorno.
La ringrazio per le Sue osservazioni e mi ricordi nelle Sue preghiere.
don Andrea Gallo Genova
Servizio Pubblico, Alba Parietti: “Don Gallo, partigiano e servo degli ultimi” *
“Mi chiamo Alba perché Alba è stata la prima città liberata dal nazifascismo”. Così Alba Parietti esordisce nel suo intervento nell’ultima puntata di Servizio Pubblico. E rende un commosso tributo al padre: “Dopo di lui, ho conosciuto un uomo che fumava il sigaro e aveva una faccia da attore. Anche lui era stato partigiano, come mio padre, nome in codice Nan. La sua voce e il suo modo di fare erano seducenti. Con lui potevi parlare di qualsiasi cosa, non ti sentivi mai giudicata. La sua vita era piena di prostitute, di trans, di drogati. Viveva immerso nel popolo della notte. E anche io sentivo il bisogno di chiamarlo e gli parlavo al telefono per ore. Il giorno del suo funerale, fuori dalla chiesa, mentre si celebrava la messa, arrivava il coro di “Bella ciao”. Quell’uomo si chiamava don Andrea Gallo. Lui è stato un servo, un servo degli ultimi”
* Cliccare qui, di seguito, per il video dell’intervento completo: Il Fatto, 19 giugno 2015
E’ morto don Gallo
prete degli ultimi
Il sacerdote è mancato nella Comunità di San Benedetto. Aveva 84 anni. Le sue condizioni erano improvvisamente peggiorate dopo i tre giorni di ricovero in ospedale
di WANDA VALLI *
Don Andrea Gallo è morto. Se n’è andato il "prete degli ultimi", lui che aveva dato voce, conforto e speranza a chi era rimasto ai limiti o fuori della società. Ha ceduto il suo cuore, il cuore che tanta parte ha avuto nella sua storia di prete.
Don Andrea da un po’ non stava bene, ma aveva continuato, comunque e sempre, la sua vita piena di impegni, per i "suoi ragazzi" per la gente della Comunità di San Benedetto al Porto. Solo qualche giorno fa sono riusciti a convincerlo a farsi ricoverare in ospedale, per una serie di controlli.
Tre giorni con il "don" che scalpitava per tornare a casa. Alla fine c’era riuscito, a tornare in Comunità, ma appena arrivato le sue condizioni sono peggiorate: cuore e polmoni in tilt, una situazione che è scivolata via in fretta, con i suoi ragazzi" attoniti , i medici che lo seguivano disperati per quel paziente che stimavano e a cui volevano bene. Fino a ieri sera è stato cosciente, oggi pomeriggio si è addormentato per sempre.
don Gallo in cammino con papa Francesco
La chiesa che vorrei
di don Andrea Gallo (il Fatto Quotidiano, 17 maggio 2013)
Questo libro stava per essere dato alle stampe quando l’11 febbraio è giunto strepitoso l’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI. Un evento straordinario che ha scosso tutti. Non si verificava da secoli.
Nella serata burrascosa di quel lunedì, un fulmine ha improvvisamente illuminato la cupola di San Pietro. Semplice coincidenza o immagine premonitrice? Il mondo intero si è interrogato con stupore, incredulità, smarrimento. Tutti mi chiedevano: “Quali motivazioni hanno spinto il papa a una così sorprendente decisione?”. Titubante rispondevo: “Papa Ratzinger ha posto al centro il bene della Chiesa, con coraggio e assumendosi le proprie responsabilità. È stato il quarto papa del post- Concilio”. Ora è arrivato papa Francesco a farci sperare di nuovo in una Chiesa dei poveri. Un sollievo dopo tanta pena.
Sapranno i cattolici accogliere l’invito inequivocabile e sofferto a un rinnovamento radicale per ritornare a essere Lumen gentium, “luce delle genti”, un popolo di Dio in cammino per annunciare il Vangelo di liberazione per tutti, con il sostegno dello Spirito del Cristo risorto e vivo?
Con l’elezione di Francesco tutto è possibile. I primi segnali sono di rottura con il passato e con un’idea di Chiesa arroccata e chiusa in se stessa. Le questioni che il nuovo papa dovrà affrontare sono tante e gravi.
Le domande che ci attendono
Si riuscirà a dirottare la prua della nave di Pietro da una cristianità in dispersione e pesantemente attraversata dal male verso la comunione e la comunità dei discepoli, risalendo alle genuine fonti evangeliche? Nessuno può nascondere la situazione drammatica: la nostra amata Chiesa è fredda e scostante e in questi ultimi anni ha perso credibilità rispetto a questioni fondamentali.
Come ha affrontato lo scandalo degli abusi sessuali? Non sarebbe il momento di cambiare le modalità con cui vengono nominati i vescovi, prevedendo un maggiore coinvolgimento dei fedeli? Non si potrebbe mettere in discussione il celibato obbligatorio dei preti? Perché non considerare l’ordinazione femminile?
Sulla questione di genere la Chiesa è “maldestra e ambigua”.
Perché tanta difficoltà nel dire sì alla donna? Perché non riconsiderare la posizione assunta dalla Chiesa sugli anticoncezionali? E il testamento biologico? Mi chiedo nelle mie povere preghiere: non sarà grave aver trascurato i documenti del Concilio Vaticano II (1965)? Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI: è lecito chiedersi perché, trascorsi quasi cinquant’anni, il Concilio di Giovanni XXIII sia ancora tutto da tradurre.
Solo quando abbandonerà il suo statuto imperiale la Chiesa avrà da dire qualcosa agli uomini e alle donne del Terzo millennio. Auspico che il nuovo Pietro riproponga le quattro parole chiave di quella primavera della Chiesa. Si avvertono segnali incoraggianti.
La prima parola chiave è “partecipazione attiva”. Che vuol dire riconoscimento della soggettualità di tutto il popolo di Dio, dei suoi carismi e dei servizi che è chiamato a rendere. La seconda parola è sinodalità. Che investe l’interezza del popolo di Dio e non solamente un piccolo segmento di vescovi.
La Chiesa diventi un cantiere aperto, si apra a un mutato rapporto primato- episcopato, episcopato-presbiterato, chierici-laici. La terza è ascolto. Ascolto dei precetti da assimilare, da proclamare, da studiare e approfondire con la testimonianza. Infine la quarta: il dialogo. Penso soprattutto al dialogo Chiesa-mondo, ma non solo. C’è bisogno di dialogo intraecclesiale, di dialogo culturale ed ecumenico.
Solidale al fianco dei bisogni
La Chiesa che mi permetto di auspicare è una comunità in ascolto della parola di Dio e delle sue stesse membra, e capace di un annuncio e una profezia sempre nuovi. Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna, a fianco dei bisogni delle donne e degli uomini. L’ufficio divino della Quaresima apre con Isaia (58, 6-10): “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo [...]. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce”. Un consiglio per il motto papale: “Povertà, giustizia, pace”.
Le lobby del Vaticano
La crisi all’interno del Vaticano è tuttora drammatica. Ci sono fazioni, lobby, gruppi di potere, cardinali in lotta... Quando nel 2011 mi arrivò la notizia che il patriarca di Venezia, Angelo Scola, sarebbe diventato arcivescovo di Milano, mi chiesi perché mandassero un patriarca di settant’anni nella diocesi più grande del mondo. Dietro quella nomina c’era un calcolo preciso: le cause di beatificazione devono iniziare nelle diocesi di appartenenza del servo di Dio, e Scola era il cardinale giusto per avviare la pratica a favore di don Giussani. Né Martini né Tettamanzi si sarebbero mai sognati di beatificarlo. Dopo qualche mese che era a Milano, Scola ha aperto la causa di beatificazione. Sarà una coincidenza? Ecco la conferma di quanto sia forte la lobby di Comunione e liberazione dentro la Chiesa e quanto Ratzinger ne fosse influenzato.
Le lobby in Vaticano hanno indebolito e in parte costretto alle dimissioni papa Benedetto XVI: una di queste è l’Opus Dei, poi ci sono i Legionari di Cristo (il loro fondatore, monsignor Maciel, si è macchiato di colpe gravissime, provate, e Ratzinger sapeva tutto), Comunione e liberazione, gli Araldi di Cristo, Sant’Egidio, che è alle dirette dipendenze della segreteria di Stato.
C’è poi una lobby omosessuale molto forte: un gruppo di vescovi che nasconde la propria omosessualità e la sublima non nella castità, bensì nella ricerca del potere; cercano di allungare la catena che li unisce creando altri vescovi omosessuali.
“Mi manca la Genova di De Andrè”
intervista a don Andrea Gallo a cura di Alain Elkann (La Stampa, 8 gennaio 2012)
Don Andrea Gallo ha appena pubblicato da Dalai Editore «Non uccidete il futuro dei giovani»: lei come ha celebrato l’ultimo Natale?
«Nella chiesina di Genova, che è accanto al luogo in cui è nata la prima delle nostre dieci comunità: tutti sanno che la porta, che è di solito è sempre aperta, a Natale è spalancata. Chiunque può venire a mangiare, a cantare, a ballare. Sono vecchio e mi vergogno che siano triplicati i pranzi per i poveri e allora mi esprimo come prete cattolico: a 17 anni e tre mesi partecipai alla nascita della democrazia. Non voglio che la democrazia venga meno, che il più forte debba avere sempre ragione e che il concetto di eguaglianza cada nel vuoto».
In realtà cosa rappresenta per lei il Natale?
«Mi fa pensare ad un amico del 1928 come me che a 16 anni fu trascinato a Buchenwald: lui è sopravvissuto come il fratello, mentre tutta la sua famiglia è morta ad Auschwitz».
Si può dire che il suo libro rappresenti un grido di indignazione?
«Sono stato educato dal regime clerico-fascista che aveva cancellato la parola democrazia. Ero un marinaio e mi furono inculcati stupidi ideali. Dopo l’8 settembre mio fratello, che aveva fatto la guerra in Russia, ritornò a Genova, e mia madre gli chiese: “Dino, cosa hai deciso di fare?”. Così a 17 anni mi ritrovai con lui catapultato in una brigata partigiana. Ho visto nascere la Costituzione, poi c’è stato l’incontro con i salesiani. Sono rimasto colpito da Don Piero Doveri, un pisano che poi diventò direttore a Il Cairo, il quale mi diede da leggere il libro di Don Bosco. Ne fui illuminato».
Lei ha sempre vissuto in mezzo ai giovani...
«La nostra comunità di San Benedetto al Porto ha compiuto 41 anni. Abbiamo fatto conquiste importanti, però continuo a vedere i giovani abbandonati: basta considerare la situazione della scuola e delle comunità che non hanno più una lira. Durante il G8 del 2001 vennero a trovarmi, in due giorni diversi, altrettanti registi: Monicelli e Scola. Ed entrambi mi chiesero la stessa cosa: “Riusciremo all’inizio del Terzo Millennio a sradicare dai più giovani l’assenza di futuro?”. Risposi che avevo visto nella bacheca del nostro centro questa frase: “Il male grida forte, non ci abbandonate”. Qualche giorno dopo vidi una risposta scritta con caratteri molto più grandi: “Ma la speranza in un mondo migliore grida più forte”.
E ora cosa accade?
«Stanno tagliando i ricercatori, i musicisti e i giovani laureati devono andare all’estero, ma io a 83 anni e mezzo ho ancora fiducia nei giovani. A Genova ne ho visto a centinaia spalare spontaneamente il fango durante l’alluvione».
I giovanissimi si organizzano, si muovono, e lei nel suo libro parla di indifferenza: chi sono gli indifferenti?
«Sono i garantiti. La società dei consumi ha provocato tutto ciò. Quando il cardinale Tettamanzi mi ha detto che i vizi capitali erano sette, gli ho risposto che bisogna aggiungerne un ottavo, l’indifferenza. Che vuol dire avere paura dell’altro, rifiutare l’incontro».
Secondo lei, i giovani stanno abbandonando la Chiesa?
«C’è un grande allontanamento. La Chiesa si illude perché ci sono i papaboys o i grandi raduni internazionali. Penso che si possa insegnare la morale cattolica, ma occorra lasciare libertà di scelta».
La qualità della scuola è peggiorata?
«Ho insegnato per 20 anni dai Salesiani, ma la riforma non è mai avvenuta. Ora si tagliano i fondi dovunque. Maestre e maestri d’asilo perdono il posto. Il personale para-scolastico è stato ridotto, non ci sono mense. Non c’è altro da aggiungere».
E le carceri?
«Sono superaffollate e peggio della tortura. Certo, il Papa che va a Rebibbia è un segnale importante. Ma chi è l’unico vincente nell’orrore del mondo della droga? La mafia, che uccide i giovani con la droga».
Anche i matrimoni sono in calo?
«Non ci si sposa perché non ci sono i soldi e si perde il lavoro. Per formare una famiglia ci vuole un minimo di tranquillità economica. La Chiesa dice: “Le famiglie, le famiglie, le famiglie”. Ma il punto centrale è nel discorso del presidente Monti al Senato, quando ha ribadito l’importanza dei giovani e delle donne».
Ha nostalgia di Fabrizio De Andrè?
«Certo che sì. Mi ricordo Fabrizio come un poeta. Ero molto legato a Fernanda Pivano, e lei a Fabrizio. La sua era una voce che si ispirava agli umili. Era anticapitalista e nutriva un profondo sentimento anarchico, ma non era affatto un bombarolo».
Anche lei si considera anarchico?
«Anni fa, ad un “Maurizio Costanzo Show”, era presente con me un grande regista argentino che difendeva l’America Latina e che si disse “Angelicamente anarchico”. Ed io in quell’occasione pensai: “Questa definizione fa anche il caso mio».
Il compleanno ribelle di don Gallo
di Pino Giglioli (il Fatto Quotidiano, 20 luglio 2011)
“Lunico che non mi ha fatto gli auguri è il mio Vescovo”, butta lì don Andrea Gallo. Ma il silenzio di Angelo Bagnasco lunedì sera è stato compensato dai duemila che hanno riempito come un uovo il Palacep. Non un luogo casuale: per festeggiare i suoi 83 don Gallo è salito in questo simbolo di degrado che racconta come sia possibile rinascere.
Senza troppi aiuti, con l’orgoglio di cittadini. Grazie a Carlo Besana, farmacista brianzolo portato al Cep dal destino, che insieme alla gente ha ricostruito il quartiere. Non le torri di cemento anni Settanta, ma lo spirito degli abitanti. Un esperimento raro (Il Fatto Quotidiano ne ha parlato nella rubrica “L’Italia che va”) che continua. L’ultimo capitolo è il Palacep, teatro coperto in un piazzale dove un tempo i genovesi non osavano metter piede. Lunedì sera erano in tanti, stipati. Per festeggiare don Gallo con i suoi amici. Nomi noti: da Moni Ovadia al genovese Gino Paoli, passando per Dario Fo e Piero Gasperini (allenatore dell’Inter) collegati da Milano. La gloria del basket Mauro Cerioni. C’era anche Il Fatto, in forze, con il direttore Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Cinzia Monteverdi e Ferruccio Sansa. Poi Loris Mazzetti, giornalista “controcorrente” Rai, Enzo Costa, giornalista e blogger, che traccia folgoranti “vignette” di parole su Repubblica.
OSPITI VENUTI da lontano, politici - il sindaco Marta Vincenzi, il presidente della Regione, Claudio Burlando, l’assessore Andrea Ranieri, i senatori Roberta Pinotti (Pd) ed Enrico Musso (Pdl, lontano da Silvio Berlusconi) - ma anche gli amici di sempre, i volti della Comunità di San Benedetto al Porto, dove la porta di legno è sempre aperta a chi ha bisogno. Certo per Luca Montese, il presentatore (anima di uno dei comitati della zona), è stato un lavoraccio, mettere insieme premi Nobel e ragazzi del quartiere, ma soprattutto lui: il don, incontenibile, che saliva e scendeva dal palco con piglio da attore consumato. E a tutti dedicava una parola, un ricordo.
NON UNO spettacolo, ma il racconto della vita di un uomo, per aneddoti, battute; perfino barzellette, con Berlusconi non narratore ma “vittima”. Nello spirito di don Gallo, che non fa sconti, ma non condanna davvero nessuno. È uno dei suoi segreti: ribelle per chiedere il rispetto delle regole, della legge come del Vangelo. Si parte alle 21, cantano il Liù Ensemble, il Coro Daneo. Don Gallo gioca a basket con le ragazze della squadra del Cep (e fa canestro). Poi, sigaro in bocca, duetta con Fo.
È un fuoco d’artificio. Ecco Padellaro e una domanda a bruciapelo al prete scomodo: “Quando saranno cacciati i mercanti dal tempio come chiede Gesù?”. Un accenno alla Chiesa, alla politica troppo attente agli affari. Poi Travaglio che spara a zero sulla Casta: “Un immigrato che arriva qui non capisce, dicono che non rispetta la legge se mette un piede sulla spiaggia. Poi quelli che fanno le leggi sono i primi a non rispettarle. Con reati veri”. Stilettate a maggioranza e opposizione, i visi dei politici si allungano, le mani immobili in grembo, zero applausi. Ci pensa la folla: due minuti. Per il sindaco Vincenzi applausi ma anche fischi: “Non sono credente, non sono più comunista. Don... mi perdoni?”.
Moni Ovadia legge le parole di don Cesare Mazzolari, il vescovo missionario morto il 16 luglio che salvava i bambini soldato e comprava gli schiavi per liberarli. Poi piomba don Andrea con Omar Taiebi, responsabile della Comunità Islamica del Cep. “Un cattolico, un ebreo, un musulmano insieme. Evviva” urla il pubblico. Tocca a Gino Paoli. Un duetto con Moni Ovadia per l’"Happy Birthday" collettivo, poi si fa sul serio: "Bella Ciao" con Moni Ovadia e Don Gallo. Arriva la torta, tutti a cantare “Sapore di mare”, quel mare che si vede anche da qui, dalle torri di cemento del Cep.
Dio benedica don Gallo
di Bruno Gambardella *
Venerdì sera, dopo tanto tempo, ho avuto occasione di seguire in televisione su La7 Le invasione barbariche, il programma di Daria Bignardi che molti commentatori trovano un po’ troppo radicalchic, un salotto buono della sinistra ricca, elegante e paciona. Non so quanto siano ingenerose (o invidiose) certe critiche: a me il programma piace anche perché ospita spesso personaggi che non trovano quasi mai spazio nei programmi d’informazione più tradizionali.
Ho potuto ascoltare dopo un bel po’ di tempo don Gallo, uno dei pochi preti che mi fanno quasi arrossire per il mio acceso anticlericalismo. Don Andrea, a dire il vero, del prete cattolico "tradizionale" ha ben poco. Se pensiamo a quei sacerdoti arraffoni e affaristi che popolano il nostro Paese, tutti presi a fare la morale agli altri parlando da un pulpito personale fondato su ipocrisia e menzogna, l’uomo che di notte gira nei vicoli di Genova per tendere una mano a quelli che per altri sono rifiuti della società appare decisamente fatto di tutt’altra pasta.
Avevo comprato qualche mese fa il suo libro (Sono venuto per servire) e l’avevo letto tutto in poche ore, letteralmente preso dalla storia di quest’uomo che chiama i suoi ragazzi "drogati di merda" ma che poi li aiuta a ritrovare la dignità perduta e persino un lavoro. Vederlo e ascoltarlo però, sinceramente, fa tutto un altro effetto. Le sue parole, scandite con il tipico accento genovese, aprivano squarci nel cuore di chi, come me, non ama il cattolicesimo romano e i suoi vertici. Sentire dire a don Andrea "Io amo la mia chiesa, è casa mia, ma io devo portare il messaggio evangelico agli ultimi" mi ha fatto riflettere sulla possibilità che ci sia ancora qualcuno che, andando oltre il disgusto o la sofferenza per le incrostazioni del potere che soffocano il Vaticano, riusce a portare Cristo ai disperati pur continuando a sentirsi parte di quella comunità.
E’ stato commovente il ricordo di monsignor Romero, il vescovo di El Salvador ucciso dagli squadroni della morte fascisti mentre celebrava la messa in cattedrale. Don Gallo parteciperà alla celebrazione della beatificazione di Giovanni Paolo II solo se, contemporaneamente, sarà conclusa la procedura per innalzare alla gloria degli altari anche il vescovo che si era schierato con i poveri e aveva denunciato i loro aguzzini.
Avendo già letto il libro non mi hanno sorpreso le parole spese da don Andrea a difesa della Costituzione repubblicana, un testo che, come cittadino di uno stato laico, egli considera ancora più importante del Vangelo. Solo ascoltandolo, però, ho potuto percepire con nettezza l’amore per la libertà di coscienza, il desiderio di una maggiore giustizia sociale, la voglia di combattere ancora perché il testo base della nostra democrazia torni ad essere carne e sangue dell’Italia intera. La sua forza e il suo coraggio hanno lasciato il segno. In conclusione ha ricordato quel celebre verso del poeta-cantautore genovese Fabrizio De André: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior..
Uno come me ,che la pensa in un certo modo, dopo quei pochi minuti di intervista, ha potuto ritrovare una qualche fiducia negli uomini (persino in quelli che indossano un abito talare) e, con emozione, ha pensato: don Andrea, che Dio ti benedica!
* Il Dialogo, Domenica 03 Aprile,2011 Ore: 00:51: www.ildialogo.org
intervista a don Andrea Gallo
Abbiamo sbagliato, il tempio può crollare
a cura di Malcom Pagani (il Fatto Quotidiano, 23 marzo 2010)
Annusa, fiuta, scava. Uomo tra i cani, cane tra gli uomini. Poi si getta con la tonaca e le nere falde del cappello, nell’inesausta pozzanghera dei guai. Dagli anni ‘20, don Andrea Gallo li ha prediletti, accarezzati, risolti. L’amico di Fernanda Pivano “Ho appena conosciuto don Gallo e sono già incinta”, il fratello maggiore di Vasco e Manu Chao, il confessore di De André, il curato che fronteggia lacrimogeni, ingiustizie di Stato e pseudo-scomuniche, al pianto preferisce da sempre la musica della barricata. Entrò in sacrestia nel ‘59 e oggi, l’ottantaduenne che irride l’anagrafe e ama le rose più del pane, si guarda indietro.
Il sigaro perennemente acceso che adora le sfumature della follia, perché riconosce sagome conosciute senza dimenticare tutti i divieti che dalla metà degli anni ‘50, lo hanno messo sotto la lente del conservatorismo ecclesiastico, costantemente a disagio con una pecora del gregge, perennemente nera. Antiproibizionista convinto: “Se la Marijuana è sopravvissuta al Diluvio Universale, significa che Noè le aveva trovato posto sull’Arca”, Don-Don come lo chiamano tra i carrugi, abituati al tono della sua voce e al dialetto imbastardito con il latino, non si è legato alla schiera dei vincenti, dei troppi che sanno sempre come andrà a finire.
Ha lavorato, Don Gallo, alla luce fioca delle tenebre, per portare in superficie i dimenticati. I suoi amici sono diseredati, no global, clochard, detenuti. Lui dice che riconosce le loro lettere dai caratteri e dalla carta. Gli scrivono e il prete “comunista” ricambia, portando in libreria (in testa alla classica, per quanto valga) “Così in terra, come in Cielo”(Mondadori,135pag.,17 euro), istantanea di più di mezzo secolo fuori dalle regole. “Ho scelto Gesù a vent’anni, venivo dalla Marina Militare e dall’esperienza partigiana fuga e reazione dall’educazione clerico-fascista che recitava stanca il trittico dogmatico Roma-Berlino-Tokyo. Fu don Bosco a cambiarmi l’esistenza”.
A proposito di don Bosco, tempo fa, ne parlò con Berlusconi.
Mi fermò eccitato dopo una trasmissione con Santoro su Mediaset. “Don Gallo, sono stato allievo di don Bosco anche io’. Risposi Mi raccomando non lo evochi, rischia di rigirarsi nella tomba. Credo che nel tempo gli sia accaduto davvero.
Se si guarda intorno, cosa vede?
Città che non saranno mai a misura d’uomo, differenze, odio, paura. Io sono nato sul mare, noi genovesi siamo sempre stati curiosi di accogliere gli stranieri. Quando dico messa, ammonisco i fedeli.
In che modo.
Li guardo negli occhi: ‘Se non siete pronti a recitare il Padre Nostro quando uscite, non lo fate. Il santo benedetto non fulmina nessuno. Loro mi interrogano con lo sguardo e io continuo: ‘Tutti quelli che incontrerete tra mezz’ora, i cinesi, gli africani, saranno vostri fratelli. Se non siete disposti all’abbraccio, non proferite verbo. In fondo il mio precetto è sempre lo stesso.
Dica.
Sono venuto per servire e non per essere servito. È un biglietto da visita che non ho mai sostituito. Puttane, spacciatori, criminali comuni. Lei non gira le spalle. Qualche anno fa, ero ancora molto giovane, mi è capitato anche di rubare.
Scherza?
La notte, per quelli come me è sempre lunghissima. Mi capita di rientrare tardi, di confessare tassisti verbosi alle tre di mattina. Una volta incrociai una vecchia conoscenza. Stava caricando casse su un furgone, mi vede e pronto fa: ‘Ma voi preti non faticate mai?’ Così senza replicare, accendo un sigaro e mi metto a sollevare bauli e a infilarli sul camioncino. Due minuti dopo, a sirene spiegate, arrivò la polizia.
Conseguenze?
Avevano avuto una soffiata ma fortunatamente, quel commissario mi conosceva molto bene. Provai a scherzare: ‘Rimettiamo tutto a posto, non c’è bisogno di arrabbiarsi’.
Se le chiedessero le coordinate del suo viaggio sentimentale in direzione ostinata o contraria?
Non saprei tracciare un diagramma ordinato. Non credo nelle regole che strozzano l’istinto, nella coercizione, nella repressione. Quando ogni cosa diventa illegittima, la vera rivoluzione è l’illegalità.
Cosa la immalinconisce di più?
L’ipocrisia, il fariseismo, l’indifferenza, il fascismo che leggo tra le linee, nei piccoli gesti quotidiani, nel disprezzo gratuito. Io sono un miracolato. Resistenza, democrazia, Concilio Vaticano secondo. Ho rischiato di diventar matto a forza di tragedie. Ma al tempo stesso non voglio correre il rischio di negare a chiunque mi si pari davanti, due diritti fondamentali: alla non sofferenza e al piacere.
Suo padre era semianalfabeta.
Ferroviere di Campo Ligure. Un giorno, in uno dei tanti sotto le spire del Regime, portai a casa la pagella. In fondo c’era scritto: ‘Andrea Gallo, ariano’. Lui scosse la testa. ‘Si sono sbagliati, noi siamo razza di Campo’. Era ignorante ma aveva capito tutto. Come quelle maschere del teatro genovese che in occasione del tributo a De André, cercarono di confinare i suoi amici in piccionaia. C’era tutta la città in doppio petto. Notabili, miliardari, signore incipriate. Dori Ghezzi mi aveva riservato centinaia di biglietti.
I dipendenti erano terrorizzati.
Mi misi in mezzo e lasciai proscenio libero ai miei tossici, ai miei santi bevitori. Pellicce e barboni, l’uno al fianco all’altro. Un bel delirio.
Insidiò persino le poltrone ministeriali.
C’era Giovanna Melandri, e quel ragazzo, poverino, era diventato bianco dalla paura: ‘Qui no, assolutamente no, c’è il ministro’. E io pronto: ‘Le mettiamo accanto una bagascia delle vecchie case e senz’altro, uscirà arricchita dalla commistione di generi’.
Questioni più serie. La Chiesa e l’incubo della pedofilìa.
Dio manda i segnali. Quello della pedofilìa nella chiesa, come avrebbe detto Papa Giovanni, è un segno dei tempi. Il mio pensiero va alle vittime, per le quali mi auguro ci sia almeno il risarcimento economico. Però, la vicenda è più complicata.
Dica.
Qui crolla il Tempio.
Le gerarchie hanno reagito.
Sì certo, ho ascoltato lo sdegno del Papa, ma io sto ai fatti e lui, senza voler gettare fango sul mio Pontefice successore di Pietro, a Monaco di Baviera era addirittura Arcivescovo. Ora Ratzinger grida, ma cosa gridi?
Duro.
E come dovrei essere? Nessun prelato da le dimissioni, fossimo stati all’epoca dei roghi, questi empi sarebbero stati bruciati. Io sono prete da oltre 50 anni e sento su di me la responsabilità di quella sciocca, ipocrita, demenziale educazione alla sessualità. Siamo tutti responsabili nella chiesa. Comunità parrocchiali e comunità religiose, seminari, tutti.
Le colpe hanno un’origine?
Tutte queste crociate moralistiche per la fecondazione assistita, quest’aborto ancora incasellato come se chi scegliesse quest’opzione fosse un omicida, un assassino senza patria, un reietto. E poi il resto.
Quale resto?
I casi Welby ed Englaro. Puro oscurantismo. Tornando al discorso di prima, la Chiesa offre l’impressione di essere contro la sessualità che al contrario, è un grande dono di Dio. Bisogna assumersi le proprie responsabilità.
E lei?
Magari ho sbagliato anche io. Non sono un pedofilo, ma quando ho parlato con i ragazzini cosa ho davvero trasmesso loro?
Come ne uscirà la Chiesa?
Stiamo assistendo al suo crollo, ad anni di silenzio che deflagrano in un ambito vergognoso ed è persino scontato che poi la devianza scoppi. E’ tutto un sistema da cambiare. Nella Chiesa madre, come nelle famiglie più praticanti. Ci vorrebbe uno scatto d’orgoglio
Una Riforma?
Arriva la riforma, un capovolgimento, una rivoluzione, oppure no?
Come è possibile che non la caccino?
Perché sono a casa mia e ho il diritto di dire quello che penso. I miei capi, che non dovrebbero conoscere solo il comando, ma la consapevolezza di essere padri (conosco anche il diritto canonico). Comunque, io sono stato il primo a suggerirgli il mio allontanamento.
Coraggioso.
Mandatemi via. Glielo ricordo sempre. In ogni famiglia esistono i figli degeneri, diseredati, io sono pronto a obbedire. Non devono far altro che decidere pubblicamente, annunciandolo sul giornale: ‘Don Gallo stia zitto’ e io per un anno lo farei. Zitto.
Difficile crederle.
La prima lettera di Pietro dice che è meglio obbedire a Dio che agli uomini, a me, le garantisco, non mi mandano via.
Perché?
Semplice. Non sono nessuno, non ho cariche, non conto nulla.
La sua allergia alle gerarchie è nota.
Le racconto una cosa. Era il ventesimo anno di pontificato di Wojtyla ed eravamo in tv con David Sassoli. Presi la parola: ‘Santità complimenti per le celebrazioni, tutte meritate, ma già che son qui, mi permetta una domanda’.
Gelo in studio.
Un certo imbarazzo. Poi parto: ‘Perché ha ucciso i miei maestri della teologia della liberazione? Sassoli era preoccupatissimo: ‘Andrea ti distruggono’. Non accadde. Pur di non concedere lusso e diritto di riflettere su ciò che si ignora o peggio indagare, preferiscono non punirmi.
Don Gallo e suoi primi cinquant’anni di... messe
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 31 gennaio 2010)
Da salesiano festeggia i suoi 50 anni di messe oggi con una celebrazione nella chiesa di Don Bosco a Sampierdarena («è da qui che son partito») e domani con un’altra messa e una festa in piazza al Carmine per ricordare 39 anni esatti dell’insurrezione del quartiere contro il cardinale Siri che aveva deciso che quel viceparroco troppo comunista andava tolto di lì. Ne nacque anche una canzone che ora gira in rete «Mi hanno rubato il prete». Stiamo parlando di Don Andrea Gallo, 81 anni il prossimo 18 luglio, fondatore della Comunità di San Benedetto.
A Sampierdarena ci sarà anche monsignor Luigi Bettazzi, vescovo del Concilio Vaticano II, altro prete anomalo. Per dargli il permesso di venire pare che la chiesa ci abbia messo qualche settimana. Ma la festa si farà e Don Gallo ha promesso di parlar poco e far sentire invece i suoi ragazzi, quelli vissuti nella comunità, quelli che hanno bussato alla porta di Mura degli zingari, i mille incontri di tanti anni passati a occuparsi degli ultimi, come ripete spesso: «Sarà un incontro dedicato a un cammino iniziato nel ’65 nei salesiani di don Bosco quando fui accolto dalla diocesi di Genova. Sarà ripercorrere una storia d’amicizia, ricordare che siamo un’assemblea che vuole tenere le porte aperte a chi è in difficoltà, a chi non ha casa, a chi si sente perduto. La nostra è una comunità di base ecclesiale in comunione col vescovo».
Don Gallo alle sue messe invita tutti, atei compresi, come tanti ne entrano nelle sue messe domenicali celebrate col «permesso» del parroco di San Benedetto: «Vengano credenti e non credenti, siamo un popolo di Dio che si vuole sporcare le mani» - spiega mescolando come sempre cronaca ed evangelizzazione. «Vogliamo essere attenti ai diritti di tutti, ripartendo dagli ultimi. E vogliamo parlare di Concilio Vaticano II mica perché abbiamo nostalgia del passato, ma per ribadire che il Concilio è continuità della tradizione, una tradizione che non è ripetizione ma che si vuole nutrire dei bisogni e delle speranze dell’uomo contemporaneo. Per questo Roncalli parlava di perenne giovinezza della chiesa. Per questo la comunità sarà il 4 febbraio col Dal Molin a Vicenza, per questo partecipiamo alle lotte contro la privatizzazione dell’acqua e siamo contro ogni xenofobia, razzismo, omofobia».
Per la festa del Carmine («ci vado anch’io, ho abitato là» confessa Amanzio Pezzolo un vecchio camallo, a lungo viceconsole della Compagnia unica quando si chiamava Culmv) la gente del quartiere ha rispolverato anche una rassegna di foto dell’occupazione della chiesa l’1 e 2 luglio ’70 quando Don Gallo fu cacciato dopo cinque anni di onorato servizio. Era arrivato nel dicembre del ’65. L’incarico alternativo affidatogli dalla curia fu l’isola di Capraia, lui rifiutò e se ne tornò dai suoi genitori a Certosa. Poi l’8 dicembre del ’70 finì che lo nominarono «cappellano feriale e festivo nella chiesa di San Benedetto e impiegato a tempo ridotto alla Caritas, dalle 15 alle 18», come ricorda ancora in questi giorni quasi con divertimento.
Colloquio con don Gallo
"L’Islam? Il più bel regalo di compleanno"
"Il vero peccato è il consumismo che ci ha cambiati tutti:
ne parlavamo spesso con Fabrizio De Andrè"
di Wanda Valli *
La foto di don Bosco, il sigaro spento, il fazzoletto rosso al collo. La fede e la speranza, la testardaggine e il sorriso. Don Andrea Gallo, è tutto qui, nei simboli più cari, nei vezzi, nel carattere, lui prete di strada per scelta, che oggi compie 80 anni. Alla vigilia, li racconta nella comunità di San Benedetto, in una piccola stanza con i mobili arraffati, regalati, raccattati, con il ventilatore che non funziona e il caldo che entra dalla finestra aperta, vicino a don Bosco incorniciato e appeso al muro. Andrea Gallo è seduto alla scrivania, il pensiero va al suo mese del destino: «mi è successo tutto a luglio, la mia mamma ricordava che ero nato alle 13 di un 1928 rimasto nella storia perché caldissimo. A luglio c’è la festa della Madonna del Carmine, la svolta della mia vita, perché sono arrivato qui nel 1964, accolto da Siri, a luglio del 2001, c’è stato il G8, adesso la sentenza».
Già, la sentenza, ma prima parliamo di festa, di questi 80, magnifici, anni. Un regalo che vorrebbe? Lui strapazza il sigaro, disegna su un foglio stelle, righe, cerchi, sul regalo non ha dubbi: «Ecco, vorrei che si smettessero i litigi per dare la moschea ai fratelli islamici. Genova l’ha sempre avuta, sin da quando era la Repubblica, perché adesso no? Sono colpito come uomo prima di tutto, perché come Einstein che, a chi gli chiedeva la razza, rispose umana, io credo alla fratellanza». Ancora un desiderio: «a spegnere la candelina avrei voluto il mio vescovo, il cardinale Bagnasco, amo la chiesa e la vorrei in grado di cambiare, oltre che gloriosa e penitente».
Don Gallo, mai pentito di essere diventato prete? Lui quasi si stupisce: «io nella chiesa mi sento a casa, e allora mai, mai, mai pentito», magari avrà qualcosa di cui pentirsi? «No, tornassi indietro vorrei essere ancora più coerente con il Vangelo, per star vicino alla gente. Non ho mai avuto nemmeno ammonizioni canoniche, il nostro cartellino giallo». Buffa storia, la sua, don Gallo, prete di strada e di cardinali? «Ma no, è che anche Siri si divertiva con me. Mi ricordo il ’68, un giorno mi chiama e mi dice, senti un po’ quando andate in corteo nominate i vostri santi, ce n’è uno che non conosco. E io, dica Eminenza. Siri "Ho Chi Min" chi è?", capito? Siri era così».
Dal ’68 al luglio del 2001, con il G8, i migranti, e poi la sentenza su Bolzaneto, tre giorni fa. Che effetto le ha fatto? «Nessuno, una grande ammirazione per il lavoro dei pubblici ministeri, eccezionale, ma io facevo parte del Comitato dei garanti del Genoa Social Forum, tante volte ho sentito dire in aula "mi avvalgo della facoltà di non rispondere" e quindi nessuna sorpresa. Perciò avevo chiesto, più volte, la Commissione d’inchiesta, il governo di Berlusconi di allora la rifiutò, era nel programma del governo Prodi e non si è fatto niente lo stesso. Così la ferita rimane, ora si sa che è successo qualcosa di illegale, ma chi era ministro lo è rimasto e allora i giovani pensano "può succedere di nuovo". Volete far esplodere nuove frange di violenza?».
Sul G8, don Gallo non riesci a fermarlo, lui che si è fatto i cortei nel 2001, che ricorda i lacrimogeni «ci sono volute due ore per rivederci bene», lui che incalza: «qual era il grido del G8 dopo Porto Alegre? I giovani chiedevano, è possibile costruire un nuovo mondo? ecco perché resta la ferita. Qui, in questa stanza, è venuto Monicelli, nel luglio del 2001, è venuto Scola e tutti mi domandavano: riusciremo a togliere la paura del futuro ai nostri ragazzi». E lei come rispondeva, don Gallo? «Osare la speranza, era il motto della mia brigata partigiana». Com’è finito a far la guerra da ragazzino? «Per mio fratello Dino. Lui era tenente del genio, di stanza a Milano. Io andavo al Nautico, tutto casa, scuola, regole fasciste. L’8 settembre mio fratello sparisce, lo rivediamo qualche mese dopo, a casa. Annuncia «sono con i partigiani». Lui era un comandante io, a 17 anni, gli sono andato dietro, il mio nome di battaglia era "Nan" facevo un po’ di tutto».
Poi finisce la guerra, «ricordo la gioia delle donne che potevano votare per la prima volta, la gioia di un paese. E vedere a 80 anni che la democrazia è subordinata alla sicurezza: no, no, non ci siamo». Torniamo agli 80 anni, alla festa di Genova per lei. A chi penserà? «Vorrei dedicarla tutti i miei collaboratori, a chi fa volontariato, vorrei ricordare due persone speciali, Bianca Costa e padre Antonio Balletto». Che cosa teme per la società, per l’Italia? «L’indifferenza, e sono gramsciano in questo. Gramsci che dice "io vivo perché sono partigiano". E allora, siamo in tempesta, ma abbiamo la bussola, eccome, i primi dodici articoli della Costituzione, e per noi cristiani, il Vangelo. L’indifferenza nasce negli anni ’80 con il consumismo che ci ha fiaccato».
Oggi un pensiero andrà alla madre, scomparsa a «99 anni e mezzo». Andrea Gallo la ricorda con il sorriso.« Una mattina di primavera ci disse, ho deciso di partire. Dove vai? In paradiso. Poco prima di partire per quel viaggio, aveva sete. Le chiesi mamma, acqua o moscato? E lei, lucidissima, moscato. Le bagnarono le labbra, mamma salutò ognuno di noi. Si addormentò. Lo raccontavo a don Balletto, gli ultimi giorni, sono riuscito a farlo ridere». Con lui festeggerà, da casa, l’ultima testimone della sua nascita: «mia zia Adelina, sorella di mamma. Aveva 17 anni quando sono nato io», e il fratello Dino, i due nipoti. E chissà che dall’Australia non arrivi, via cielo, la benedizione del cardinal Bagnasco. Al suo prete di lotta e di strada.
* la Repubblica-Genova, 17 luglio 2008.
* Don Gallo compie 80 anni gli auguri di Manu Chao e Carotone
LA "Bibbia civile" - la COSTITUZIONE DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI - e la BIBBIA della Chiesa Cattolica... perché cresce l’incomprensione e il contrasto?!
Caro don Gallo apprezzo moltissimo il suo lavoro e la sua risposta. Purtroppo - credo - è la memoria e il coraggio, che spesso viene a mancare! Per questo le parole - staccate dal cuore e dai comportamenti - non producono più opere e frutti ... e finiscono per fare solo danno!!! Siamo d’accordo: "La Chiesa proclama senza riserve il diritto primordiale alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale, il diritto a nascere, a formare e a vivere in famiglia, senza che questa venga soppiantata od offuscata da altre forme o istituzioni diverse”(dal discorso del Papa all’Ambasciatore di Spagna. 21.05.2006). Ma questo che vuol dire? Che dobbiamo mettere la ’mutande’ al mondo o, addirittura e peggio, mettere tutto il mondo in un campo di concentramento?! Per la Vita, la Verità, e la Giustizia, perché non si vuol procedere con AMORE (Charitas) e CHIAREZZA (Claritas), e prima di tutto - nel rispetto della libertà di ogni cittadino e di ogni cittadina?!Cominciamo dal matrimonio: quale matrimonio si vuole imporre e quale matrimonio non si deve fare, né ora né mai?! Abbiamo già dimenticato le "Osservazioni sulla morale cattolica" del nostro Manzoni?! Perché non rileggiamo I PROMESSI SPOSI (ieri qualcuno sull’Avvenire parlava della politica di Zapatero come della riedizione del vecchio liberalismo ottocentesco, ma non si rendeva conto che si stava dando letteralmente ... la zappa sui piedi - e denunciava tutta la seicentesca e ’spagnolesca’ politica della chiesa attuale!!!): quale società, quale matrimonio, e quale famiglia?! Quella della società dei genitori di Gertrude - la “monaca di Monza”, o quella dei genitori di “Lucia”?! Perché non cerchiamo di andare, finalmente, al di là dell’ordine simbolico (materialissimo, e biologistico!) di “mammasantissima”, e rimettiamo con tutti gli onori - accanto a ‘Maria’ - ‘Giuseppe’!, e riconosciamo il loro Amore - Gesù, in tutta la sua piena umanità e divinita?! La COSTITUZIONE, la Legge dei nostri Padri e delle nostre Madri (la nostra "Bibbia civile", ha detto Carlo A. Ciampi) l’abbiamo già: cosa ci vuole un cuore nuovo? Cosa dobbiamo aspettare e attendere l’apocalisse ... per diventare un po’ più saggi e più cristiani nei confronti di noi stessi/e e nei confronti degli altri/e? Che il Dio dei nostri Padri e delle nostre Madri ci aiuti ... a vederci meglio e a guarire le nostre anime! M. cordiali saluti, Federico La Sala
Caro Federico, attraverso questo episodio possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che esiste una libera Chiesa in un libero Stato !Mentre, a quanto pare, tu e gli altri amici di questa testata, auspicate una Chiesa di Stato (vedi Cina o Russia), che dia ragione al potere politico. Quando la Chiesa libera esprime convinzioni contrarie a certe idee laiche, allora non si può far altro (per fortuna!) che minacciarla con la cancellazione dei patti lateranensi o dell’otto per mille...
Cordialmente e simpaticamente. Biasi
Caro Biagio, appari più mutevole della luna, i tuoi interventi scritti da una molteplicità di persone e i tuoi sentimenti contorti e ambigui. Ti senti forse l’avvocato della Chiesa? Questo non è il sito della Sacra Rota, nè il tribunale dell’inquisizione. Nè tantomeno il rogo della Chiesa come dai ad intendere. Questa testata cerca di mantenere quel giusto rispetto verso le istituzioni e le persone. Cerchiamo di essere critici, perchè quello che ci interessa è la libertà e soprattutto l’uomo. Evita di generalizzare e accusare. Del tifo e del calcio ne abbiamo fin troppo.
Cordialmente,
Vincenzo Tiano
Caro Vincenzo, la testata ha ed ha sempre avuto una vocazione anticlericale, perchè negare l’evidenza? Se volete continuare ad esprimere tranquillamente le vostre opinioni contro la Chiesa senza essere contradetti, allora potete sempre censurare i pareri contrari; se invece volete mantenere quel giusto rispetto verso le istituzioni e le persone, imparate ad accettare anche il suono dell’altra campana.
Probabilmente abbiamo una concezione della "libertà" e dell’"uomo" molto diversa. Nella vita bisogna fare delle scelte e quindi siamo chiamati a "tifare". Se il tifo per la parte avversa ti da fastidio, devi purtroppo accettarlo, se no rifugiati in qualche Paese dove tutti sono costretti a pensarla alla tua maniera (vedi bandiera castrista agitata da Don Gallo).
Saluti.
Caro Biasi,
stavolta debbo disentire. Non è vero che la testata ha sempre avuto una vocazione anticlericale. Avrai notato che qui convergono pensieri e posizioni diversissime. Io ho pubblicato numerosi articoli di rappresentanti del clero e pezzi sulla musica religiosa. Ho difeso - e difendo - strenuamente padre Fedele. Ognuno ha un’idea. Va bene così. Anzi, sarebbe drammatico se non ci fossero le divergenze fra il professor La Sala e te o fra te e il vicedirettore. Qui, mi preme solo sottolineare che questa non è una testata a senso unico. Confido nella tua fine intelligenza e nella tua capacità di giudizio, augurandomi di proseguire sulla strada del pluralismo, insieme a tutti.
Umilmente e con sincera e forte cordialità,
Emiliano Morrone
Carissimo Direttore, ognuno fa una lettura personale e quindi soggettiva della testata. Se la maggior parte degli articoli che appaiono su "lavocedifiore" sono opera o scelta del caro Prof. La Sala, non possiamo lamentarci se la testata prenda una determinata direzione. Spero che il Prof. non mi fraintenda. Sa benissimo la stima e la simpatia che nutro per lui. Però penso che la presenza anche di un Mauro Diana, per esempio, possa giovare molto a questo giornale, affinchè prosegua sulla strada di quel pluralismo tanto auspicato.
Che la testata abbia una vocazione anticlericale "sana", non è un difetto, ma un pregio. Ricordiamoci dell’anticlericalismo dei santi (vedi per es. Padre Pio!); ma quando l’anticlericalismo si concentra nella faziosità, nella calunnia, nella diffamazione, diventa offesa !
Volevo infine ricordare a tutti, e a me in particolare, una bella affermazione di J.H. Newman (scusa, caro Federico, se lo cito ancora):
"Vivere, quaggiù, è cambiare;
essere perfetti, è aver cambiato spesso".
Cordialissimi saluti e un augurio di buon lavoro e di grande successo per tutti i suoi impegni. Biasi
KOYAANISQATSI - LIFE OUT OF BALANCE: PELLEGRINI..... VERSO UNA TERRA EQUI-LIBRATA!!!!
Caro Biasi "Vivere quaggiù, è cambiare; essere perfetti, è aver cambiato spesso" (rileggi la mia risposta alla tua citazione relativa alla "infallibilità") era proprio quanto ti avevo scritto del cardinale J.H.NEWMAN - parlavo del suo essere "pellegrino" sulla strada della Vita e della Verità, e del tuo uso improprio della sua citazione. Come si dice, e si dice ancora, in matematica: come volevasi dimostrare!Niente contro nessuno. Il mio è solo un discorso da ’ scoperta dell’acqua calda’. Due piedi, due occhi, due mani...."due ali" e "due Soli" per ’camminare’ e ... per ’salire’ a SAN GIOVANNI IN FIORE!!! Nient’altro: W O JTALY!!! VIVA L’ITALIA (che ... ’forza’!!!). Con immutata stima, i miei più cordiali saluti, Federico La Sala
Caro Federico, quando non si capisce, o meglio, non si comprende una realtà (Chiesa), sarebbe onesto non correggere chi quella realtà la conosce bene e ci crede profondamente. Dovresti fare uno sforzo di memoria e ricordarti i numerosissimi cambiamenti che ha subito la Chiesa durante la sua storia millenaria. Potresti iniziare con gli errori del suo insegnamento: decisioni di papi, chiamate alle crociate, la repressione delle eresie, soppressione della Compagnia di Gesù, freno imposto da Pio XII all’esperienza dei preti operai, interpretazione della Scrittura stessa dovuta all’ignoranza del tempo in materia scientifica (Galileo, creazione del mondo in sei giorni, libro di Giona e di Giobbe ritenuti storici, ecc.). Noteresti così che quella citazione di Newmann non era poi così impropria. Noteresti perchè oggi la Chiesa ha bisogno di un Papa filosofo e teologo. Già, perchè il metodo della ricerca teologica consiste proprio nel mostrare quella meravigliosa armonia che regna tra i diversi aspetti della fede cristiana. Così la Chiesa non esita ad andare sempre più avanti nella comprensione del messaggio evangelico, ed è quindi sempre pronta al rinnovamento, al cambiamento.
Cordialissimi saluti. Biasi
Gentile Biasi,
mi intrometto in questa discussione solo per porre una domanda. Dati, nella storia, gli errori madornali (e poi riconosciuti come tali) della Chiesa, giustamente sempre pronta a rinnovarsi a seconda delle epoche perchè altrimenti sarebbe scomparsa, non è che anche quello di non accettare i PACS e quant’altro, possa essere un errore? Nel senso che, nel tempo che fu, se per esempio la Chiesa era convinta che il Sole girasse intorno alla Terra, e qualcuno voleva farglielo capire, veniva considerato come un eretico o un demonio. Era chiaramente uno sbaglio, vero? Quindi, non potrebbe essere considerato come tale anche il non accettare oggi queste nuove situazioni? Magari, in un futuro (neanche forse troppo lontano), la Chiesa potrebbe ammettere lo sbaglio di non avere accettato all’epoca (oggi) i PACS e quant’altro, per lo meno civilmente parlando.
Simpaticamente concludendo... "all’inizio era il Verbo...il complemento oggetto venne molto dopo" (Giobbe Covatta, non è un filosofo ma ci sta tutta...)
Come sempre cordialmente,
Mauro Diana.
Caro Mauro, seguendo il tuo discorso/ragionamento potrei affermare (prendila come una provocazione!) che la società in cui viviamo sbaglia nel condannare la pedofilia, la zoofilia, il cannibalismo o altre forme di "comportamento" umano che oggi ci scandalizzano o ci sembrano aberranti, mentre in una civiltà molto più "libera, moderna e tollerante" del futuro, questo "agire" diventerebbe ammissibile/condivisibile, perchè consono a quella libertà senza vincoli e confini, di cui tutti agoniamo.
La Chiesa ha sempre pensato di aver ricevuto da Cristo il potere di dire, di "definire" la verità in questioni essenziali di fede. Già la Chiesa primitiva, pur non usando il termine dogma, era già convinta che il Signore non le avrebbe permesso di cadere in errore. Le aveva promesso l’assistenza dello Spirito Santo. Tutta qua sta l’infallibilità del Papa !
Come il nostro estimatore freudiano Prof. La Sala ci insegna, una delle funzioni della religione è quella di regolare la condotta umana. Esiste una morale cattolica che, alla luce del Magistero della Chiesa, un cattolico è invitato a seguire. È una morale pesante, difficile, faticosa, colma di sacrifici, di rinuncie. È possibile seguirla fedelmente ? Era una delle domande rivolte al Papa polacco durante la veglia di Tor Vergata. Sì, fu la risposta, con l’aiuto di Cristo e la preghiera.
Io credo in questa morale e la difendo. E questa morale è a favore della vita, sempre; della famiglia; dei più deboli; degli ultimi; degli indifesi o di chi non "ha voce in capitolo" (vedi embrione). Fuori da qualsiasi ideologia politica, da qualsiasi calcolo egoistico umano.
Mi fa piacere che leggi anche tu, come me, quel comico napoletano (così impegnato a far del bene in Africa).
Saluti cordiali. Biasi
Purtroppo, possiamo constatare in questi giorni, che quanto da me temuto e denunciato precedentemente, è già realtà :
Olanda, nasce il partito dei pedofili
La nuova formazione si chiama Nvd e chiede che i sedicenni possano recitare nelle pellicole hard o addirittura prostituirsi.Porno infantile e sesso a 12 anni. Altre proposte: legalizzare ogni droga, viaggiare gratis in treno, poter girare nudi ovunque e poter fare sesso con gli animali.
(30 maggio 2006, La Repubblica on line)
LIFE OUT OF BALANCE (= KOYAANISQATSI): IL PARTITO DEI PEDOFILI IN OLANDA ... E IN VATICANO!!!
Caro Biasi hai ragione - ma il problema qual è, se non quello qui detto tante volte: koyaanisqatsi - vita s-quilibrata, life out of Balance!!! QUI NON SI SCHERZA: AUS-CH-WITZ !!! Se la Chiesa Cattolico-romana non apre le porte e le finestre (come voleva W O ITALY !!!) non c’è retorica ... o prefetti di congregazione di ferro che tengano!!! Le lancette dell’orologio girano e, a duemila anni dopo Cristo, il magistero della Chiesa continua a dire menzogne ...dell’epoca pagana - e a esaltare la grande madre, Iside, e Mammesantissime varie.... e allora di che parli!?
Riporto per te, a tua (e mia) edificazione un ’dialoghetto’:
Come ti chiami? - Gesù. / Gesù?! E di chi sei figlio? - Sono figlio dell’Amore di Maria e di Giuseppe. / Ma Chi ha deciso di chiamarti così? - Il mio papà, Giuseppe [Leggi il testo evangelico - e non leggere solo Lc. 1, 38, ma leggi anche Mt. 1,21 - sull’argomento!]. / Cosa significa il tuo Nome? - Significa “Amore salva”, cioè che l’Amore di Maria e di Giuseppe mi ha salvato! / E’ bello!Bene! Grazie e buona giornata! - Buona giornata!
Se volete continuare tu, Ratzinger, Ruini, e tutti i preti (e le "monache di Monza") .... continuate a non ascoltare i "fratelli maggiori" - in particolare il più grande dottore della Legge - Sigmund Freud, e continuate pure a fare i .... figli (e le figlie) di "mammasantissima"! Io preferisco l’aria pura di SAn Giovanni in Fiore e dei LARIci pi-SANI, altro che l’aria piena di morte, di peste e di ... corna della Tebe vaticana!!! Con la stima di sempre, i miei più cordiali saluti. Federico La Sala (1° giugno 2006 d. C., nel 60° anniversario dell’Assemblea Costituente e della nascita della Repubblica Italiana. VIVA la COSTITUZIONE dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’: W O ITALY - VIVA L’ITALIA!!!).
Caro Federico, io veramente non ti capisco ! Ma non sei tu l’acerrimo difensore di quella libertà che rispecchia lo slogan che copriva le pareti della Sorbona nel lontano maggio 1968 ? Ricordiamolo quello slogan : È proibito proibire ! Ora pretendi che la Chiesa, il Vaticano, apra porte e finestre ? Sono state sempre aperte, perchè l’affermazione fondamentale della nostra fede è che il Cristo è morto per i nostri peccati e, quindi, questa affermazione suppone che noi siamo tutti peccatori e anche poveri peccatori, ma peccatori perdonati.
Il tuo Freud che fa ? Valorizza i molteplici condizionamenti psicologici inconsci ai quali siamo soggetti !! Il tuo "amico" Sigmund dice semplicemente che quando ci crediamo colpevoli di qualche mancanza, siamo molto più vittime delle nostre pulsioni inconsce che realmente colpevoli. Basti pensare che il 95% dei giovani delinquenti provengono da ambienti familiari disgregati e che la maggior parte degli omosessuali (o pedofili o zoofili o transgender, ecc.) non hanno scelto di essere tali ! Se seguissimo la tua corrente psicanalitica, allora dovremmo affermare che non siamo "veramente liberi", e noi cattolici non potremmo più dire: "Per mia colpa, mia grandissima colpa".
Allora, caro Federico, assolviamo tutti, ma proprio tutti !! A cosa servono le carceri ? Dove stanno le ingiustizie ? Perchè accusare un sacerdote di pedofilia ?
Il Cristo della Chiesa non ha eliminato il carattere obbligatorio della legge dell’amore (il vero Amore, e non la caricatura che tu proponi !) nè il decalogo. I dieci comandamenti ci indicano i vicoli ciechi da evitare per non distruggere noi stessi nè opprimere gli altri. Secondo l’osservazione molto giusta di Jacques de Bourbon-Busset: "La violenza del Dio della Bibbia contro i peccati degli uomini è l’espressione stessa del suo amore". Dio non sopporta la distruzione di coloro che egli ama, la loro degradazione nell’alcool o nella dissolutezza, la sterilizzazione dei loro cuori, la scomparsa del loro amore".
La Legge ci ricorda che l’amore deve realizzarsi nella giustizia, nel rispetto della vita, nella fedeltà coniugale, ecc. Se non si tiene più conto dei comandamenti, si finisce per convincersi che è permesso uccidere, per amore, un bambino o un anziano...
Cordiali saluti.
CORSO DI TERAPIA PSICO-TEO-LOGICA. PRIMA E ULTIMA LEZIONE DI ‘MATEMATICA’ ELEMENTARE: 1+1 = 3 !!! DIDATTICA BREVISSIMA PER PERMETTERE UNA PARTECIPAZIONE GIOIOSA ED EU-DAIMONICA AL PROFETICO ‘E-VENTO’ - IL 1° FESTIVAL INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA , A SILVANA MANSIA , il 7 giugno p.v.!!!
Caro Biasi E che vuoi capire! BESTEMMI solo - contro Gesù, e contro Freud (che hanno affrontato il deserto, la morte e l’inferno per capire qualcosa)! E, per di più, usi parole solo per alzare fumo e continuare ad . .. accecarti e assordarti?! Mi dispiace molto che ti ...offendi in questo modo!!! La questione è di ‘matematica’ e di ‘psico-logica’ elementare, ma purtroppo tu (e come te tantissimi e tantissime della tua stessa età mentale ’preistorica’) non sai nemmeno quello che le mie nipotine e i miei nipotini di scuola primaria sanno: a te hanno insegnato pochissimo e malissimo, a leggere e a far di conto! Ecco un altro (ennesimo) tentativo di chiarimento: 1 più ( “+”, = legame di Amore) 1 non fanno 2, ma fanno UNO, che - in verità e in principio - è (fatto di) ‘3’; questo UNO (che è fatto di ‘Tre’) genera un altro uno (che è sempre fatto di ‘3’) - per gli ingenui è un semplice 1 che è il terzo (dopo 1+1 , con l’aggiunta di un altro 1= 3): in verità e in principio, è il ‘4°’ che è anche l’UNO, il 1° ..... che è sempre fatto di ’3’! Un, due, e tre... via! Cerca di impararlo!!!Sei ancora un enigma per te stesso ... e vuoi parlare di Freud, di Gesù, ..del Papa, del Re, ...e della Costituzione dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’?! Non mi sembra proprio il caso.... Fai ancora in tempo: dai, fai un salto... al 1° Festival Internazionale di Filosofia!!! Torna a San Giovanni in Fiore, ritorna a scuola da Gioacchino .... e allora - in un EU-ATTIMO (non fuggente!) capirai e, finalmente, ti ritroverai! E così ci rivedremo - con grande gioia e felicità (eu-daimonìa), mia e di tutti i cittadini e di tutte le cittadine del profetico ’e-vento’!!!. Molti cordiali saluti, Federico La Sala
Caro Federico, quando non sai più argomentare, ti rifugi nei tuoi "teoremi", respingendo così tutti i pensieri, le obiezioni e i segnali d’allarme che minacciano di strapparti da quel "mondo impenetrabile" che ti sei creato su misura; difendi così la "tua felicità" finalmente conquistata e ti opponi a tutti i tentativi di riportarti sul piano della realtà ! Io scrivo di fatti concreti e tu mi rispondi con le tue assurdità. Dovresti renderti conto che sei vittima della tua autosuggestione. Concediti più tempo libero, non meditare troppo; non sei un monaco krishna che deve dedicare dieci ore al giorno alla lettura. Non credere di appartenere a un’elite di grandi pensatori e filosofi, perchê pensando ciò favorisci la sopravvalutazione di te stesso ! E di questo ne stai dando ampia testimonianza...
Sempre con stima e amicizia. Biasi
TRE GHINEE ... UN BIGLIETTO - UNA DOMANDA, PER UN VIAGGIO AL 1° FESTIVAL IN SILA !!!
Caro Biasi non aver paura e non ti sottovalutare: accogli in dono questa citazione da TRE GHINEE: “Ci troviamo qui per porci delle domande. E sono domande molto importanti e abbiamo pochissimo tempo per trovare la risposta... E’ nostro dovere continuare a pensare... Pensare, pensare, dobbiamo. In ufficio, sull’autobus, mentre... mentre... mentre.... Non dobbiamo mai smettere di pensare: CHE CIVILTA’ E’ QUESTA IN CUI CI TROVIAMO A VIVERE? “ (Virginia Woolf, Le tre ghinee)..... e ’pagati’ il viaggio per il 1° Festival Internazionale di Filosofia a Silvana Mansio del g. 7 giugno p. v.! Non perdere il ’treno’!!! Buon viaggio, e m. cordiali saluti. Federico La Sala
Caro Biasi,
del giornale risponde e ha già risposto il Direttore, al quale aggiungo che nessun pensiero firmato è stato censurato. Quanto a me, ti dico che non ho una vocazione, non sono chiamato e non mi faccio chiamare da nessuno, clericale e anticlericale, destra e manca. Per ora voglio essere solo e nella mia solitudine cerco di pensare e di viaggiare, se ne avessi la forza, come chi "in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione, tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi, per consegnare alla morte una goccia di splendore, di UMANITA’ di VERITA’".
Saluti
Vincenzo Tiano
Carissimi tutti,
ringraziandovi per la vostra accorata partecipazione a questo furum e rivolgendo un pensiero cordiale al nostro don Andrea, vi informo che il sindaco di San Giovanni in Fiore presenterà una performance teatrale, il primo giugno, dal titolo Lectura Prendentis. Ecco un’anticipazione del testo che leggerà in cattedrale, con tono beniano e benevolo.
La chiappa sollevò dal nero cesso quel purgator, reggendola agli appigli del bagno ch’elli usava giammai da fesso.
Poi cominciò: «Tu vuo’ ch’io mi ripigli disperato dolor ch’ancor mi preme già pur premendo, prima ch’io m’assottigli.
Ma se le mie parole esser sì ritorte che frutti infamia al banditor ch’io sono, parlar e lagrimar vedrai le porte.
Io non so chi tu se’ né per che modo venuto se’ qua giù; ma Caparezza mi sembri veramente quand’io t’odo.
Tu dei saper ch’i’ fui già socialista, e questi è l’arcingordo Orlandi: or ti dirò perch’ i’ son sceso in pista.
Che per l’effetto de’ suo’ regali fidandomi di lui io fui preso e poscia lesso dir farò a’ rivali;
però quel che non puoi avere inteso, cioè come la faccia mia fu nuda, udirai, e saprai s’e’ m’ha offeso.
Nel breve pertugio dentro da la Chiazza la qual per me ha ’l titol de la cuenta, e mi conviene ancor ch’altrui si piazza,
m’avea mostrato per lo suo forame più lune già, quand’io feci ’l mal sonno che del futuro mi squarciò ’l velame.
Questi pareva a me maestro e donno, lodando il lupo e ’ lupicini al monte per che i florensi veder Garga non ponno.
Con cagne magre, studiose e conte Mascari con Zaretta e Piticanni s’avea messi dinanzi da la fronte.