Calabria

"La società sparente": lettera aperta di Vincenzo Tiano a Giovanni Iaquinta, già dirigente dei Ds di San Giovanni in Fiore

martedì 27 novembre 2007.
 

Vincenzo Tiano, vicedirettore di "la Voce di Fiore", ha scritto una lettera aperta a Giovanni Iaquinta, già dirigente dei Ds a San Giovanni in Fiore (Cosenza). Sotto la pubblichiamo integralmente.

Tiano, lo scorso 11 novembre, ha moderato la presentazione del libro "La società sparente" (di Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, edito da Neftasia, Pesaro, 2007) nei pressi del comune calabrese, nella sala convegni dell’Hotel Biafora.

Nel corso della presentazione, Giovanni Iaquinta ha chiesto all’on.le Angela Napoli, membro della Commissione parlamentare antimafia, se San Giovanni in Fiore fosse città mafiosa.

Il deputato ha detto che il centro calabrese non è da definirsi tale, perché la sua gente non può, come quella di tutti gli altri comuni della regione, subire l’onta d’un sistema che opprime la libertà e la legalità di chi vive in Calabria.

Iaquinta ha definito l’on.le Napoli "reticente". A Emiliano Morrone, Giovanni Iaquinta ha poi chiesto se intendeva confermare quanto scritto nel testo a proposito della morte del giovane Antonio Silletta. E cioè che, se San Giovanni in Fiore avesse reagito dopo il sequestro del giovane, probabilmente la ’ndrangheta non lo avrebbe ucciso.

La risposta di Morrone è stata affermativa. Ma Iaquinta si è infuriato ed è stato fischiato dal pubblico e ripreso dalla sorella di Antonio Silletta, che ha solidarizzato con la tesi di Emiliano Morrone.

La redazione

Egregio Giovanni Iaquinta,

come moderatore della presentazione del libro la “Società sparente” a San Giovanni in Fiore, sento il dovere di scrivere per l’increscioso accadimento di domenica 11 novembre in occasione della presentazione del libro medesimo.

Ho visto gettare sul tavolo il microfono da una persona come lei - moderata, pacata e democratica. Certo, Lei potrà dirmi che uno degli autori del libro, Saverio Alessio, ha avuto una reazione sproporzionata e irruenta. È vero: ha sbagliato.

Va sottolineato però che Alessio era, in quella circostanza, il “padrone di casa” e Lei l’”ospite”. Lei aveva tutto il diritto di intervenire, in quanto gli è stato concesso, ma non si trattava di una tribuna politica. Certamente non era il caso di dire ad Angela Napoli, membro della Commissione parlamentare antimafia, dopo aver posto la prima domanda, “lei è reticente nella risposta”, aggettivo giuridichese del tutto inappropriato per una persona che per la causa della giustizia è costretta a vivere sotto scorta, e agli autori del libro “gettate fango sulle persone”, senza contestare dati di fatto e situazioni politiche acclarate.

Ben venga la dialettica, se è veramente tale. Le ricordo che in certe manifestazioni organizzate dai Suoi compagni di partito non è dato nemmeno prendere la parola e Lei la parola l’ha presa ben due volte. Ma a pensarci bene, quale critica da parte Sua nei confronti di alcuni parlamentari e consiglieri regionali, specie quelli del Suo partito? Addirittura in un Suo articolo definiva l’asse Adamo-Loiero come l’avvento della questione morale. Ora i due dell’asse morale passano più tempo in tribunale che in Consiglio regionale! Forse perché quei signori sono della Sua religione e devono essere venerati come dei santi? Lo sa che il Suo referente calabrese del Partito democratico, Minniti, ha recentemente proposto alla presidenza del nuovo partito niente poco di meno che Loiero? Questo per Lei non vale nulla, non è degno di considerazione?

L’importante è dimostrare al partito di aver detto qualcosa. Quanto al libro, non Le bastava il primo intervento, considerata anche la massiccia presenza delle persone che volevano intervenire? Non era un “porta a porta”, ma una presentazione organizzata da privati e gli interventi in queste circostanze sono preposti a delle domande e, perché no?, a contestazioni suffragate da dati e argomenti. Non a generiche affermazioni difensive e allo stesso tempo offensive. Le occorreva una replica per perorare, sotto sotto, la causa nobile della buona politica diessina? Una causa obbligata, forzata e vitale. L’umore della folla non conta? La risposta indignata della sorella di una persona ammazzata vale meno delle persone che vivono al di sopra di Lei? Il popolo conta meno delle ragioni di partito? Quanto vale manifestare un intellettualismo di etichetta, staccato dalla realtà e ancorato ad una comoda segreteria?

Ci sono intellettuali e intellettuali. Il primo intellettuale è il popolo in quanto essere pensante, sofferente e ribelle. Popolo che, con dignità, si è fatto la valigia ed è partito per essere libero.

Vincenzo Tiano

18-novembre-2007


Rispondere all'articolo

Forum