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Arrestato il tributarista Lapis. Ma cosa c’entra Ciancimino?

Storie di ordinaria disinformazione: tra superficialità dei giornali ed equivoci adatti alle vendite
venerdì 9 dicembre 2011.
 

Venerdì scorso ci sono stati diversi arresti in tutta Italia. Tra gli arrestati il noto tributarista e professore universitario Gianni Lapis (nella foto in alto a sinistra, ndr). L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di danaro. Un’operazione condotta dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta della DDA di Palermo.

Ma ecco in agguato la disinformazione, sottile e inaspettata!

Bisogna sapere che il prof. Lapis è stato processato come prestanome di Vito Ciancimino e che è stato uno dei soci fondatori insieme a Ezio Brancato della società Gas in cui don Vito deteneva delle quote occulte. Oggi è indagato per aver versato tangenti a vari politici per conto della Gas, vicenda emersa dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino che ha raccontato ai magistrati palermitani quanto a sua conoscenza e segnalato l’esistenza di intercettazioni e documentazione sequestrata comprovanti questi rapporti ma ignorate dai magistrati della procura di Grasso e Pignatone che avevano svolto l’inchiesta sulla Gas (o sarebbe meglio dire su metà della Gas, ma è una lunga storia che racconteremo un’altra volta).

Ma con l’inchiesta che ha portato all’arresto del prof. Lapis tutto questo non c’entra. Non c’entra niente il cosiddetto tesoro di Vito Ciancimino, né tanto meno Massimo Ciancimino.

In questi giorni invece più o meno artatamente i giornali, a parte qualche eccezione, senza spiegare bene questo "piccolo" dettaglio, hanno collegato l’arresto del prof. Lapis al nome di Ciancimino, qualcuno in chiara malafede, qualche altro per colpevole leggerezza. Addirittura c’è stato chi è arrivato a sfoderare fantasiosi dubbi sulla ricollegabilità di questi soldi al solito tesoro di don Vito... La maggior parte semplicemente non ha chiarito in modo esplicito il fatto, creando una gran confusione nel lettore.

Si è trattato di un modo di affrontare la notizia molto scorretto, visto che si buttava in mezzo senza motivo il nome di un testimone già così esposto a rischi come Massimo Ciancimino e che in tanti hanno interesse a screditare per minare la credibilità della sua testimonianza, da alti rappresentanti istituzionali passati e presenti a tanti politici siciliani e nazionali, potentati economici, fino alla mafia.

A proposito dei rischi, ricordiamo che il ministero dell’Interno con un discutibile provvedimento ha revocato la scorta a Massimo Ciancimino e poi anche alla famiglia, nonostante il parere sempre contrario della Procura di Palermo che lo ritiene in grave pericolo di vita, mentre tuttora il testimone continua a ricevere intimidazioni, lettere con minacce di morte e proiettili indirizzate a lui e al suo bambino di sette anni. Perché evidentemente c’è qualcuno che ha interesse a zittirlo, che ha paura che possa andare avanti nella sua collaborazione con la magistratura. Ma questa notizia non l’avrete letta su nessun giornale o sito internet perché è completamente ignorata dal nostro sistema dell’informazione.

In merito all’operazione antiriciclaggio, il procuratore Ingroia, che ha coordinato le indagini, è stato chiarissimo nell’intervista rilasciata a Rainews il 2 dicembre. E dopotutto basta leggere le notizie con attenzione per rendersene conto.

Ingroia parla di "un’organizzazione che si metteva a disposizione di clienti diversi che avevano bisogno di liberarsi di roba che scottava", quindi di danaro di provenienza illecita, in cambio ovviamente di una percentuale. Una struttura di servizio la definisce il procuratore. In particolare per l’ultimo affare che ha portato agli arresti, si tratterebbe di danaro non di provenienza mafiosa ma di proventi di tangenti. Secondo quanto riportato anche da Repubblica di ieri, si tratterebbe addirittura di tangenti risalenti alla fine degli anni ’80. Dice Ingroia rispondendo alla domanda dell’intervistatrice: "Posso dire che mentre in passato il prof. Lapis è stato processato e anche condannato per attività in favore di uomini della mafia, in particolare in relazione al famoso cosiddetto tesoro di Ciancimino, in questo caso si trattava di soldi apparentemente non di provenienza mafiosa ma di provenienza sempre illecita ma da un altro tipo di ambiente, forse appunto politico come dice lei." Dunque il tesoro di Ciancimino non c’entra nulla: più chiaro di così!

Perché accade questo? Difficile dare una risposta univoca: in parte gioca la voglia di "vendere" la notizia e sicuramente un nome noto come Ciancimino attira di più l’attenzione di quello del solo Lapis, in parte la fretta e la superficialità dovute ai ritmi frenetici dell’informazione odierna che portano a commettere errori e semplificazioni. Poi c’è la disinformazione per scopi di delegittimazione e di orientamento dell’opinione pubblica, che in questo caso pure si è potuta notare (mi riferisco a certi articoli usciti sul Giornale di Sicilia).

C’è solo un modo per difendersi: allenarsi a tenere gli occhi aperti e lo spirito critico vigile. Essere lettori attivi. Cercare e confrontare più fonti e soprattutto cercare di arrivare il più possibile alle fonti dirette, come in questo caso (in mancanza dell’ordinanza di custodia cautelare) può essere l’intervista del giudice Ingroia.

Adriana Stazio

6 dicembre 2011

"Il muro di gomma è anche altro, non è soltanto la reticenza o la circostanza in cui ti dicono il falso o ti fanno sparire il documento che cerchi. Il muro di gomma si gioca anche con il sistema dell’informazione, con le campagne di stampa, con le false notizie che sono fatte o per screditare il magistrato, magari attribuendogli falsamente una fuga di notizie, o per screditare il testimone importante. Il muro di gomma è fatto in tanti modi e l’occhio che non è allenato non lo percepisce nemmeno." (Nino Di Matteo, Fano 4 dicembre 2010)


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