Extracomunitari

venerdì 4 giugno 2010.
 

di Alessandro Corroppoli

Ammassati su inadeguate imbarcazioni, sfidano il pericolo per inseguire un futuro ignoto. Una moltitudine variegata. I mass media sono in fermento; i poliziotti smantellano baraccopoli dove si rinviene di tutto: dalla drogo alla refurtiva, frutto di atti vandalici. Un’ondata di violenza e di caos sta connotando il nostro Bel Paese. E gli italiani? Cresce il senso d’insicurezza generale: l’opinione pubblica è divisa tra chi crede nella tolleranza e chi reclama punizioni e leggi più severe. I giovani? Sono sempre più disorientanti tra valori di solidarietà verso il prossimo e la diversa realtà che li circonda. Ma è giusto fare di tutta un’erba un fascio? In fondo molti di loro contribuiscono alla crescita economica del nostro paese, costituiscono una mano d’opera in via d’estinzione. Forse i mass media ingigantiscono le notizie negative che riguardano gli extracomunitari e lasciando a puro accenno vocale quelle che gli coinvolgono in senso positivo. E il governo cosa fa realmente? Sarebbe auspicabile un’adeguata integrazione degli extracomunitari perché dobbiamo essere contrari a qualsiasi forma di discriminazione razziale. E l’apertura delle frontiere? L’Italia diventerebbe uno Stato socio-economico e culturale, nel vasto panorama europeo ed internazionale. Nel frattempo che un giorno ciò accada “miracolosamente”... ...lo scorso 21 Aprile nella piattaforma della Flai Cgil, nel corso della prima Assemblea nazionale dei lavoratori migranti è stato approvato un punto molto importante: si chiede “l’estensione/ l’allargamento anche ai lavoratori immigrati delle misure previste dall’articolo 18 delle Legge Turco-Napolitano”. L’art. 18 del testo unico prevede che sia rilasciato un permesso di soggiorno per protezione sociale (temporaneo, ma può essere convertito in permesso di lavoro) e che sia garantito un programma di assistenza e integrazione al cittadino straniero vittima dello sfruttamento che intende sottrarsi ai soprusi delle organizzazioni criminali. Finora le persone che hanno usufruito dei progetti sono state 13.517. Nella quasi totalità si tratta di donne (in gran parte nigeriane e romene) vittime di tratta e costrette a prostituirsi; di queste 8.306 hanno fatto richiesta del permesso di soggiorno, mentre 5.673 lo hanno ottenuto. Le vittime hanno bisogno di essere accudite dallo Stato per uscire dal recinto delle nuove schiavitù; le loro denunce, inoltre, sono molto essenziali per l’avvio dei processi: provare la riduzione in schiavitù è molto difficile senza la raccolta di numerose testimonianze. Gli sfruttatori lo sanno, e le loro minacce hanno un effetto devastante. Per questo l’art. 18 oltre a ridare dignità umana è un importante strumento giuridico. Ma oggi la schiavitù non riguarda solo la prostituzione, si sta pericolosamente estendendo nei bassifondi del mondo lavorativo, soprattutto in agricoltura (ma non tralasciamo il mondo dell’edilizia) come dimostra il processo contro i caporali tenutosi a Bari. Allora diventa essenziale favorire l’estensione dell’articolo 18 anche alla vittime di grave sfruttamento lavorativo. Una circolare del ministero degli Interni del 4 agosto 2007 (Amato) andava in questa direzione: invitava i Questori a valutare la possibilità di concedere il permesso di soggiorno per protezione sociale anche agli schiavi del lavoro ma, fino ad oggi le applicazioni sul territorio nazionale sono state occasionali: solo 76 domande sono state accettate. Il caso più noto è quello dei 12 moldavi che a Bologna hanno avuto la forza di denunciare i propri caporali. Questa, oggi, misura va spalmata capillarmente se si vuole sconfiggere il lavoro nero. Senza la protezione delle vittime non ci possono essere processi contro le nuove mafie. La prova è data dai blitz che quotidianamente si ripetono nelle campagne del Mezzogiorno con una percentuale altissima concentrata nella campagne del Nord della Puglia e Sud Molise. Quasi sempre si risolvono, però, con un buco nell’acqua perché nessuno è pronto a denunciare i propri sfruttatori se dopo mezz’ora deve uscire da solo, con le proprie gambe, da una caserma dei carabinieri e, trovare un altro lavoro da schiavo.


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