[...] Il premier, ha osservato Massimo D’Alema, "ha creato un clima che ha convinto anche gli indecisi" sulla necessità di scendere in piazza. A questo popolo fatto di "persone che sono stanche di essere prese in giro con promesse mai mantenute, come ad esempio l’abbassamento delle tasse", Veltroni parlerà con i toni che ricorderanno quelli della campagna elettorale. Dal palco verranno spiegate tutte le proposte politiche del Pd, "che sono alternative a quelle della destra", ha rimarcato Goffredo Bettini. Verrà rilanciata la richiesta di misure che aiutino l’economia reale, e in particolare la detassazione di salari e pensioni e misure per le piccole imprese. Insomma i soldi non devono andare solo ai banchieri, ma anche ai cittadini [...]
PD IN PIAZZA PER DAR VOCE A ’OPPOSIZIONE SERENA’
di Giovanni Innamorati *
ROMA - Il Pd riparte dal Circo Massimo per aprire la terza fase della sua storia, come ha oggi detto Goffredo Bettini. Dopo l’entusiasmo delle primarie e lo sbandamento della sconfitta elettorale, è arrivato il momento della ’ripartenza’ per diventare portavoce di un’Italia oggi smarrita ma desiderosa di uscire dal clima di paura.
La Manifestazione, che punta a numeri imponenti, nell’ordine delle centinaia di migliaia di partecipanti, sarà all’insegna dell’unità: quella all’interno del partito, quella con altri partiti del centrosinistra con cui nel recente passato ci sono state tensioni, e soprattutto con la società civile, a cui sarà data voce dal palco.
La scelta del Circo Massimo è di per sé una sfida: il sito ospita il doppio dei manifestanti rispetto a piazza San Giovanni, dove Berlusconi e Fini convocarono il centrodestra il 2 dicembre 2006, quando dichiararono la presenza di un milione di persone. Il Pd non si sbilancia sulle persone attese, ma snocciola alcune cifre che lasciano intendere uno scenario Kolossal, degno della location scelta: saranno, per esempio, 4500 i volontari che assisteranno i cittadini attesi da 10 regioni (con pulmann e treni speciali) che daranno vita a due cortei, a piazzale dei Partigiani e a piazza della Repubblica.
Una volta giunti al Circo Massimo troveranno un grande palco largo 28 metri e largo 16, da dove parlerà Walter Veltroni alle 16,30. Ma prima di lui sarà data voce non al ceto politico bensì alla società civile: e così si susseguiranno uno studente, un immigrato di Casal di Principe, piccoli e medi imprenditori, un’insegnante precaria, un agente di polizia ed un operaio in cassa integrazioné; insomma "quella società civile- ha spiegato Veltroni - che vuole una speranza".
Oltre a questi, intere organizzazioni, come la Cia-Confederazione degli agricoltori o l’Associazione nazionale partigiani, hanno annunciato la loro presenza. Una consistente iniezione di partecipazione è attesa dal mondo della scuola: "quel movimento di persone moderate - ha detto il segretario - fatto di mamme, studenti e genitori, che vogliono una scuola nuova e più efficiente", che oggi Berlusconi ha bollato come "facinorosi".
Il premier, ha osservato Massimo D’Alema, "ha creato un clima che ha convinto anche gli indecisi" sulla necessità di scendere in piazza. A questo popolo fatto di "persone che sono stanche di essere prese in giro con promesse mai mantenute, come ad esempio l’abbassamento delle tasse", Veltroni parlerà con i toni che ricorderanno quelli della campagna elettorale. Dal palco verranno spiegate tutte le proposte politiche del Pd, "che sono alternative a quelle della destra", ha rimarcato Goffredo Bettini. Verrà rilanciata la richiesta di misure che aiutino l’economia reale, e in particolare la detassazione di salari e pensioni e misure per le piccole imprese. Insomma i soldi non devono andare solo ai banchieri, ma anche ai cittadini.
Al Circo Massimo poi ci saranno anche rappresentanze di partiti del centrosinistra con cui il Pd ha avuto tensioni e attriti, come Idv, i socialisti e i Verdi. Saranno ospitati stand di queste forze politiche per la raccolta di firme per leggi di iniziativa popolare da loro promosse. Un passo importante per la ricostruzione di quel fronte riformista indispensabile per le elezioni del 2013. Queste presenze fanno salutare positivamente il corteo agli ulivisti: "Si può sperare - ha detto Franco Monaco - che siano segno e principio del processo di ricostruzione di un nuovo centrosinistra competitivo e con cultura di governo", in cui il Pd sia "motore e timone di una più vasta alleanza riformatrice nitidamente alternativa al Pdl". "Domani - ha assicurato Arturo Parisi - ci ritroveremo tutti uniti a manifestare le nostre preoccupazioni per la deriva e il rischio al quale vediamo esposta la nostra democrazia. Già questa giornata di unità sarà per tutti un motivo di festa".
*Ansa» 2008-10-24 21:48
25 ottobre, il Pd: Berlusconi non si agiti, è la democrazia
«Circo Massimo è il triplo di piazza San Giovanni». Due giorni dopo la manifestazione continua la guerra sui numeri. Berlusconi ha preso male la folla scesa in piazza per contestarlo, ma il Pd invita a calmare gli animi: «Non abbiamo nessun dubbio che lui abbia vinto le elezioni - dice Ermete Realacci, ministro ombra all’Ambiente - ha una maggioranza molto ampia e il suo compito è governare. Non si deve agitare troppo, non so a cosa sia abituato lui, si tratta di un fatto normale in una democrazia che funziona con una maggioranza e un’opposizione».
Comunque, da sabato, qualcosa è cambiato. Ne è convinto Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazione del Pd: «Veltroni si è rafforzato sia nel partito sia nell’opinione pubblica - dice in un’intervista a La Stampa - Per milioni di italiani, le immagini viste nei tg hanno dato l’idea che il Pd è in campo. E quanto al partito, bisogna dire che Veltroni se l’è sudata. Non tutti credevano alla manifestazione, lui l’ha sostenuta in modo feroce, quasi ossessivo. Da quattro mesi lui pensava quel che poi la manifestazione è stata: un punto di svolta politico». Comunque, avverte Gentiloni, non bisogna fermarsi qui: quella di sabato è stata «manifestazione fondativa del Pd, che non aveva mai avuto un battesimo di piazza». Ora però il Pd ha «un capitale che va reinvestito: non dobbiamo chiuderci a catenaccio sui nostri schemi tradizionali. L’opposizione esiste se usa la sua forza per diventare maggioranza».
Resta scettico invece il sindaco di Venezia Massimo Cacciari che già nei giorni scorsi aveva ammesso: «Della manifestazione non me ne frega niente». Dopo il successo di sabato non ha cambiato idea: «Non credo che una manifestazione possa incidere sul corso della vita politica. A meno che - ironizza - non si tratti della marcia su Roma».
Non nega l’evidenza la ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Intervistata dal Corriere della Sera ammette che dopo il 25 «certamente Veltroni è più forte». E a lei piacerebbe ora riannodare il dialogo: «Sinceramente, non credo - confessa - che nessuno dei due leader alzerà il telefono per chiamare l’altro, ma qualche fatto importante è già avvenuto, come il voto sul giudice della corte costituzionale. E i contatti tra maggioranza e opposizione non si sono mai interrotti. Prossimamente il governo sarà chiamato a prendere decisioni delicate, quello sarà un banco di prova per riannodare il dialogo. In tanti ci spenderemo perché ciò avvenga».
Infine, a conferma del successo del Pd-day, se non bastassero le immagini, arrivano anche i dati Auditel. Il discorso di Walter Veltroni dal Circo Massimo trasmesso da Rai Tre, La7, Sky e Youdem.tv, infatti, è stato ascoltato in media da due milioni di italiani: «Lo share in media è stato circa del 20% - spiegano dal Pd - Il picco di ascolti è stato raggiunto verso la fine del discorso di Veltroni quando i telespettatori collegati erano oltre tre milioni per uno share del 29%».
* l’Unità, Pubblicato il: 27.10.08, Modificato il: 27.10.08 alle ore 15.55
Segnale forte ai leader: gli slogan e gli striscioni raccontano
i-l disagio e la protesta crescente di milioni di italiani
Da San Giovanni al Circo Massimo
Quella folla è l’Italia in rivolta
Molte le analogie, a ruoli invertiti, con la manifestazione
di Berlusconi del 2006 contro il governo Prodi
di CURZIO MALTESE *
Finalmente, in piazza. Presto o tardi? L’Altan di giugno: "Si va in piazza in autunno" "A che ora?". Il Massimo Cacciari di ieri: "E’ una manifestazione fatta con cinque mesi d’anticipo". Sembra sempre impossibile mettere insieme le tante anime del centrosinistra. Ma Veltroni c’è riuscito. Presto o tardi, erano moltissimi, una marea che ha riempito l’enorme Circo Massimo oltre ogni previsione.
Il Partito Democratico, con appena un anno di vita, per giunta assai travagliata, a soli sei mesi da una sconfitta tremenda e in fondo a un tunnel di depressione, ha dimostrato, anzitutto a sé stesso, di poter mobilitare più persone di qualsiasi altra forza politica europea e forse occidentale. Per il Pd la giornata di ieri vale come l’atto fondante delle primarie e forse di più. E’ il segnale forte dell’elettorato di andare avanti, magari con più coraggio. Molto più coraggio. E perché no? Con un po’ d’allegria.
La piazza del 25 ottobre ha due soli paragoni possibili negli anni recenti. Con altre due piazze della capitale che hanno cambiato il corso della storia: la manifestazione della Cgil nel marzo del 2002 e il comizio di Berlusconi a Piazza San Giovanni nel dicembre del 2006. Il parallelo con la piazza di Cofferati ha ossessionato, com’era ovvio, la vigilia. E’ lo stesso il teatro, d’immensa suggestione, il Circo Massimo. E’ lo stesso il clima politico. Il governo Berlusconi viaggiava sulle ali di una lune di miele seguita a un’ampia vittoria, l’opposizione pareva annichilita. E’ identico l’organizzatore, il mitico Achille Passoni, ex Cgil e ora senatore Pd, una specie di mago delle piazze.
Perfino l’ingombrante presente di Sergio Cofferati nel retropalco, garantiva il tocco decisivo di revival. Quella manifestazione, come questa, fu la risposta coraggiosa e vincente di una grande forza in grave difficoltà, la Cgil, scelta dal governo dell’epoca come capro espiatorio della crisi e martellata da una poderosa campagna mediatica. Il successo della giornata rovesciò il clima politico, decretò la fine della luna di miele governativa.
Dimostrò la fragilità del decisionismo berlusconiano quando si tratta di passare dall’immagine, dalla facciata, alle azioni concrete e serie nel corpo sociale, come la sciagurata guerra sull’articolo 18.
In realtà sono molte anche le analogie, sia pure a ruoli invertiti, con la San Giovanni del 2006. Un capolavoro politico di Berlusconi, fra i più notevoli della sua parabola. Nel momento di maggiore crisi del centrodestra, a pochi mesi dalla sconfitta elettorale e in piena bagarre dentro il Polo, con Casini che manifestava altrove e parlava apertamente di fine del berlusconismo, l’ormai settantenne Cavaliere rovesciò il tavolo con un colpo spettacolare. In un solo giorno dimostrò da un lato agli alleati l’inevitabilità della propria leadership e dall’altra all’avversario l’intatto fascino esercitato dal suo populismo su milioni d’italiani. "L’asso pigliatutto" era il titolo del commento di Eugenio Scalfari. San Giovanni fu il primo e decisivo passo di un’efficacissima strategia che riportò Berlusconi a Palazzo Chigi in appena un anno e mezzo.
Walter Veltroni non ha oggi all’interno del suo campo la forza e l’ascendente del Berlusconi del 2003 e il suo avversario è assai più compatto e deciso, rispetto all’arlecchinesca coalizione che sosteneva, si fa per dire, l’ultimo governo Prodi. Ma la folla del Circo Massimo gli ha fornito uno strumento formidabile per cambiare la storia. A patto di servirsene. I temi, le parole, gli slogan erano ieri davanti ai suoi occhi. Scritti sugli striscioni, urlati dalla gente, sottolineati dagli applausi ogni volta che il discorso dal palco li toccava o sfiorava.
Là davanti. Non dietro, sul palco dov’era schierata la nomenclatura e dove da quindici anni si esaurisce il dibattito politico del centrosinistra. Ma fra le persone normali. Come nel 2002 il governo Berlusconi sta scivolando sulla buccia di banana di una battaglia ideologica. All’epoca fu l’attacco al sindacato, attraverso l’insensato (anche da un punto di vista economico) assalto all’articolo 18. Oggi il governo è partito alla guerra contro il mondo della scuola, considerato riserva di caccia della sinistra. Senza rendersi conto di aver creato in poche settimane un fronte di protesta assai più ampio e trasversale del previsto. Un fronte che va dagli studenti universitari ai professori, ai maestri, fino al cuore delle famiglie. Non è una lotta politicamente etichettata. Al Circo Massimo c’erano più giovani del solito ma sarebbe truffaldino sostenere che vi fossero masse di studenti, semmai molti insegnanti e genitori mobilitati in questi mesi contro i tagli scolastici. E tuttavia la protesta della scuola è politica, vera politica.
Altrettanto politico è il disagio crescente di milioni d’italiani né di destra né di sinistra che si vedono ogni giorno scippare un pezzo di stato sociale pagato con le tasse, per finanziare improbabili ricette da vecchio capitalismo di stato, rottamazioni, salvataggi di banche, ponti in odore di mafia e oscure cordate tipo Alitalia.
Basta ascoltare il disagio. "Ascoltare" è uno dei verbi più usati nei discorsi dell’idolo di Veltroni, Barack Obama. Non solo di Veltroni. "Obama, Obama" è il grido che ha salutato ieri il bellissimo, appassionato discorso di Jean Renet Bilongo, un uomo del Camerun che vive a Castel Volturno. Il genio del senatore Barack Obama è stato l’aver ascoltato per anni il disagio del ceto medio e averlo tradotto in politica, riuscendo a far passare soprattutto un concetto, uno solo ma decisivo: l’inadeguatezza dei repubblicani ad amministrare la crisi economica.
Ora, l’inadeguatezza di Berlusconi è un dato scontato in tutto il mondo, tranne che in Italia. Nella battuta più felice del discorso, Veltroni ha fatto notare che se Merkel, Sarkozy o Gordon Brown avessero detto le stesse follie sparse dal nostro premier lungo tutta la crisi, ci sarebbero state reazioni enormi all’estero. "Mentre se le dice Berlusconi non succede nulla, perché sanno chi è". Lo sa anche il quaranta per cento degli italiani. Bisogna convincere qualcun altro. Da oggi sarà un po’ meno difficile. In ogni caso la risposta della piazza dice che non è impossibile.
* la Repubblica, 26 ottobre 2008
MANIFESTAZIONE (per gli aggiornamenti - la Repubblica, cliccare sul rosso->):
15:06 Striscione per Obama Alla manifestazione del partito democratico c’è anche uno striscione con la scritta "Barack Obama". I ragazzi che lo tengono issato per le strade del centro hanno una maglietta che è una dichiarazione di voto a favore del senatore nero dell’Illinois, candidato democratico alla Casa Bianca: "Americans in Italy for Obama".
Il Pd riparte dal Circo Massimo
Roma, le piazze si riempiono
Ombrelli, fischietti, cappellini e bandiere. Tutto rigorosamente targato Pd. E’ il popolo del Partito democratico che, da tutta Italia, sta arrivando a Roma e sta già riempiendo piazza della Repubblica e piazzale dei Partigiani, da dove alle 14 partiranno i cortei che confluiranno al Circo Massimo.
13:33 Troppa gente, parte il corteo Troppi partecipanti all’Ostiense. Il corteo che accoglie il grosso delle regioni italiane è già in movimento verso il Circo Massimo
13:30 Striscioni per Saviano Piazza della Repubblica, dove alle 14 prenderà il via il corteo del Partito Democratico che arriverà al Circo Massimo, si riempie di bandiere del Pd. Nella piazza poi c’è anche un camion con su un complesso musicale pronto per iniziare a suonare. Il mezzo è interamente ricoperto con un lungo striscione e la scritta ’Siamo tutti con Saviano’.
13:29 Berlusconi: "In piazza mentre dovremmo essere uniti" "’Un’opposizione che vuole fare qualcosa per il Paese avrebbe dovuto unirsi a noi, votare provvedimenti per l’utilità comune. Ma questo non è possibile. Si illustrano da soli, scendono in piazza ora che dovremmo essere uniti. Io invidio i socialdemocratici di altri paesi, mentre i nostri questi sono e con questi dobbiamo fare i conti" afferma Berlusconi
13:26 Francescato: "Il centrosinistra torni unito" Siamo qui per due buoni motivi: innanzitutto, dobbiamo rimettere insieme con tenacia tutti i tasselli del centrosinistra, perchè solo così possiamo battere il centrodestra". In secondo luogo, "siamo qui per tutte le lotte ambientali". Così la leader dei Verdi, Grazia Francescato.
13:22 Berlusconi: "Nessuna preoccupazione per la manifestazione"
La manifestazione del Pd in programma oggi "è interna corporis, per uso interno alla sinistra e per le loro divisioni: non ci sarà nessun cambiamento nell’azione del governo". Lo dice il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che aggiunge: "Non sono preoccupato"
13:21 Bettini: "Breve il discorso di Veltroni" Quello di Veltroni dal palco del Circo Massimo sarà un discorso "stringato, al massimo di 35 minuti" e che "avrà elementi di critica, ma anche e soprattutto di proposta". Lo ha spiegato il braccio destro di Veltroni, Goffredo Bettini
12:58 Si riempie piazza dei Partigiani Sono già molte centinaia i manifestanti presenti a piazzale dei Partigiani, da dove partirà, intorno alle ore 14, il secondo corteo Molti i treni che in questi minuti stanno raggiungendo la vicina stazione Ostiense con a bordo manifestanti provenienti da tutta Italia.
12:54 Preparativi al Circo Massimo Fervono i preparativi dell’ultima ora al Circo Massimo dove stanno già arrivando i primi manifestanti che improvvisano un pic nic sul grande prato ascoltando, in sottofondo, Max Pezzali che sta facendo le prove. Alle 15 infatti toccherà proprio al cantautore degli ex ’883’ aprire la prima parte della manifestazione che precederà gli interventi di alcuni esponenti della società civile e quindi il comizio di Walter Veltroni dal palco del Circo Massimo, fissato alle 16.30.
12:54 Franceschini: "Berlusconi si rassegni, l’opposzione c’è" Silvio Berlusconi deve rassegnarsi: l’opposizione in Italia esiste ed è forte, come dimostrerà la grande manifestazione di popolo promossa oggi dal pd". Lo afferma Dario Franceschini.
12:51 Ferrero: "Auguri ma l’opposizine è a sinistra" Auguri per il successo della manifestazione e soprattutto "a una piazza che e’ spesso diversa dai suoi dirigenti". Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista
12:48 Cicchitto: "Veltroni oscura la crisi" Fabrizio cicchitto, presidente dei Deputati del pdl, commenta le presenza di Walter Veltroni sui media in vista della manifestazione di oggi, "una propaganda" che "oscura la gravissima crisi finanziaria ancora in atto".
12:48 Franceschini accoglie i militanti del Pd Arrivano alla stazione Ostiense i primi militanti del Pd, partiti da Bologna. Ad accoglierli c’è il numero due del partito democratico, Dario Franceschini.
12:45 Si riempie piazza della Repubblica Sta cominciando a riempirsi Piazza della Repubblica.
12:43 Arrivano i primi manifestanti Nella capitale i primi manifestanti che oggi pomeriggio prenderanno parte al corteo. In centro si notano gruppi di persone con le bandiere del Pd al seguito. I manifestanti, arrivati in treno, con i pullman e i le navi, approfittando anche della bella giornata, camminano per le vie del centro nei pressi delle piazze dove è prevista la partenza dei due cortei, Piazza della Repubblica e Piazzale dei Partigiani.
12:42 Veltroni: "Sarà una grande manifestazione" Sarà una delle più grandi manifestazioni politiche che ci siano state in Italia". Walter Veltroni, è sicuro del successo della manifestazione nazionale di oggi.
* la Repubblica, 25.10.2008 (ripresa parziale).
Berlusconi sugli specchi: «La sinistra non è democratica» *
Per giorni ha cercato di fare pressioni perché non si facesse, e il 25 ottobre il governo non può fare altro che usare argomenti assurdi, e fuori luogo, per sminuire e contrastare la manifestazione del Pd. Così il premier Silvio Berlusconi si arrampica sugli specchi e dal cilindro tira fuori una valutazione che dimostra la sua conoscenza della storia: «Dovrà passare una generazione prima di avere una sinistra democratica da noi» afferma il premier, contestando la scelta del centrosinistra di scendere in piazza in un momento di crisi che avrebbe richiesto una maggiore unità delle parti politiche.
Peccato che proprio la democrazia consenta di "scendere in piazza" e che l’opposizione sia fatta non solo di poltrone in Parlamento, ma di elettori che hanno voce per dire la loro. «Invidio i socialdemocratici di altri paesi - conclude il premier - invece i nostri questi sono, e con questi dobbiamo fare i conti», continua Berlusconi. Mentre l’opposizione potrebbe dire lo stesso della maggioranza, con la differenza che non le viene neppure riconosciuta la possibilità di farci i conti.
Ma critiche alla manifestazione arrivano anche da esponenti del partito. «Non me ne frega niente», dichiara Massimo Cacciari, sindaco di Venezia ed esponente Pd, sabato 25 ottobre va controcorrente. Di andare al Circo Massimo con il popolo dei democratici non gli passa nemmeno per la testa. «Cerco di portare a termine il mio mandato - spiega - e lasciare la scena ai demagoghi, a coloro che hanno la vocazione a guidare il popolo: ai Veltroni e ai Berlusconi, a destra e sinistra». Insomma, secondo Cacciari quella di sabato è solo una kermesse: «Non mi preoccupa la manifestazione - chiarisce - ma che il governo ombra non abbia prodotto assolutamente nulla; mi augurerei - aggiunge - che il Pd mi dicesse come si intende organizzare e cosa dice su scuola, crisi finanziaria e Alitalia». «Mi sembra un’invenzione strana organizzare una manifestazione di protesta con 5 mesi di anticipo», dice riferendosi al fatto che il corteo è stato convocato parecchio tempo fa: «Avrei preferito che il Pd avesse elaborato delle proposte concrete sul federalismo fiscale, non lasciando lo spazio allo spot di Lega nord e Berlusconi, e su questo disastro della scuola».
Qualche appunto alle scelte di Veltroni arriva anche da Furio Colombo, deputato Pd ed ex direttore de l’Unità: «Vorrei, da democratico, una manifestazione in cui quando si dice “salvare l’Italia”, si dicesse “salvare l’Italia da Silvio Berlusconi”». Quanto alle proteste nelle scuole e all’ipotesi che i manifestanti siano indottrinati dal Pd, Colombo replica: «Soltanto il senatore La Loggia può pensare che mamme, studenti e professori abbiano preso istruzioni da Realacci e dal Pd su come comportarsi». Insomma, un po’ la stessa linea di Cacciari che dice: «Magari il Pd avesse la capacità di dirigere questo movimento».
Da sinistra, il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero crede che «sarà una grande manifestazione dell’opposizione contro il governo» ma il Prc non ci sarà «perché l’opposizione oltre ad opporsi al governo, dovrebbe essere più coerente. Non basta dire no a Berlusconi - va avanti Ferrero - bisogna anche dire no a Confindustria e quando serve anche andare contro al Vaticano quando sfonda la laicità dello Stato». Infine, ci sono gli auguri di Claudio Fava, coordinatore di Sinistra Democratica: avevano chiesto al Pd di costruire insieme la manifestazione, ma gli è stato risposto che l’unica possibilità era aderire alla piattaforma democratica. Quindi, tanti auguri ma, dice Fava, nemmeno noi ci saremo.
* l’Unità, Pubblicato il: 25.10.08, Modificato il: 25.10.08 alle ore 15.09
Riaprire il futuro
di BARBARA SPINELLI (La Stampa, 26/10/2008)
C’è qualcosa che stona, nello stupore contrariato con cui si reagisce alle occupazioni di scuole e università. Come se la mente non fosse più capace di cercare le cause, negli effetti che ci si accampano davanti. Come se la storia e la realtà si esaurissero interamente nella parte terminale, e alla sorgente non ci fosse nulla. Come se avessimo disimparato ad agire calcolando le conseguenze, presenti e passate. L’occupazione di un’università è una violenza, certo. Si impedisce a chi partecipa in modi diversi alla vita pubblica di farlo, perché gli spazi comuni non lo sono più. Ci si prende un diritto togliendolo a altri. Spetta tuttavia a chi pensa e governa capire perché questo accade. Se non lo fa, non sentirà attorno a sé che lo strepito degli Uccelli di Hitchcock, e non troverà né i mezzi né le parole dell’azione autorevole.
Ben più intelligibile apparirà la realtà, se non ci si ferma all’ultimo tratto della storia. La rabbia degli studenti non è senza rapporto con l’autunno delle finanze e con il crollo, brutale, di certezze ostentate per decenni sulle virtù autoregolatrici del mercato.
Negli interstizi delle rovine nascono fiori neri che riflettono drammi di ieri e di oggi: sono una nemesi, una sorta di giustizia che colpisce le ingiustizie dei progenitori. Ogni nemesi è poco sottile e corre il rischio di farsi usare da difensori di uno status quo che va comunque mutato; ma essa dice anche che non esiste impunità, né nel pensiero né nella prassi.
Non si può impunemente parlare per anni dell’enorme debito lasciato ai figli, e stupirsi che uno degli slogan studenteschi sia: «La vostra crisi non la pagheremo noi». Una classe politica non può impunemente infrangere la legalità, condonare falsi bilanci o conflitti d’interesse, screditare magistrati, e poi meravigliarsi che la cultura della legalità ovunque si sfibri. Non bastano i grembiuli e il 7 in condotta a restaurare la legge lungamente vilipesa. I manifestanti dell’opposizione, ieri, hanno citato le parole di un grande, Vittorio Foa: «Sono un po’ scettico sul linguaggio dei valori che sento in giro: vorrei vedere degli esempi perché è dagli esempi che può nascere qualcosa». La manifestazione è stata un successo imponente: anche questo non stupisce.
Più fondamentalmente: non si può per decenni ripetere il motto di Margaret Thatcher - There is no alternative, non c’è alternativa alle sregolatezze del mercato - e poi fare subitanei dietrofront senza mettere in questione un’ideologia sfociata in disastro: disastro per tanti, specie per gli studenti che il precariato sentono di doverlo proiettare in un avvenire più buio. Fino a oggi, solo l’ex governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan, ha riconosciuto «errori nati da ideologie liberiste» durate quarant’anni.
Il ministro Gelmini ha ragione quando dice agli studenti: «Non bisogna creare illusioni che producono poi cocenti disillusioni»; «Non vogliamo vendere promesse che non possiamo mantenere». Non ci sono soldi nelle casse statali per i sogni: né quelli degli studenti né quelli venduti in campagna elettorale, ed è vero che gli studenti vivono in una bolla. Ma cos’è stata la vita delle generazioni dei padri, se non un succedersi prodigioso di bolle e dottrine indifferenti ai fatti? Perché questo sguardo feroce sull’ultima bolla, senza ricordare le rovinose penultime? È qui che salta il nesso tra causa ed effetto, tra chi ha il futuro alle spalle e chi ce l’ha davanti, ma chiuso.
Non sono i tagli alle spese che colpiscono, nella legge Gelmini. È chiaro che urge spender meglio, creare università d’eccellenza, premiare il merito: molti soldi inutili son stati sperperati. Quel che colpisce è il vuoto di pensiero, su quel che significano per il domani italiano e occidentale l’istruzione come la ricerca. Quel che scandalizza è il parlare dell’istruzione più come spesa che come investimento nelle generazioni nuove. Manca un discorso riformatore che annunci: ho questo futuro da edificare per voi, oltre a tagli alla cieca, grembiulini e 7 in condotta.
Manca poi l’uso appropriato delle parole. Guardando agli atenei occupati, il presidente del Consiglio non vede che facinorosi, e con volto torvo (perché così torvo?) prima comunica l’invio della polizia, poi ritratta. Nel frattempo il governo parla di terroristi e fa salire le angosce, prepara al peggio, resuscita l’incubo di Bolzaneto (secondo governo Berlusconi). Il modello non è Greenspan ma i vocaboli eversivi di Cossiga, un ex capo di Stato, sul Quotidiano Nazionale: «Bisogna infiltrare gli studenti con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine, mettano a ferro e fuoco le città (...) Dopodiché, forti del consenso popolare, (...) le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano» (il corsivo è mio).
La strategia non è nuova: far montare la tensione, creare un’ennesima paura che gonfia i sondaggi di popolarità. È da anni che governanti senza bussola usano la paura come dottrina e come prassi. Non si è sentito mai, ultimamente, un politico che magari rimprovera le occupazioni ma dica: il futuro comunque è nella scuola, nei professori. Non s’è sentito perché tempi lunghi e futuro non sono nel suo dizionario. Anche qui, dopo un dominio sì assoluto del presente, non può che esserci nemesi. Frank Furedi, che studia da anni la paura, sostiene che questa volta la sua natura cambia. Dopo l’11 settembre ci fu paura, ma essa restò in fondo personale, solitaria. Oggi è panico da orda in Borsa, ed è «la prima vera paura collettiva, globale». Gli individui hanno più che mai bisogno di comunità, di non esser soli. Il crollo finanziario sfregia fondamenti esistenziali come la fiducia, il debito, la speranza. Il paradosso è che quando crolli non hai molto da perdere, e smetti la paura. I contestatori italiani sentono questo.
Da due secoli, gli studenti in tumulto sono una premonizione e un cimento per tutti. Confermano contraddizioni spaesanti: tutto è al tempo stesso più connesso e più sconnesso di quanto immaginavamo. Che lo vogliano o no, essi sono la futura classe dirigente, l’avvenire che s’impersona. Hanno la speranza, dunque non considerano la società come statica, fatale. Dicono no pregiudizialmente, ma intanto s’allenano a intervenire sulla realtà. Così nasce l’educazione civica, sostiene Michael Walzer. Così ci si abitua a «pensare alla cittadinanza come a un incarico politico»: a pensare se stessi «come futuri partecipanti nell’attività politica, non meramente come spettatori bene informati» (La Stampa 23-10). Nelle aule occupate è stato visto lo slogan di Obama: yes we can. Obama ha successo perché spezza i recinti della paura e ristabilisce il nesso tra cause e effetti, ieri e oggi, padri e figli. Al famoso Joe, l’idraulico arricchito ostile alle tasse, ha detto: «Tu una volta eri tra i meno ricchi, bisognoso della solidarietà dei più abbienti. Prova a pensare al Joe che sei stato».
La novità è qui, nell’invito a vedere nel futuro il nostro ieri. Obama dice alla società civile: sei una risorsa politica solo se scopri quel che in te è statico, immemore, non responsabile; quel che non funziona in te, oltre che nei governi. Gian Enrico Rusconi dice cose simili, su La Stampa del 24 ottobre, quando rammenta che la società civile, sempre e disordinatamente invocata, contiene il meglio e più spesso il peggio. Gli studenti italiani sono attratti dai giovani americani che dopo anni d’apatia si iscrivono in massa a votare. Pare che quel che piace loro in Obama sia il ragionamento difficile, non la semplificazione. È una novità su cui vale la pena riflettere.