Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha risposto alla lettera consegnatagli ieri, in occasione di una cerimonia all’Università “La Sapienza” di Roma, da una rappresentanza di studenti, dottorandi e ricercatori.
Questo il testo integrale della lettera del Capo dello Stato: *
“Cari studenti, dottorandi e ricercatori della Sapienza, ho ascoltato e letto con attenzione la lettera che mi avete consegnato e colgo l’occasione per indirizzarvi alcuni chiarimenti e spunti di riflessione.
Innanzitutto : penso vi sia chiaro quale ordinamento la Costituzione abbia disegnato per la Repubblica. La nostra è una democrazia parlamentare - simile a quella di quasi tutti gli altri Stati europei - in cui al Capo dello Stato non sono attribuiti poteri esecutivi. Io non debbo dunque “decidere da che parte stare” : non posso stare dalla parte del governo e delle sue scelte, né dalla parte opposta. Le politiche relative a qualsiasi campo dell’azione dello Stato vengono definite dal Parlamento, in seno al quale la maggioranza e l’opposizione sono chiamate al confronto tra le rispettive proposte, che possono configurare soluzioni alternative ai problemi da affrontare. Al Presidente della Repubblica non spetta pronunciarsi nel merito dell’una o dell’altra soluzione in discussione, né suggerirne una propria , ma spetta solo richiamarsi ai principi e alle regole della Costituzione.
Ciò non significa - sia chiaro - che io mi senta estraneo (“abbandonandole a se stesse”, per usare la vostra espressione) alle esigenze della scuola, della ricerca, dell’Università. Al contrario : a queste esigenze, e alle problematiche connesse, ho dedicato, nello svolgimento delle mie attuali funzioni, da più di due anni, la più convinta e appassionata attenzione e iniziativa. E’ davvero in giuoco il futuro del paese : se l’Italia vuole evitare un’emorragia di preziosi giovani talenti, che trovano riconoscimento all’estero, gli investimenti nella ricerca - soprattutto - dovrebbero costituire una priorità, anche nella allocazione delle risorse, pubbliche e private.
Dico “dovrebbero” perché in realtà le scelte pubbliche (e anche quelle del sistema delle imprese) non sembrano riconoscere tale “priorità”, a cui troppe altre ne vengono affiancate - in particolare quando si discute di legge finanziaria e di bilancio - col risultato che già da anni non ci si attiene ad alcun criterio di priorità e non si persegue un nuovo equilibrio nella distribuzione delle risorse tra i diversi settori di spesa.
Di qui le preoccupazioni di fondo che spiegano la vostra ansietà, fatta di gravi incertezze per l’avvenire vostro e della nazione. E’ indispensabile che su questi temi non si cristallizzi un clima di pura contrapposizione, ma ci si apra all’ascolto reciproco, a una seria considerazione delle rispettive ragioni.
Il governo ha ritenuto necessario e urgente definire, fin dal giugno scorso, sia pure per grandi aggregati, le previsioni di spesa per i prossimi tre anni, al fine di rispettare l’impegno da tempo sottoscritto dall’Italia in sede europea per l’azzeramento del deficit di bilancio e per la graduale, ma netta e costante, riduzione del debito pubblico. Sono certo che anche a voi non sfugge l’importanza strategica di questo obbiettivo, il cui raggiungimento è condizione per uno sviluppo di politiche pubbliche meno pesantemente condizionato dall’onere del debito via via accumulatosi.
Tuttavia io auspico :
1) che si creino spazi per un confronto - in sede parlamentare - su come meglio definire e distribuire nel tempo i tagli ritenuti complessivamente indispensabili della spesa pubblica tra i ministeri e i varii programmi, valutando attentamente l’esigenza di salvaguardare livelli adeguati di spesa per la ricerca e la formazione ;
2) che a sostegno di questo sforzo, si formulino proposte anche da parte di studenti e docenti, per razionalizzare la spesa ed elevarne la qualità, con particolare riferimento all’Università, dovendosi rimuovere distorsioni, insufficienze e sprechi che nessuno può negare. E ciò sposta il discorso sulla tematica degli ordinamenti e della gestione del sistema universitario : tematica sulla quale è atteso un confronto tra il governo e gli organismi rappresentativi delle Università.
Occorre che tutte le istituzioni e le forze sociali e culturali si predispongano senza indugio a tale confronto, in termini riflessivi e costruttivi : dando prova, anche voi, responsabilmente, di “determinazione e intelligenza”, come avete scritto a conclusione della vostra lettera”.
* Sito del Presidente della Repubblica. C o m u n i c a t o: Roma, 22 ottobre 2008
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
E i fisici della Sapienza scesero in trincea
"Così la ricerca fa crac"
Nella scuola di Fermi l’epicentro della protesta
"Con questo governo oggi Einstein sarebbe un precario o un fannullone"
"Qui non si investe più, i giovani fuggono, in futuro la scienza sarà indiana e cinese"
di Beppe Savaste (la Repubblica, 26.10.08)
ROMA - Nel moltiplicarsi delle occupazioni, la didattica delle università non si è affatto bloccata. Al contrario si è trasferita nella città, fuori dagli steccati accademici. È pubblica, come il sapere che si vuole difendere. A Roma, come in altre città d’Italia, è in corso un grande democratico festival culturale, e le piazze sono teatro di lezioni en plein air. Una delle più emozionanti è stata sicuramente quella dei fisici della Sapienza, in piazza Montecitorio: un migliaio di studenti ad ascoltare la bella lezione del professor Giovanni Jona-Lasinio, studioso di fisica delle particelle, che con l’altro grande fisico italiano Nicola Cabibbo, pioniere nello studio dei quark e Nobel mancato.
Segue la lezione di un altro grande fisico, Giorgio Parisi, docente di Calcolo delle probabilità. Parisi affascina percorrendo la maturazione delle idee di Einstein tra quantistica e relatività, ma entusiasma dichiarando che oggi, con questo governo, «Einstein sarebbe un precario, magari un fannullone che si sollazza nell’elaborare teorie invece di lavorare». E invita gli studenti a «resistere a questo governo di barbari che sta distruggendo la nazione, e misconosce la Costituzione sulla promozione della ricerca scientifica, la libertà d’insegnamento e il diritto al lavoro». La protesta è contro un economicismo miope che non sa valutare gli investimenti a lunga scadenza, e con essi l’educazione e la ricerca; una sorta di «guerra contro l’intelligenza», una politica ispirata dal misconoscimento verso ciò che a torto è giudicato improduttivo, come l’educazione e la cultura. «Costringere i giovani che studiano con passione a cercare lavoro all’estero significa per l’Italia negarsi il futuro», dice Parisi.
La facoltà di Fisica della Sapienza è un osservatorio privilegiato. Durante l’occupazione si è svolto il convegno internazionale su Edoardo Amaldi nel centenario della nascita. Amaldi, già del gruppo di via Panisperna, fondatore della fisica del dopoguerra, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare e tra i primi direttori del Cern di Ginevra, è un po’ il maestro di tutti. All’apertura della conferenza gli studenti hanno letto un documento in inglese dove si ricorda come Amaldi avesse sempre insistito nel considerare la ricerca un investimento pubblico necessario, non un onere: poiché senza ricerca non vi sarebbe sviluppo alcuno. Lo ricorda Carlo Bernardini, ex direttore del dipartimento di Fisica del Cnr, che con gli altri colleghi è stato commosso dalla pacatezza di quel testo. «È evidente - dice - che tagliare i fondi, aumentare le tasse, annientare l’università pubblica vuol dire uccidere la civiltà. Gli economisti che hanno ispirato il governo non capiscono che per un’università di qualità serve investire sulla ricerca. L’India e la Cina lo fanno, in futuro la scienza sarà cinese e indiana».
Nicola Cabibbo, già presidente dell’Istituto di fisica nucleare, ora alla guida della Pontificia accademia delle scienze, non nasconde i suoi timori: «Siamo molto preoccupati di fronte a questi tagli indiscriminati. Tutti gli istituti di fisica sono minacciati, pur producendo eccellenze a livello mondiale. Il dipartimento della Sapienza è di altissimo valore, gli studenti lo sanno, e da questa consapevolezza nasce la protesta, totalmente condivisibile». Studenti e docenti hanno in cantiere altre lezioni esterne e oggi un incontro con i bambini delle elementari, una sorta di didattica ludica della fisica con esperimenti sull’elettromagnetismo e sul pendolo, seguita da una discussione sul decreto Gelmini.
«La cultura è una sola», dice Gianluca Trentadue, docente di Fisica teorica all’università di Parma, da molti anni collaboratore coi colleghi romani al Cern di Ginevra, alla realizzazione del nuovo grande acceleratore appena inaugurato alla presenza di tutti i ministri i cui governi partecipano alla ricerca, tranne il ministro Gelmini. «Colpire con tagli e disprezzo una parte di essa, vuol dire colpire tutta la cultura. Già oggi spendiamo in ricerca meno della metà di altri paesi europei. Tagliare ancora i fondi significa azzerare la presenza italiana in tanti laboratori internazionali».
Riaprire il futuro
di BARBARA SPINELLI (La Stampa, 26/10/2008)
C’è qualcosa che stona, nello stupore contrariato con cui si reagisce alle occupazioni di scuole e università. Come se la mente non fosse più capace di cercare le cause, negli effetti che ci si accampano davanti. Come se la storia e la realtà si esaurissero interamente nella parte terminale, e alla sorgente non ci fosse nulla. Come se avessimo disimparato ad agire calcolando le conseguenze, presenti e passate. L’occupazione di un’università è una violenza, certo. Si impedisce a chi partecipa in modi diversi alla vita pubblica di farlo, perché gli spazi comuni non lo sono più. Ci si prende un diritto togliendolo a altri. Spetta tuttavia a chi pensa e governa capire perché questo accade. Se non lo fa, non sentirà attorno a sé che lo strepito degli Uccelli di Hitchcock, e non troverà né i mezzi né le parole dell’azione autorevole.
Ben più intelligibile apparirà la realtà, se non ci si ferma all’ultimo tratto della storia. La rabbia degli studenti non è senza rapporto con l’autunno delle finanze e con il crollo, brutale, di certezze ostentate per decenni sulle virtù autoregolatrici del mercato.
Negli interstizi delle rovine nascono fiori neri che riflettono drammi di ieri e di oggi: sono una nemesi, una sorta di giustizia che colpisce le ingiustizie dei progenitori. Ogni nemesi è poco sottile e corre il rischio di farsi usare da difensori di uno status quo che va comunque mutato; ma essa dice anche che non esiste impunità, né nel pensiero né nella prassi.
Non si può impunemente parlare per anni dell’enorme debito lasciato ai figli, e stupirsi che uno degli slogan studenteschi sia: «La vostra crisi non la pagheremo noi». Una classe politica non può impunemente infrangere la legalità, condonare falsi bilanci o conflitti d’interesse, screditare magistrati, e poi meravigliarsi che la cultura della legalità ovunque si sfibri. Non bastano i grembiuli e il 7 in condotta a restaurare la legge lungamente vilipesa. I manifestanti dell’opposizione, ieri, hanno citato le parole di un grande, Vittorio Foa: «Sono un po’ scettico sul linguaggio dei valori che sento in giro: vorrei vedere degli esempi perché è dagli esempi che può nascere qualcosa». La manifestazione è stata un successo imponente: anche questo non stupisce.
Più fondamentalmente: non si può per decenni ripetere il motto di Margaret Thatcher - There is no alternative, non c’è alternativa alle sregolatezze del mercato - e poi fare subitanei dietrofront senza mettere in questione un’ideologia sfociata in disastro: disastro per tanti, specie per gli studenti che il precariato sentono di doverlo proiettare in un avvenire più buio. Fino a oggi, solo l’ex governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan, ha riconosciuto «errori nati da ideologie liberiste» durate quarant’anni.
Il ministro Gelmini ha ragione quando dice agli studenti: «Non bisogna creare illusioni che producono poi cocenti disillusioni»; «Non vogliamo vendere promesse che non possiamo mantenere». Non ci sono soldi nelle casse statali per i sogni: né quelli degli studenti né quelli venduti in campagna elettorale, ed è vero che gli studenti vivono in una bolla. Ma cos’è stata la vita delle generazioni dei padri, se non un succedersi prodigioso di bolle e dottrine indifferenti ai fatti? Perché questo sguardo feroce sull’ultima bolla, senza ricordare le rovinose penultime? È qui che salta il nesso tra causa ed effetto, tra chi ha il futuro alle spalle e chi ce l’ha davanti, ma chiuso.
Non sono i tagli alle spese che colpiscono, nella legge Gelmini. È chiaro che urge spender meglio, creare università d’eccellenza, premiare il merito: molti soldi inutili son stati sperperati. Quel che colpisce è il vuoto di pensiero, su quel che significano per il domani italiano e occidentale l’istruzione come la ricerca. Quel che scandalizza è il parlare dell’istruzione più come spesa che come investimento nelle generazioni nuove. Manca un discorso riformatore che annunci: ho questo futuro da edificare per voi, oltre a tagli alla cieca, grembiulini e 7 in condotta.
Manca poi l’uso appropriato delle parole. Guardando agli atenei occupati, il presidente del Consiglio non vede che facinorosi, e con volto torvo (perché così torvo?) prima comunica l’invio della polizia, poi ritratta. Nel frattempo il governo parla di terroristi e fa salire le angosce, prepara al peggio, resuscita l’incubo di Bolzaneto (secondo governo Berlusconi). Il modello non è Greenspan ma i vocaboli eversivi di Cossiga, un ex capo di Stato, sul Quotidiano Nazionale: «Bisogna infiltrare gli studenti con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine, mettano a ferro e fuoco le città (...) Dopodiché, forti del consenso popolare, (...) le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano» (il corsivo è mio).
La strategia non è nuova: far montare la tensione, creare un’ennesima paura che gonfia i sondaggi di popolarità. È da anni che governanti senza bussola usano la paura come dottrina e come prassi. Non si è sentito mai, ultimamente, un politico che magari rimprovera le occupazioni ma dica: il futuro comunque è nella scuola, nei professori. Non s’è sentito perché tempi lunghi e futuro non sono nel suo dizionario. Anche qui, dopo un dominio sì assoluto del presente, non può che esserci nemesi. Frank Furedi, che studia da anni la paura, sostiene che questa volta la sua natura cambia. Dopo l’11 settembre ci fu paura, ma essa restò in fondo personale, solitaria. Oggi è panico da orda in Borsa, ed è «la prima vera paura collettiva, globale». Gli individui hanno più che mai bisogno di comunità, di non esser soli. Il crollo finanziario sfregia fondamenti esistenziali come la fiducia, il debito, la speranza. Il paradosso è che quando crolli non hai molto da perdere, e smetti la paura. I contestatori italiani sentono questo.
Da due secoli, gli studenti in tumulto sono una premonizione e un cimento per tutti. Confermano contraddizioni spaesanti: tutto è al tempo stesso più connesso e più sconnesso di quanto immaginavamo. Che lo vogliano o no, essi sono la futura classe dirigente, l’avvenire che s’impersona. Hanno la speranza, dunque non considerano la società come statica, fatale. Dicono no pregiudizialmente, ma intanto s’allenano a intervenire sulla realtà. Così nasce l’educazione civica, sostiene Michael Walzer. Così ci si abitua a «pensare alla cittadinanza come a un incarico politico»: a pensare se stessi «come futuri partecipanti nell’attività politica, non meramente come spettatori bene informati» (La Stampa 23-10). Nelle aule occupate è stato visto lo slogan di Obama: yes we can. Obama ha successo perché spezza i recinti della paura e ristabilisce il nesso tra cause e effetti, ieri e oggi, padri e figli. Al famoso Joe, l’idraulico arricchito ostile alle tasse, ha detto: «Tu una volta eri tra i meno ricchi, bisognoso della solidarietà dei più abbienti. Prova a pensare al Joe che sei stato».
La novità è qui, nell’invito a vedere nel futuro il nostro ieri. Obama dice alla società civile: sei una risorsa politica solo se scopri quel che in te è statico, immemore, non responsabile; quel che non funziona in te, oltre che nei governi. Gian Enrico Rusconi dice cose simili, su La Stampa del 24 ottobre, quando rammenta che la società civile, sempre e disordinatamente invocata, contiene il meglio e più spesso il peggio. Gli studenti italiani sono attratti dai giovani americani che dopo anni d’apatia si iscrivono in massa a votare. Pare che quel che piace loro in Obama sia il ragionamento difficile, non la semplificazione. È una novità su cui vale la pena riflettere.
Il presidente del Consiglio annuncia la linea dura contro le occupazioni
"Darò istruzioni a Maroni su come intervenire". Domani riunione al Viminale
Berlusconi: "Polizia negli atenei"
Veltroni: "Premier soffia su fuoco"
Dura replica del segretario del Pd :"Il disagio non è un problema di ordine pubblico"
Napolitano: "Su questi temi non si cristallizzi un clima di pura contrapposizione"
ROMA - Con la mobilitazione degli studenti che si moltiplica in tutta Italia, le proteste nel mondo della scuola sono state oggi terreno di un durissimo scontro tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni. Il rpesidene del consiglio in tarda mattinata ha convocato una conferenza stampa a Palazzo Chigi per mandare un avvertimento ai giovani: "Non permetterò l’occupazione delle università. L’occupazione di luoghi pubblici non è la dimostrazione dell’applicazione della libertà, non è un fatto di democrazia, è una violenza nei confronti degli altri studenti che vogliono studiare". Lettera di Napolitano agli studenti: "Indispensabile che su questi temi non si cristallizzi un clima di pura contrapposizione".
La reazione del Pd. Dichiarazioni che hanno fatto scattare la dura prelica del segretario del Pd Walter Veltroni. "Abbiamo dovuto convocare questa conferenza stampa - ha replicato - dopo aver letto le parole del presidente del Consiglio di questo Paese, parole molto gravi, parole che possono essere cariche di conseguenze". "Il premier - ha aggiunto - soffia sul fuoco, il disagio sociale non è una questione di ordine pubblico: mi chiedo se in questo Paese è ancora possibile dissentire".
Monito a Maroni. Ha preferito invece rivolgersi al ministro dell’Interno Roberto Maroni il suo vice, Dario Franceschini. "Rivolgo un appello agli studenti - ha commentato il numero due del Pd - che sono i provocati, affinché tutto si svolga nel modo più civile e trasparente, ma rivolgo un appello anche al ministro dell’Interno e alle strutture periferiche preposte alla gestione dell’ordine pubblico perché conservino il senso di responsabilità e affinchè non sia neanche sfiorato un capello a nessuno studente italiano".
Ordini al Viminale. Berlusconi ha chiarito che la sua non è solo un’affermazione di principio, ma l’inizio di un piano d’azione che verrà concordato oggi con il Viminale. "Convocherò oggi - ha chiarito - il ministro degli Interni, e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell’ordine per evitare che questo possa succedere". "La realtà di questi giorni - ha detto ancora il premier - è la realtà di aule piene di ragazzi che intendono studiare e i manifestanti sono organizzati dall’estrema sinistra, molto spesso, come a Milano, dai centri sociali e da una sinistra che ha trovato il modo di far passare nella scuola delle menzogne e portare un’opposizione nelle strade e nelle piazze alla vita del nostro governo".
Epifani invita al dialogo. Contesta la minaccia di Berlusconi contro le occupazioni anche il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. "E’ profondamente sbagliato - afferma il leader sindacale - rispondere alle ragioni del movimento degli studenti con una modalità che non sia quella del dialogo". "Il governo - sottolinea Epifani - non può ricorrere alle minacce. Questo è un movimento che ha caratteristiche del tutto nuove, che non ha senso paragonare al ’68 né, tanto meno, al ’77. E’ un movimento pacifico, gli studenti chiedono di investire nella scuola, è gente che chiede di studiare di più e meglio".
Fioroni: "Parole gravi". Riflessione simile a quella svolta dall’ex ministro della Pubblica Istruzione del centrosinistra Giuseppe Fioroni. "Tutti i ministri della Pubblica Istruzione - ha ricordato - hanno sperimentato le occupazioni e le autogestioni. Nessuno ha mai pensato di invadere le competenze dell’autonomia scolastica e di intervenire nelle decisioni interne che devono essere assunte nel rispetto della serenità e della sicurezza". Quelle di Berlusconi, ha aggiunto, "sono dichiarazioni gravi".
Attacco alla manifestazione. Il presidente del Consiglio ha toccato quindi il tema della manifestazione lanciata dal Pd per sabato prossimo. "Manifestare - ha proseguito - è una possibilità della democrazia ed anche noi ne usufruimmo. Noi, però, manifestammo contro la pressione fiscale del governo Prodi. La manifestazione del 25 ottobre è solo contro il governo e non ha proposte. La piazza non è il posto migliore per fare proposte. Le proposte si fanno in Parlamento".
Nessuna marcia indietro. Il premier accusa poi l’opposizione su uno temi centrali della protesta. "La sinistra - sostiene - dice bugie sulla scuola, fa un allarmismo inutile". E rispondendo a Veltroni, che oggi ha chiesto di ritirare il decreto Gelmini davanti "alle proteste così ampie e diffuse contro la riforma della scuola e le misure con i tagli", invitando Palazzo Chigi a rimodulare i costi, lasciando all’istruzione "ogni euro recuperato dal taglio di sprechi", Berlusconi ha replicato secco: "Noi andremo avanti, questo decreto sulla scuola è sacrosanto, altro che ritirarlo, bisogna applicarlo".
Le classi ponti resteranno. Il Cavaliere ha chiarito successivamente che non sono previsti ripensamenti neppure per la contestatissima proposta delle ’classi ponte’ per i figli di immigrati perché "non è dettata da razzismo ma da buonsenso. Conoscere la lingua italiana è necessario". Berlusconi accusa infine la Rai di aver presentato in maniera distorta i provvedimenti del governo. "La televisione pubblica - lamenta - diffonde ansia e le situazioni solo di chi protesta. Sono preoccupato da questo divorzio tra i mezzi di informazione e la realtà".
"A quando la polizia nei giornali?". Affermazioni contro la stampa, quest’ultime, che hanno fatto scattare la preoccupata replica del parlamentare del Pd Piero Martino. "Il tono minaccioso con cui il presidente del Consiglio segnalava ai direttori dei giornali e dei telegiornali la propria preoccupazione ma soprattutto la propria indignazione - si è chiesto il deputato democratico - sarà forse all’ordine del giorno dell’incontro che avrà con il ministro dell’Interno Maroni?". "Oltre a prendere le contromisure adatte a bloccare le manifestazioni degli studenti, degli insegnanti e del corpo non docente della scuola - ha proseguito - Berlusconi invierà le forze dell’ordine anche nelle redazioni per verificare che il suo verbo venga amplificato come lui gradisce?".
Università, non è ancora finita. Deciso a non fare marcia indietro anche il ministro Gelmini, che ha annunciato di voler anzi intervenire in maniera ancora più decisa sulle università. "Bisognerà voltare pagina e fare autocritica", dice, senza "difendere lo status quo". "Siamo disposti a confrontarci e dialogare - prosegue - ma la situazione attuale porterebbe al collasso" perciò "bisogna cambiare".
Napolitano. Non posso schierarmi, ma auspico il confronto. Questo il senso della lettera che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha scritto in risposta alla missiva che gli è stata consegnata ieri, in occasione di una cerimonia all’Università "La Sapienza" di Roma, da una rappresentanza di studenti, dottorandi e ricercatori. "E’ indispensabile che su questi temi non si cristallizzi un clima di pura contrapposizione - dice Napolitano -, ma ci si apra all’ascolto reciproco, a una seria considerazione delle rispettive ragioni".
Il Viminale. Per ora il Viminale ed il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, scelgono la linea del silenzio dopo la convocazione dello stesso ministro a Palazzo Grazioli. Lo stesso Maroni, uscendo dalla residenza romana del premier Berlusconi, ha evitato ogni contatto con i tanti cronisti. Una riunione tecnica per fare il punto sulla situazione delle manifestazioni di protesta della scuola si terrà domani pomeriggio al ministero Viminale, presieduta dal sottosegretario Alfredo Mantovano e alla quale parteciperanno i vertici delle forze di polizia "per effettuare - si legge in una nota del ministero - una completa ricognizione dei rischi per la sicurezza e per l’ordine pubblico derivanti da eventuali forme violente di protesta contro il provvedimento del governo in tema di scuola".
Dopo gli scontri a Milano e i cortei di ieri sit-in dei collettivi nella cerchia dei Navigli
Docenti e studenti contro le parole di Berlusconi. Il rettore de L’Aquila: "Diseducativo"
Manifestazioni in tutta Italia
Occupata l’università di Torino
In fermento anche gli studenti delle medie superiori. A Roma due cortei
Davanti Montecitorio lezione di studenti e professori del liceo Augusto
ROMA - Non accennano a diminuire le proteste del mondo della scuola contro la riforma Gelmini. Anzi. Dopo gli incidenti a Milano e l’occupazione di alcune facoltà a Roma e Torino, le parole pronunciate stamattina da Berlusconi, potrebbero portare ad una intensificazione di proteste e occupazioni. A Roma la polizia blocca e poi autorizza una lezione davanti Montecitorio di una cinquantina fra studenti e professori del liceo Augusto.
Gli studenti a Berlusconi: "Non ci fermeremo". "Dal presidente del Consiglio non ci aspettavamo certo provocazioni questo tipo", dice Luca De Zolt, portavoce nazionale della Rete degli studenti medi, replicando alle dichiarazioni di Berlusconi che questa mattina ha annunciato un incontro col ministro dell’Interno per studiare "come intervenire attraverso le forze dell’ordine per evitare che possano accadere" occupazioni di scuole e università. "Le parole pronunciate da Berlusconi sono di disprezzo" verso gli studenti, replica Stefano Vitale dell’Unione degli studenti di Roma. La mobilitazione "non si arresterà", annunciano anche gli studenti universitari dell’assemblea permanente dell’ateneo di Siena.
Rettori e docenti. Per Ferdinando di Iorio, rettore dell’università dell’Aquila, le affermazioni di Berlusconi non solo "sono diseducative verso tutto il mondo della formazione" ma rappresentano un atteggiamento pericoloso perché "si schierano frontalmente contro ogni forma di pensiero critico". Netto no all’intervento delle forze dell’ordine anche da parte del rettore della Sapienza, Renato Guarini: "La libertà di espressione e l’autonomia dell’università - dice in un comunicato - deve essere rispettata. Nella tradizione delle università europee, l’ingreso delle forze dell’ordine viene sempre autorizzato dai rettori. La Sapienza anche nei momenti più drammatici e di maggiore tensione non ha mai ricorso ad azioni di forza".
"Ci auguriamo che il governo non assuma atteggiamenti muscolari nei confronti dell’Università, ma dia segnali di disponibilità al dialogo", auspica il rettore di Padova, Vincenzo Milanesi. "Circa un eventuale intervento esterno affidato alle forze dell’ordine noi saremmo contrari, per il solo fatto che la responsabilità di quello che succede all’interno di un istituto non può essere demandata ma deve essere valutata all’interno, da chi la gestisce e da chi, appunto, ne ha la responsabilità", dice Giorgio Rembaudo, presidente dell’Associazione nazionale presidi.
L’astrofisica Margherita Hack, che nel pomeriggio ha tenuto a Firenze una lezione in piazza della Signoria, ha definito "una vergogna" l’ipotesi di far intervenire la polizia. Per il prorettore dell’ Università di Torino, Sergio Roda, "per la prima volta, studenti e docenti universitari siamo dalla stessa parte della barricata, uniti nel cercare di salvare la natura pubblica della nostra Università".
L’Unione degli Studenti fa sapere che ci sono manifestazione, praticamente in tutta Italia, in vista anche di quella nazionale del 14 novembre: da Catania all’Aquila, da Perugia a Reggio Calabria e Catanzaro, e poi ancora previste assemblee anche a Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Teramo e Macerata.
Università. A Milano al termine della lezione all’aperto tenuta sotto la statua di Vittorio Emanuele II, in piazza Duomo, gli studenti dell’università degli Studi hanno formato un corteo non autorizzato. Un gruppo ha bloccato la cerchia dei navigli con un sit-in in via Visconti di Modrone, angolo via Mascagni. Il corteo si è poi spostato alla facoltà di Scienze politiche di Via Conservatorio senza alcun incidente. Il corso è stato interrotto per una decina di minuti durante i quali c’è stato un’acceso confronto tra i manifestanti e chi stava frequentando la lezione.
Questa mattina all’Università La Sapienza di Roma gli studenti hanno chiuso con lucchetti e catene il dipartimento di Fisica in segno di protesta. Alcuni studenti, riuniti in assemblea permanente, hanno occupato l’Aula 2 della facoltà di Economia. Dopo un sit-in nell’atrio dell’edificio, gli studenti hanno tentato di dar vita a un corteo all’interno della facoltà, ma sono stati bloccati da alcuni agenti. Sempre nella capitale, nel pomeriggio, un corteo spontaneo di circa 1000 studenti di varie facoltà di Roma Tre, è partito dalla facoltà di Lettere e Filosofia. Dopo aver raggiunto la facoltà di Scienze politiche e la sede di Biologia si è diretto al rettorato, dove una delegazione ha incontrato il rettore Guido Fabiani. "Riconosco la validità e la legittimità della vostra protesta", ha detto il rettore.
A Bari circa 500 studenti hanno partecipato all’assemblea nell’aula C dell’ateneo. Assemblea a Cagliari nella sede di Magistero: "Da domani abbiamo intenzione di sospendere le lezioni frontali e la didattica programmata nella facoltà di lettere e filosofia fino a bloccare del tutto l’attività dalla prossima settimana fino al 30 ottobre". E’ la proposta avanzata dal preside Roberto Coroneo. All’assemblea ha partecipato anche il rettore Pasquale Mistretta, oltre a rappresentanti dei docenti delle altre facoltà. Il preside della facoltà ha annunciato lezioni in piazza, seminari, incontri, laboratori non solo sul tema della legge 133.
Continua l’occupazione di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’università di Torino, decisa ieri dall’assemblea degli studenti. Le lezioni proseguono regolarmente all’interno dell’edificio. Nel pomeriggio prevista un’assemblea in Rettorato. E’ occupata anche la facoltà di Fisica, mentre davanti al dipartimento di Scienze della Terra studenti e ricercatori hanno manifestato questa mattina chiedendo simbolicamente l’elemosina.
I consiglieri di facoltà di Azione universitaria a Lettere di Palermo presenteranno domani un esposto alla Procura della Repubblica nel quale si chiede un parere sulla validità della delibera del Consiglio di facoltà che, votando un documento a favore della sospensione delle lezioni fino al 31 ottobre, "di fatto - è l’accusa - ha autorizzato l’interruzione di pubblico servizio".
Sono sospese dalla tarda mattinata le lezioni dell’Università di Trieste. Un corteo di studenti si è formato in maniera spontanea al termine di un’assemblea che si è svolta nel pomeriggio e si sta dirigendo verso il centro cittadino, causando disagi al traffico. Il Senato accademico ha inoltre deliberato la convocazione di un’assemblea generale di Ateneo, il 29 ottobre prossimo.
L’assemblea di ateneo dell’università Orientale di Napoli ha deciso di occupare Palazzo Giusso. Lo annunciano una nota gli studenti e la rete dottorandi e ricercatori, spiegando che al raduno hanno partecipato circa 2mila persone, inclusi docenti e lavoratori del personale tecnico-amministrativo.
Ventiquattro ore di lezioni senza interruzioni per dire no alla legge 133 sull’Università: è l’iniziativa che si svolgerà a Firenze, al dipartimento di matematica Ulisse Dini, dalla mattina del 27 ottobre alla mattina del 28 ottobre prossimi. All’università di Siena è stata occupata la facoltà di Economia. A Parma dopo l’affollata assemblea di ieri a Lettere, domani alle 18,30 è in programma una manifestazione. Sempre domani, a Chimica, sit-in dalle 14 fuori dal consiglio di facoltà di Scienze.
A Genova, domani pomeriggio, si terrà un "funerale" dell’università pubblica, in concomitanza con l’inaugurazione del Festival della Scienza. E’ previsto un corteo con abiti neri, una bara e lo striscione "oggi a lutto sempre in lotta" che da via Balbi si muoverà verso piazza De Ferrari, dove ci sarà anche un presidio di alunni e maestre delle elementari. Alle 17 invece è prevista in via Balbi 2 un incontro con docenti e rappresentanti degli enti locali.
Medie superiori. In fermento anche gli studenti delle medie superiori. Secondo l’Uds, le adesioni delle scuole hanno già superato il migliaio. L’intenzione è di unificare la lotta con gli studenti universitari, di scendere in piazza insieme il 30 ottobre e trovare una data di mobilitazione generale nel mese di novembre.
A Rende, Cosenza, gli studenti del liceo scientifico Pitagora hanno occupato la scuola. Al liceo scientifico di Catanzaro, invece, gli studenti hanno deciso per l’autogestione che proseguirà per tre giorni, mentre a Reggio Calabria, assemblea aperta degli studenti dei licei Leonardo Da Vinci e Alessandro Volta. Cortei di studenti di scuole medie superiori si stanno inoltre svolgendo a Roma, in due zone diverse della capitale dove si allarga la protesta degli studenti con occupazioni e autogestione in sempre più istituti. Davanti Montecitorio la polizia ha prima boccato e poi autorizzato una lezione all’aperto di una cinquantina di persone, fra studenti e professori del liceo Augusto. Anche ai Castelli la situazione non cambia.
Un corteo di protesta è stato organizzato oggi a Napoli dagli studenti del liceo linguistico e sociopedagogico ’Villari’ che hanno dichiarato di essere "in stato di agitazione". Alla manifestazione - riferiscono i promotori - si sono aggregati studenti di altre scuole della zona. Gli studenti del liceo Classico ’Pansini’ hanno deciso di non sospendere le lezioni ma di occupare la scuola di pomeriggio e di notte. Anche a Milano e provincia sono partite le prime occupazioni di scuole contro il decreto Gelmini.
In presenza di un movimento inedito, molto composito e fino adesso pacifico, il premier non sa opporre altro che un goffo proposito repressivo
La repressione
E’ la prima volta, questa, che una delle puerili retromarce del premier ("mi hanno frainteso, non ho detto questo, sono loro che mentono") sarebbe accolta con sollievo.
di Michele Serra (la Repubblica, 23.10.2008
Neanche il più acerrimo detrattore del presidente del Consiglio poteva mettere in conto le desolanti dichiarazioni di ieri a proposito di scuola e ordine pubblico. L’uso della forza per reprimere i movimenti di piazza - e specialmente l’intervento della polizia nei licei e nelle università - è in democrazia materia delicatissima.
E lo è rimasta perfino negli anni di fuoco delle rivolte studentesche, quando l’ultima parola, in materia di ingresso della forza pubblica dentro i luoghi dello studio, quasi sempre spettava a rettori e presidi prima che ai questori.
Oggi, in presenza di un movimento inedito, molto composito (studenti, docenti, ricercatori, genitori: nella totalità utenti e dipendenti di un servizio pubblico) e fino adesso pacifico, il premier non sa opporre altro che un minaccioso e goffo proposito repressivo. In perfetta sintonia con la schietta invocazione di una soluzione poliziesca, Berlusconi ha snocciolato molto in breve (non ha tempo da perdere) un’analisi dei fatti di una pochezza desolante, riassumibile nella vecchia idea padronale "qui si lavora e non si parla di politica". Dimostranti e occupanti come impiccio sedizioso al corretto esercizio dello studio e di quant’altro, come se una società democratica non fosse il luogo naturale dei conflitti e della loro composizione politica, ma un’azienda di vecchio anzi vecchissimo stampo nella quale si lavora, si obbedisce e si tace. Eloquente il contrappunto del sottosegretario Sacconi, che denuncia allarmato la presenza nei cortei di studenti "politicizzati": ecco un politico che considera l’impegno politico come un’aggravante.
Si intende che Berlusconi abbia assunto queste posizioni frontali, e destinate ad accendere gli animi, perché si sente forte di un mandato popolare che, nella sua personalissima interpretazione, lo autorizza a portare a compimento i suoi propositi politici costi quello che costi, tagliando corto con le lungaggini, le esitazioni, le pratiche "consociative" e quant’altro minacci di attardare o contrastare le decisioni del governo. Ma anche ammesso che davvero l’aspettativa "popolare" predominante sia così brutale e sbrigativa, e che davvero il sessanta per cento degli italiani auspichi modi bruschi, il governo di un paese democratico ha il compito di rispettare e fare rispettare i diritti di tutti, non solo della sua claque per quanto vasta e agguerrita essa sia. Che fare di chi si oppone, come trattare quel buon quaranta per cento di italiani che ancora non ha appaltato il proprio destino, le proprie aspirazioni, il proprio modo di pensare a Silvio Berlusconi e ai suoi ministri?
E se poi il dissenso ha dimensioni di massa, e si dispiega � come in questo caso � sul terreno appassionato e vulnerabile della protesta giovanile, suscettibile di infiltrazioni di frange di violenti che non vedono l’ora di trovare un contesto favorevole, con quale smisurata irresponsabilità un presidente del Consiglio che se la passa da statista sventola per prima cosa il vecchio drappo reazionario della repressione? Gli "opposti estremismi", teoria semplificatrice ma dolorosamente verificata in passato da questo paese dai nervi poco saldi, mai avevano trovato uno dei propri espliciti agganci proprio nelle istituzioni. La vecchia ipocrisia democristiana conteneva al suo interno anche una salutare componente di senso dello Stato, e i lavori sporchi, e le maniere forti, procedevano per vie losche e sotterranee. E’ davvero un progresso scoprire, nel 2008, che è il premier in persona a invocare la maniere forti, in una sorta di glasnost della repressione? In un paese che ha pagato un prezzo spaventoso alla violenza politica e all’odio ideologico, con ancora la fresca memoria dei fatti di Genova, mentre già i titoli dei giornali di destra e alcuni slogan dei cortei di sinistra buttano benzina sul fuoco, che cosa si deve pensare di un presidente del Consiglio che divide la società in due tronconi, uno buono che lo applaude e l’altro cattivo da sgomberare con gli autoblindo?
E’ la prima volta, questa, che una delle puerili retromarce del premier ("mi hanno frainteso, non ho detto questo, sono loro che mentono") sarebbe accolta con sollievo.
In alcune facoltà, dopo la sospensione di martedì, i corsi sono ripresi
Scuola, La Russa: ’’Non ci sarà mai bisogno della polizia’’
Il ministro della Difesa: ’’Nessun seguito alle dichiarazioni del premier’’. Maroni: ’’Oggi riunione al Viminale’’. Ancora proteste in tutta Italia. Mercoledì Berlusconi aveva detto: ’’Non permetterò occupazioni, interverranno le forze dell’ordine’’. Veltroni: ’’Soffia sul fuoco, il governo ritiri il decreto’’. Gelmini: ’’Qualcuno cerca strumentalmente lo scontro di piazza’’. Zanda: ’’Mai nella storia riforma per decreto’’. Napolitano: ’’Si apra il confronto’’. Partecipa al forum
Roma, 23 ott. (Adnkronos/Ign) - "Non penso che ci sarà un seguito’’ alle parole di Berlusconi, non ci sarà mai bisogno di polizia o di altro" contro le occupazioni nelle scuole. Ad assicurarlo è il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che aggiunge: "spero che i giovani non vogliano neanche mettersi nella condizione di essere al centro di episodio di violenza per motivi ideologici: ci siamo già passati e credo che all’Italia sia bastato".
In questo senso, La Russa interpreta le parole di Berlusconi "come una condanna della violenza. Se quello che dice Berlusconi è uno stop, un freno forte a qualunque episodio di intolleranza e violenza, io sono certo che è un buon segnale". Dichiarazioni, quindi, che hanno "un’ampia giustificazione" se le parole di Berlusconi "allontanano qualche vagito, che pure abbiamo visto, piccolissimo ma c’è stato in questi giorni, di intolleranza, di violenza, di ritorno indietro delle lancette della storia di cui non si sente il bisogno. Io non penso che ci sarà un seguito a queste parole. Ci starei male, se ci fosse", conclude La Russa.
Della questione, come ha annunciato il ministro dell’Interno Roberto Maroni, si parlerà nella riunione fissata da Berlusconi oggi alle 17 al Viminale.
Intanto, prosegue la mobilitazione degli studenti contro il decreto Gelmini. A Palermo, il Consiglio di facoltà di Lettere ha approvato la sospensione per dieci giorni della didattica ordinaria e la sostituzione con lezioni informative e attività culturali realizzate in collaborazione con i docenti e ricercatori. L’obiettivo è informare studenti e cittadinanza sui motivi della protesta. Oggi, presso l’Aula Magna della facoltà, il primo incontro di approfondimento sulla legge 133. Nella altre facoltà, dopo la sospensione di martedì, la didattica è ripresa, anche se diversi studenti hanno disertato le lezioni.
A Roma Forza Nuova comunica che ’’i militanti di Lotta Studentesca’’ con ’’altre centinaia di studenti hanno occupato il liceo scientifico Malpighi per protestare contro il dl Gelmini che sta assestando il colpo ferale al sistema scolastico italiano’’.
A Torino circa mille studenti delle scuole superiori hanno dato vita a una manifestazione spontanea per le strade del centro storico della città. I ragazzi sono partiti alle 10 da piazza San Carlo e, in corteo, hanno percorso via Roma, via Pietro Micca e sono giunti in piazza Solferino con slogan contro la riforma della scuola. E continuano nel torinese le occupazioni delle scuole: da ieri sono occupati anche alcuni istituti scolastici di Pinerolo.
Ancora il solito Berlusconi: «Mai detto polizia nelle scuole»
In trentamila in corteo verso il Senato *
«Mai detto polizia». Come al solito, il giorno dopo le sparate, Berlusconi si rimangia quello che ha detto. Stavolta nega di aver mai detto che manderà la polizia nelle scuole per fermare le proteste. «Non ho mai detto polizia nelle scuole, ma - aggiunge - non l’ho neppure pensato. Ancora una volta è un divorzio fra mezzi di informazione e verità». Insomma, è sempre colpa dei giornalisti che lo capiscono male. Forse lo capisce male anche un suo ministro, Ignazio La Russa, che poco prima della smentita del premier aveva detto: «Non penso che ci sarà mai un seguito a queste parole - a proposito delle frasi di Berlusconi - Ci starei male se ci fosse. Io - spiega - ho inteso le parole di Berlusconi come una condanna della violenza». Insomma, se non altro è la conferma che La Russa quelle parole le ha sentite.
Dette o non dette, comunque, le parole di Berlusconi non hanno fermato la protesta degli studenti. A Roma, un corteo di 30 mila, universitari e non, è arrivato fin sotto il Senato, dove è in corso la votazione sul decreto Gelmini. Scandiscono slogan contro il ministro e dicono in coro che la loro protesta «è spontanea, va al di là delle appartenenze politiche: tra di noi ci sono ragazzi di destra e di sinistra, tutti difendiamo i nostri diritti».
Sull’argomento è intervenuto il prefetto di Roma, Carlo Mosca: «La nostra Costituzione prevede che la libertà di riunione, garantita, venga attuata pacificamente e senza armi». Per Mosca questa garanzia costituzionale è «approntata per tutti coloro che sono sul nostro territorio e questo vale per i cittadini e ovviamente per gli studenti».
Tra le numerose iniziative di contestazione, proseguono anche le lezioni di Fisica a cielo aperto a Roma. In piazza Farnese giovedì si è parlato di relatività generale e di meccanica quantistica, mentre la lezione di venerdì si sposterà di nuovo davanti a Montecitorio. Alle 11, Giorgio Parisi, fisico di fama internazionale, terrà la lezione «La rivoluzione di Einstein: il mondo come appare» seguiranno altri docenti, si parlerà di astrofisica, della materia oscura e del futuro dei giovani ricercatori precari che vedranno presto decaduti i loro contratti di lavoro.
Stop a occupazioni solo con ritiro decreto è invece la linea dell’Uds, l’Unione degli Studenti. Le mobilitazioni nelle scuole italiane contro il decreto Gelmini per loro proseguiranno. «Al presidente del Consiglio che con metodi intimidatori ci intima di sciogliere le proteste rispondiamo che le occupazioni si fermeranno soltanto quando ritirerà il decreto 137», afferma Roberto Iovino, coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti che ha dato il via alla protesta. «Questo governo - aggiunge - non può continuare a non ascoltare le nostre proposte e a considerarci solo un problema di ordine pubblico. Chiediamo che il governo ci convochi al più presto per ascoltare le nostre proposte».
Anche a destra si protesta: i militanti di Lotta Studentesca, movimento giovanile vicino a Forza Nuova, hanno occupato il liceo scientifico Malpighi di Roma per protestare contro il DL Gelmini che sta assestando il colpo ferale al sistema scolastico italiano. Gli occupanti intendono autogestire l’istituto con varie attività formative quali conferenze, presentazione di libri e cineforum, ma al centro del dibattito resta l’opposizione alla riforma proposta dal governo Berlusconi. L’occupazione - che trova il pieno appoggio e consenso di Roberto Fiore, proseguirà fino al ritiro del decreto ed alla costituzione di un tavolo di confronto fra governo e studenti.
A Perugia, in mattinata è stata confermata l’autogestione di due aule dell’ateneo, in particolare, uno degli spazi è stato occupato dagli studenti nella ’caldissimà Facoltà di scienze naturali e matematiche. Nel corso delle assemblee nelle diverse facoltà il Rettore Francesco Bistoni ha confermato la sua solidarietà agli studenti, ai precari e ai ricercatori.
A Milano, dopo un picchetto durato più di un’ora davanti alla sede della facoltà di via Conservatorio a Milano, gli studenti di Scienze politiche hanno dato inizio ai «Gruppi di libero sapere» con l’obiettivo di preparare 6/7 lezioni autogestite con i relativi professori che hanno dato la loro disponibilità. Le lezioni «che porteranno il sapere all’interno della città» sono previste per venerdì in piazza del Duomo.
* l’Unità, Pubblicato il: 23.10.08, Modificato il: 23.10.08 alle ore 18.38
Il Viminale: dal primo al 23 ottobre 300 manifestazioni
con 150 scuole e venti facoltà universitarie occupate
L’onda della protesta in tutta Italia "La vostra crisi non la paghiamo"
A Roma la polizia blocca il corteo a poche decine di metri dal Senato
Intervento ’dissuasivo’ delle forze dell’ordine nel cosentino e a Pistoia
di GIOVANNI GAGLIARDI *
ROMA - "Noi la vostra crisi non la paghiamo". E’ questo lo slogan (insieme alla canzone "Noi siamo i giovani") che accompagna la mobilitazione di tutto il mondo dell’istruzione e della ricerca da Nord a Sud. Scuole e facoltà occupate, lezioni libere in strada, cortei: in tutta Italia è stata un’altra giornata di lotta contro gli interventi del governo e i piani del ministro Mariastella Gelmini su scuola e università. "Il dissenso - fa sapere il Viminale - ha avuto finora modo di svilupparsi in circa 300 manifestazioni tenute nell’intera penisola dal primo al 23 ottobre, con 150 scuole e 20 facoltà universitarie occupate".
Gli scenari di guerriglia che ieri Berlusconi ha evocato in conferenza stampa sono molto lontani, anche se non sono mancati momenti di tensione. Un intervento ’dissuasivo’ delle forze dell’ordine nel cosentino e a Pistoia, dove sarebbero stati identificati alcuni studenti, mentre a Cosenza, nel corso di una manifestazione, sono state danneggiate le finestre di un istituto. In alcune città cortei di studenti, non annunciati, hanno bloccato il traffico su varie strade. Questo il quadro delle principali proteste e delle occupazioni in tutta Italia.
A Roma con lo slogan "Non tagliateci il futuro", alcune centinaia di studenti hanno manifestato davanti a Palazzo Chigi, per poi spostarsi verso il Senato. Partite le occupazioni di vari istituti, tra cui il liceo classico Tasso e lo scientifico Malpighi. Alla Sapienza, gli studenti hanno deciso di occupare la facoltà di Ingegneria a San Pietro in Vincoli. Stessa forma di protesta alla facoltà di Scienze di Roma Tre. In serata poi corteo con nuovo sit-in davanti al Senato, con tanto di contestazioni e fischi ai senatori, anche a quelli del Pd. Qualche momento di tensione con le forze dell’ordine che hanno sbarrato la strada ai manifestanti.
A Torino varie scuole sono occupate, mentre 2 mila studenti del Politecnico si sono riuniti in assemblea stamattina, proclamando lo stato di agitazione. Prosegue l’occupazione anche di Palazzo Nuovo sede delle facoltà umanistiche. Diverse centinaia di studenti delle scuole superiori hanno sfilato in corteo questa mattina nel centro storico della città. Sono occupati anche diversi licei di Pinerolo, dove era da diversi anni che gli studenti non manifestavano.
A Trento è la facoltà di Sociologia a guidare l’agitazione degli universitari. Lezioni alternative nelle aule e all’aperto per tutta la giornata di lunedì 27 ottobre e un corteo cittadino per martedì: sono le decisione prese oggi in varie assemblee.
A Genova gli organizzatori del Festival della Scienza, iniziato oggi, hanno annunciato di voler dedicare una giornata alle proteste contro i piani del ministro Gelmini. Sempre nel capoluogo ligure, gli studenti hanno rispolverato la metafora funebre, sfilando in un corteo-funerale lungo le strade vicine ai poli universitari, con tanto di elogio "alla dolente università sepolta viva nelle profondità dell’ignoranza".
All’università Statale di Milano è stata bloccata per un’ora l’entrata della facoltà di Scienze Politiche. Gli studenti chiedono il blocco della didattica. Molte le assemblee studentesche che hanno coinvolto gli universitari di quasi tutti gli atenei milanesi. Programmati per domani cortei, lezioni all’aperto e sit-in sotto la Madonnina del Duomo.
A Bergamo si realizza l’unità tra sinistra e destra. Lo annuncia Forza Nuova in un comunicato dove afferma che "per una volta il Movimento studentesco e Lotta studentesca, l’associazione studentesca legata a Forza Nuova, si stringono la mano per manifestare uniti contro la riforma Gelmini".
In Veneto l’ipotesi di interventi delle forze dell’ordine è stata contestata con striscioni anche in consiglio regionale, a Verona e Padova è stato decretato il blocco della didattica, e sempre a Padova gli studenti di un istituto professionale sono andati a scuola vestiti a lutto. Veglia funebre anche a Venezia, in Campo San Geremia, dove si sono dati appuntamento decine di studenti vestiti di nero, ragazze con il capo coperto da un velo e un cerino in mano per vegliare il caro estinto prima della sepoltura. A Trieste, gli studenti medi hanno costruito una "scuola di libri", un muro eretto con i libri di testo davanti alla chiesa di San Giacomo.
A Bologna, in piazza del Nettuno, è stata allestita un’aula a cielo aperto, in occasione del collegamento con la trasmissione "Anno zero", stasera su Rai Due. A Ravenna, fanno sapere gli studenti, sono occupati sei istituti superiori. "Le occupazioni sono partite lunedì e sono molto partecipate e ordinate. Vi è inoltre un coordinamento tra tutte le scuole occupate". A Parma, in serata, un esercito di 4000 studenti ha manifestato contro la riforma Gelmini. E’ partito dalla facoltà di Lettere, in centro città, il "funerale all’università". In testa una bara, dietro quattro vedove e un unico urlo: "L’università così muore". Gli abitanti della zona hanno applaudito al passaggio del serpentone. Non ci sono sigle politiche o bandiere dei partiti: studenti e professori non le hanno volute.
Fermento anche nelle scuole e nelle università della Toscana. A Firenze, i ragazzi dell’Istituto d’arte di Porta Romana hanno inscenato un "attraversamento pedonale" lungo le strade del centro, mentre su alcuni dei ponti sull’Arno sono apparsi striscioni come "L’università non è in vendita". Da lunedì mattina alle 8.30 fino a martedì mattina lezioni no stop a matematica, dipartimento Ulisse Dini, una delle facoltà occupate in questi giorni. La protesta del mondo universitario contro la 133 arriva in Europa: anche "l’Istituto universitario europeo di Fiesole, centro di eccellenza della Commissione europea, è in agitazione", si legge in una nota.
A Pisa, dove anche gli studenti della Normale hanno manifestato solidarietà alle proteste, studenti medi e universitari e docenti si sono uniti in un corteo formato, secondo gli organizzatori, da 10 mila persone. "Troppo facile governare un popolo di ignoranti", questo lo striscione con cui stamani mattina gli studenti di Empoli hanno aperto il corteo che ha caratterizzato la manifestazione di protesta contro la riforma Gelmini e la legge 133. Oltre 3.000 le persone presenti.
In Abruzzo, docenti e studenti dell’università dell’Aquila hanno inscenato un sit-in di protesta davanti alla prefettura. Oltre cinquemila persone sono state accolte da un fitto schieramento di forze dell’ordine. Poco dopo le 18, una delegazione dell’Unione degli universitari - tutti rappresentanti delle facoltà cittadine - è stata ricevuta dal capo di gabinetto del prefetto. I manifestanti sono ancora in piazza perché chiedono di essere ricevuti dal prefetto.
A Macerata centinaia di persone si sono radunate fuori dall’aula 5 di Giurisprudenza per l’assemblea generale dell’ateneo maceratese contro la legge 133 e il dl Gelmini. I partecipanti hanno dato vita a un corteo improvvisato sfociato nell’occupazione dell’Atrio della Facoltà di Scienze della Comunicazione.
In Basilicata, a Matera, sono scesi in piazza un migliaio di studenti delle medie superiori, mentre a Potenza gli studenti universitari, assieme ad alcuni docenti e ricercatori, si sono riuniti in assemblea nell’Aula Magna per stabilire le prossime azioni di protesta.
Lezioni bloccate, traffico fermo, centinaia di studenti universitari in corteo per le strade di Napoli: è il bilancio nel pomeriggio di mobilitazione degli atenei contro la riforma Gelmini nella città partenopea, dove sono 60 gli istituti superiori occupati, o autogestiti o con assemblee permanenti. In Campania sono 120. Domani gli studenti dei licei scientifico e classico europeo del Convitto Vittorio Emanuele II di Napoli protesteranno in Piazza Dante.
A Lecce, Scienze Politiche è in assemblea permanente. In mattinata circa 700 studenti universitari hanno anche attraversato in corteo alcuni viali della città mentre, contemporaneamente, si svolgevano in altre zone manifestazioni di studenti di alcuni istituti superiori. Domani è previsto che l’assemblea a Scienze politiche prosegua anche con i docenti. A Bari, nella facoltà di Fisica gli studenti hanno tenuto in mattinata una assemblea. Nessuna occupazione nelle scuole del Molise, ma solo assemblee interne agli istituti.
A Palermo, con il sostegno del preside della facoltà di Ingegneria, un migliaio di studenti ha assistito a una lezione all’aperto, in piazza Politeama. Alcune centinaia di studenti degli istituti superiori secondari hanno attuato stamane, a Catanzaro Lido, una manifestazione di protesta.
L’onda lunga della protesta studentesca contro la riforma Gelmini giungerà in Valle d’Aosta a partire dalla prossima settimana, quando sono previste, tra lunedì e mercoledì, assemblee in tutti gli istituti superiori. La mobilitazione culminerà con la manifestazione di giovedì 30 ottobre, che si terrà nel centro di Aosta, così come in molte città italiane.